Nella notte italiana tra lunedì e martedì i Boston Celtics hanno fatto visita ai Minnesota Timberwolves al Target Center, in una sfida dal sapore agrodolce per quanto riguarda le aspettative di entrambe.
Nonostante una lunga estate tempestata di hype sia i Celtics che i T’wolves hanno iniziato questa stagione senza picchi vertiginosi e mostrando alcune lacune o debolezze che ne stanno penalizzando l’inizio del nuovo corso ― quello con Horford per i trifogli, quello con Thibodeau (ex Celtics) sulla panchina di Minnesota. Boston si presentava con un record quasi pari (7-6) e con Horford e Crowder finalmente ristabiliti a completare lo starting-five di Brad Stevens assieme a Johnson, Bradley ed Isaiah Thomas. Dall’altra parte Minnesota (record 4-7) era chiamata ad una risposta dopo la prestazione molto sottotono di due giorni prima sul campo dei Memphis Grizzlies, e Thibodeau ritrovava Shabazz Muhammad per la panchina affidandosi ancora al quintetto Rubio-LaVine-Wiggins-Dieng-Towns.
Prima di parlare di qualsiasi altra cosa, questo è il modo cui con Towns ha aperto la partita.
Molto bene, adesso possiamo iniziare. Come un po’ tutte le squadre che hanno affrontato Boston quest’anno anche Minnesota ha iniziato la partita attaccando con convinzione il ferro, dove i Celtics concedono oltre il 60% in stagione, cercando di sfruttare la maggiore fisicità, ed andando forte a rimbalzo d’attacco, altro dato dove i giocatori di Stevens stanno soffrendo molto ― attualmente i Celtics sono la peggior squadra per rimbalzi difensivi della lega con solo il 73.1%.
La difesa molto aggressiva sulla palla e focalizzata sul chiudere e intrappolare i pick-and-roll di Boston non sta funzionando male, e anche ieri sera i Celtics hanno pattugliato bene il perimetro. Inoltre il sistema di Stevens permette ai Celtics di difendere bene anche l’area, dove la presenza di mastini come Smart, Bradley e Crowder permette di non subire particolari mis-match, ma quando gli avversari riescono a rompere la linea tendono ad arrivare troppo facilmente al ferro, dove comunque non c’è un rim protector efficace. Il rientro di Horford è fondamentale per i Celtics ed aumenta la capacità di Boston di alterare i pick-and-roll avversari, ma non quella di proteggere il canestro, fondamentale nel quale Horford non ha mai brillato in carriera. Un Horford che infine non migliora la situazione neanche a rimbalzo, dove la carenza di fisicità e di centimetri sta costando a Celtics troppi secondi possessi.
Dieng in mezzo a tre maglie verdi spazza via Zeller e segna dopo l’errore di Dunn.
Nonostante l’efficacia di Dieng e Towns (10 punti nel primo quarto) i Celtics non sono mai usciti completamente dalla partita grazie all’intensità che ogni sera mettono in campo e alla coppia Thomas-Horford, che nella metà campo offensiva da a Stevens la possibilità di dare respiro al suo brillante playbook potendo giocare un pick-and-roll che può evolversi in svarianti modi; da un pop del centro per una tripla con spazio, ad una delle classiche scorribande di Thomas a centro area.
Minnesota ha provato a spaccare la partita a ridosso dell’intervallo aumentando il volume della radio in difesa e scavando un vantaggio di dieci punti grazie alle conduzioni in transizione di Ricky Rubio e Zach LaVine, che quando possono mangiarsi il campo diventano quasi inarrestabili. I Timberwolves erano riusciti a tenere il vantaggio ― incrementandolo pure di tre punti ― anche nel terzo quarto, dove solitamente entrano in una specie di universo parallelo nel quale indifferentemente da contro chi stanno giocando o come prendono venti punti di scarto e rovinano quanto fatto di buono sino a lì. Per intendersi, nelle precedenti sette sconfitte Minnesota aveva superato i suoi avversari (412 a 390 complessivamente) per poi rovinare tutto nella terza frazione (207-119) crollando misteriosamente. Erano riusciti a farlo nonostante anche la seconda serata no in fila per Andrew Wiggins, che ha iniziato la stagione con le marcie altissime nella metà campo offensiva facendo addirittura registrare ― prima di queste ultime due partite ― un 53.2% da tre di sospetta solidità. Anche contro i Celtics l’ex prima scelta assoluta dei Cavs non ha brillato finendo con appena 14 punti e un funesto 0/5 da oltre l’arco.
