Passare dalla gogna mediatica delle ultime settimane a palleggiare un pallone alla facility dei Knicks dev’essere stato una liberazione per Derrick Rose. Le recenti vicende giudiziarie l’hanno certamente prosciugato, minandone tra le altre cose l’immagine pubblica. Ecco perché, a processo in archivio, Rose non usa mezzi termini per descrivere il proprio sollievo:
Essere qui [in campo] equivale al paradiso. [Il processo] è stato un problema enorme. L’ho preso molto seriamente. Sono un uomo adulto. Mi ero messo in quella situazione e dovevo uscirne. Ho dedicato alla quetione tutto il mio tempo. Al di là di tutto, l’unica cosa che mi ha ferito è stata il non poter essere presente al compleanno di mio figlio, mancare alla sua festa. Queste erano le due cose che più mi preoccupavano. Non essere lì con la mia famiglia… mi ha fatto male. Esserci per mio figlio. Questa è stata la sola cosa. L’unico aspetto sul quale potevo e potrei lavorare è essere una persona migliore, un padre migliore, un fratello migliore, un cugino migliore,uno zio migliore. Essere il meglio che posso così da poter aiutare gli altri. […] Un’altra persona è rimasta coinvolta in questa questione. Pregavo per me stesso e per lei perché il caso è stato molto grande in America e ha avuto risonanza ovunque. Pregavo e sto pregando per tutti coloro che sono stati coinvolti, sapendo che tutto ciò sfugge al mio controllo.