Il più importante colpo messo a segno dalla dirigenza dei San Antonio Spurs durante la passata free-agency è stata sicuramente la firma di Pau Gasol, centro spagnolo libero da vincoli contrattuali dopo l’esperienza ai Chicago Bulls.
Gasol, che ha partecipato alle ultime due edizioni dell’All-Star Game, sta segnando appena 11 punti e catturando 7 rimbalzi di media a partita, cifre molto distanti rispetto alle medie di 16+11 fatte registrare lo scorso anno in maglia Bulls. Nel corso della propria carriera NBA il lungo ha sempre rappresentato la prima o la seconda opzione offensiva delle squadre in cui ha giocato, mentre quest’anno Gasol è, nelle migliori delle ipotesi, solo il terzo violino all’interno del sistema di gioco di coach Gregg Popovich.
Pau Gasol, tuttavia, non ha reagito male a questa sorta di declassamento, anzi. Il fatto di essere un ingranaggio importante di una franchigia storicamente vincente e che fino a questo punto ha compilato un record di 14 gare vinte e 3 perse, rappresenta uno stimolo in più per lui:
Sono arrivato in una squadra che da anni è ai vertici della Lega, con un coach e un’organizzazione di squadra assai rodati. Quello che ho fatto da quando sono arrivato è stato quello di mettermi a completa disposizione di coaching staff e compagni di squadra, perché non è automatico entrare nei meccanismi della franchigia e fare propria la filosofia Spurs. Qui Leonard e Aldridge sono le stelle designate della squadra e il mio compito è quello di facilitare il loro operato in campo, per quanto possibile. Sono consapevole a quale punto della mia carriera sono arrivato e io ho firmato con gli Spurs con un solo obiettivo: vincere. Non mi interessa più essere la prima donna, il nuovo ruolo che mi hanno disegnato all’interno del roster mi piace e cerco di eseguirlo al meglio ogni volta che scendo in campo. Le statistiche personali non mi interessano, le vittorie di squadra sì.