Le due Conference e le sei Division che compongono l’organizzazione della NBA rappresentano il modo in cui sono suddivise le squadre della lega.

La rubrica Vocabolario NBA, dopo le puntate dedicate a Draft, Lottery e Commissioner, si sposta ora su un altro tema insospettabilmente caldo: le Conference, le Division e la loro utilità (o inutilità?).

COME SONO DIVISE LE SQUADRE? – Le squadre NBA, dal 2004, sono 30: 15 compongono la Western Conference e altre 15 la Eastern Conference. Ogni Conference è a sua volta suddivisa in tre Division, ognuna delle quali conta 5 franchigie. Atlantic, Central e Southeast Division compongono la Eastern Conference, mentre Northwest, Pacific e Southwest Division sono nella Western Conference. La divisione è sommariamente geografica, pur ammettendo varie eccezioni dovute alla storia delle franchigie, che negli anni sono nate, scomparse o hanno cambiato città. Emblematica la situazione della Nortwest Division, con i Minnesota Timberwolves molto più vicini kilometricamente a qualsiasi squadra della Central Division piuttosto che alle altre della propria. Sempre nella Northwest, si può fare quasi lo stesso discorso in riferimento alla distanza fra gli Oklahoma City Thunder e la Southwest Division. L’Oklahoma ha poco a che fare con il nord-ovest, ma bisogna ricordare che la squadra proviene da Seattle: più a nord-ovest non si può. O meglio, c’erano pure i Vancouver Grizzlies, ma da ormai una quindicina d’anni si sono spostati in Tennessee.

NUMERO DI PARTITE – Durante la Regular Season della NBA le squadre non giocano lo stesso numero di partite contro ogni altra squadra. Il totale delle partite è 82, somma che proviene dalle seguenti combinazioni:

  • 4 partite contro le altre 4 squadre della stessa Division, per un totale di 16 partite
  •  3 o 4 partite contro le squadre della stessa Conference, ma delle altre due Division. Sono 10 le squadre rimanenti: 4 partite contro 6 squadre (totale: 24) e 3 partite contro le altre 4 squadre (totale: 12). Le combinazioni cambiano di anno in anno. Le partite nella Conference, ma extra-division sono quindi 36.
  • 2 partite contro le compagini dell’altra Conference: una in casa e una in trasferta. Altre 30 partite.

Il totale, se la matematica non è un’opinione, ammonta alle 82 partite.

[La frase fatta sulla matematica non è da sottovalutare. Per DeMar DeRozan la matematica sembra essere un’opinione. Per fortuna c’è Kyle Lowry.]

AI PLAYOFF – Anche i Playoffs sono divisi fra le due Conference, con tanto di Semifinali e Finali di Conference, come vengono chiamati il secondo e terzo turno. Solo alle Finals si scontra una squadra dell’Est contro una dell’Ovest. Per creare la griglia di partenza dei Playoffs si segue la classifica di ogni Conference, guardando al record di partite vinte-perse. Le prime otto squadre di ogni Conference vanno alla postseason: la n°1 si scontrerà al primo turno con la n°8, la n°2 con la n°7, e così via. Fino al 2015 è rimasta in vigore una regola che impediva alla prima squadra di ogni Division di scivolare oltre il seed n°4 nella griglia dei Playoffs.

Kobe Bryant e LeBron James con le divise dell’All Star Game. Parlando di Est e Ovest si potrebbe tirare in ballo anche della gara delle stelle, ma lo faremo con una puntata a parte. Credits to: www.cleveland.com, via Google.

A COSA SERVONO CONFERENCE E DIVISION? – La domanda merita di essere presa seriamente in considerazione. Le Division, dal 9 settembre 2015, non hanno più influenza diretta sulla postseason. Mai quanto il tanking e il sistema della Lottery, ma la divisione delle squadre NBA ha creato molte discussioni nel corso degli anni. In particolare si sono susseguite diverse proposte per un rimescolamento o un cambio del sistema. Esempio: creare la griglia dei Playoffs senza tenere conto delle Conference. Più che il numero di partite contro ogni squadra durante la stagione regolare, a interessare è infatti il risvolto sulla postseason. Negli ultimi anni si è discusso di uno sbilanciamento fra la fortissima Western Conference e la debole Eastern. Un esempio concreto? I Phoenix Suns rimasero sul divano durante i Playoffs 2014, pur vantando un record che a Est avrebbe pareggiato la terza posizione dei Toronto Raptors. Negli ultimi mesi la distanza sembra essersi in parte riassorbita, e alcuni commentatori puntano il dito contro una normale ciclicità. Come per il tanking, la questione è controversa: pro e contro vanno pesati sulla bilancia. Se i Lakers dovessero affrontare i Celtics al primo turno di Playoffs, quante ore di volo e quanti salti di fuso orario dovrebbero sopportare in pochi giorni? Ricordiamo che si gioca al meglio delle 7 partite, con uno schema 2-2-1-1-1. E questo sarebbe solo uno dei problemi da affrontare. Molti giornalisti, commentatori o membri del circo NBA si sono espressi sul tema. A fondo pagina alcuni link per i lettori interessati.

IN PASSATO – L’attuale sistema con sei Division è in vigore dalla stagione 2004-2005, con la nascita dei Charlotte Bobcats e l’assestamento della lega a 30 squadre. Prima di allora Atlantic e Central Division componevano la Eastern Conference, mentre Midwest e Pacific la Western. Ogni Division aveva 7 squadre, tranne una che ne aveva 8. Fino al 2002 la Division più affollata è stata la Central, quando gli Charlotte Hornets si sono trasferiti a New Orleans rendendo la Midwest Division il girone più numeroso. Andando indietro nel tempo i numeri delle squadre per ogni Division varia in base al totale delle squadre in NBA. La nascita delle Division risale al 1970, quando le franchigie passarono da 14 a 17. O meglio: a nascere furono le Conference, visto che le due suddivisioni erano precedentemente chiamate Eastern e Western Division.

Vocabolario NBA torna la prossima settimana con una nuova puntata. Sempre di martedì, sempre alle 17 su NbaReligion.com.

La rubrica #VocabolarioNBA:

Altre letture sul tema:

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Pubblicato da
Alessandro Bonfante

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