Primo lieto fine per Isaiah Austin, ventitreenne ex-Baylor costretto a smettere di giocare a basket perché affetto da Sindrome di Marfan. Il centro, rimasto lontano dalla pallacanestro per due anni e mezzo, ha ricevuto l’ok dei medici per tornare a giocare, in seguito a nuovi accertamenti clinici.
RISALITA
Austin, prima di scoprire di essere affetto dalla malattia, era considerato uno dei migliori prospetti collegiali degli USA. In due anni a Baylor ha chiuso con 12.1 punti, 6.9 rimbalzi e 2.4 stoppate di media, in 29 minuti di utilizzo a partita. Nel 2014 si è dichiarato eleggibile per il Draft NBA, dopo un ritorno forzato al college per la stagione 2013-2014 causato da un infortunio (era già tra gli eleggibili nel Draft 2013) Proprio a pochi giorni dalla cerimonia, è arrivata la diagnosi dei medici. Una diagnosi che non ha lasciato scampo a Austin, costretto a ritirarsi dal Draft e dal basket giocato a tempo indeterminato.
La Sindrome di Marfan, un disordine genetico del tessuto connettivo, nei casi più lievi è collegata all’insorgere di leggere malformazioni delle ossa e a scoliosi, ma nei casi più gravi – come quello di Austin – soprattutto se associata all’attività fisica può portare alla morte. Al lungo, alto 2 metri e 16 per soli 100 chili di peso, è stata trovata una grave deformazione alle arterie coronarie, decisamente più grosse di quelle di una persona sana e quindi a rischio collasso se costrette a un’attività agonistica intensa.
La storia di Austin aveva avuto una certa risonanza ai piani alti della Lega, con il commissioner Adam Silver che si era mosso in prima persona per far sì che il ragazzo venisse comunque scelto come “pick onoraria” al Draft 2014.
Ora nuovi esami clinici hanno portato a una parziale rivalutazione della diagnosi iniziale, con Austin che potrà finalmente tornare a giocare a basket e, chissà, a tentare quella carriera NBA che per lui sembrava certa prima degli sfortunati avvenimenti dell’ultimo biennio.
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