Un completo disastro.
Non servono complicate analisi o esperte e accurate valutazioni per arrivare a definire la stagione appena conclusa a Sacramento, serve solamente qualche dato molto basilare: record di 33-49, allenatore licenziato per dissidi interni con quello che dovrebbe essere – e mai è stato, per il momento – il vero leader della squadra, peggior difesa dell’intera lega con 109.1 punti concessi a partita, decimo posto nella Western Conference e decimo anno consecutivo senza Playoffs (solo i T’Wolves riescono a fare “meglio” con undici anni di assenza), il tutto in un’annata nella quale il roster di partenza era tutt’altro che disprezzabile – e sicuramente non inferiore a quello dei Jazz che hanno mancato la offseason solo all’ultima partita -, e aspettarsi qualche vittoria in più da una squadra che poteva vantare in quintetto Rondo, Gay e Cousins era tutt’altro che sacrilego.
Più della annata deludente in sé però, ciò che realmente preoccupa della situazione della franchigia californiana è la più palese e totale mancanza di un progetto a lungo a termine che possa far guardare al futuro con speranza e ottimismo, e che trasforma il risultato della passata stagione in un passaggio inutile se non addirittura deleterio, un’occasione mancata per porre delle solide e definitive basi sulle quali poter cominciare la ricostruzione.
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Per rendersi conto di ciò che si sarebbe dovuto fare – e non è stato fatto – basta guardare alla situazione dei sopraccitati Timberwolves: i “Lupi” del Minnesota, infatti, potranno finalmente beneficiare dei diversi anni di tanking presentandosi ai nastri di partenza della nuova stagione con uno dei roster più “futuribili” e promettenti dell’intera NBA, guidato da quel meraviglioso “direttore d’orchestra” che risponde al nome di Tom Thibodeau.
A Sacramento invece, di contro, ci si arriva senza aver rimpiazzato degnamente il playmaker titolare partito per Chicago, con una panchina fortemente indebolita figlia di trade più o meno scellerate che hanno portato via ottimi role player e interessanti prospetti per modesti (per non dire mediocri) veterani, il “secondo violino” della squadra già dichiaratamente in partenza alla fine dell’anno, un DeMarcus Cousins sempre più insofferente, e un surreale sovraffollamento di giocatori nell’unica zona del campo che sembrava almeno parzialmente coperta.
Come si diceva, un completo disastro.