Ma il tracollo è stato rimandato solo di dodici minuti perché nel quarto periodo (iniziato 81-68 T’Wolves) i Celtics hanno ribaltato completamente la partita mettendo assegno un parziale di 17-0 lasciando i padroni di casa senza canestri per oltre sei minuti prima di un gioco da tre punti di Towns. Il quintetto Rozier-Smart-Brown-Jerebko-Horford ha distrutto Minnesota ― basta vedere i primi cinque Net Rating dei giocatori dei Celtics per capire come abbiano letteralmente spaccato la partita ― che sembra incapace di giocare con la stessa intensità per 48 minuti. È vero che i Celtics hanno difeso con più aggressività ed eseguito meglio in attacco, ma la differenza di energia è stata quasi inspiegabile.
Horford sbaglia la tripla ma si avventa per primo sul rimbalzo lungo e chiude al ferro con la bimane attraversando il Mar Rosso della difesa di Minnesota.
Qui invece cinque punti in trenta secondi di Rozier. Se sulla tripla Rubio non sbaglia completamente decidendo di passare dietro al blocco (lasciando comunque troppo spazio), nell’azione successiva l’arrendevolezza di T’wolves è quasi inspiegabile: dal passaggio moscio e prevedibile di Rubio a Wiggins che reagisce molto in ritardo sul recupero.
I tentativi di Minnesota di non lasciare andare la partita di lì in poi sono risultati vani e i Boston con esperienza e diligenza è riuscita a portare a casa una W molto importante dopo quella di due giorni prima a Detroit col putback di Horford quasi sulla sirena.
È innegabile come il ritorno del centro dominicano (dopo 8 turni di stop a seguito di una concussion patita in allenamento) abbia rimesso le cose a posto per i Celtics. La sua presenza in campo è troppo importante per Stevens e ogni singolo giocatore sembra beneficiare della sua duttilità sui due lati del campo. Ancor di più il reparto lunghi di Boston assume tutta un’altra configurazione e pericolosità quando Horford è in campo permettendo così agli esterni di avere più libertà e soprattutto a Thomas di togliersi dalle spalle la pressione di dover trainare l’attacco sulle sue piccole (ma giganti) spalle.
Per quanto riguarda i T’wolves dodici partite non bastano per poter esprimere un giudizio, qualsiasi esso sia. In questo inizio Minnesota ha fatto vedere di essere capace di momenti di basket ingestibile e al tempo stesso di non essere ancora pronta a reggere il confronto con le squadre di un certo rango. È ancora troppo presto per vedere anche dove andrà la gestione di Thibodeau e come vorrà gestire l’infinità quantità di talento grezzo che ha a disposizione. Due esempi su tutti quello di Wiggins, che quando non è efficiente in attacco finisce quasi col nuocere alla squadra vista l’attuale preparazione difensiva e il ruolo di Dieng, importante nella metà campo difensiva e buon collante in attacco ma che spesso ― per motivi di assenza di tiro credibile da oltre 5 metri ― condanna Towns ad una posizione periferica, quasi da stretch-four che finisce col limitarne il gioco in area e la conseguente pericolosità offensiva di un giocatore che può letteralmente fare tutto su un campo da basket.
Per adesso è come se Thibodeau avesse estratto dal magma incandescente un pezzo di acciaio e lo stesse modellando per la visione che ha in mente. Occorrerà attendere almeno fino a quando dopo aver finito, lo immergerà nell’acqua dando il risultato finale: per adesso si vede solo il fumo del vapore ma con un po’ di pazienza potremmo ammirare una katana fantastica in stile Hattori Hanzo.
Credits to www.yourprops.com