Westbrook 2.0: un uomo solo al comando

Per tentare di rispondere a queste domande, passiamo ora ad analizzare qualche azione tipica del Westbrook 2.0, prendendo spunto dal match disputato al Madison Square Garden contro i New York Knicks lo scorso 28 novembre. 27 punti, 18 rimbalzi e 14 assist rappresentano il bottino di Westbrook nel 112-103 finale che ha visto i Thunder avere la meglio sui padroni di casa. A giudicare dalle statistiche si direbbe l’ennesima serata di grazia del prodotto di UCLA, eppure a New York non sono mancate alcune preoccupanti ombre che rischiavano seriamente di pregiudicare la vittoria degli ospiti.

Iniziamo paradossalmente dagli ultimi minuti di partita. Westbrook ha la palla in mano (come nella stragrande maggioranza dei casi) e sfrutta un ottimo blocco portato da Adams, con la tacita collaborazione di Kanter, per superare Courtney Lee. A questo punto però si ritrova la strada sbarrata da Kristaps Porzingis e Joakim Noah: facendo due rapidi calcoli Westbrook dovrebbe avere a sua disposizione due compagni di squadra, proprio Adams e Kanter, liberi dalla marcatura avversaria. Imbottigliato nel traffico e braccato ormai anche dal rientrante Lee, Westbrook ignora le invocazioni di Kanter e decide di proseguire la sua cavalcata verso il canestro. Per sua fortuna la sua conclusione va a segno, ma il merito dei due punti è da attribuire interamente a Steven Adams, il quale prima porta un blocco che toglie Lee dalla circolazione, per poi rollare verso il canestro e distrarre Joakim Noah, che da buon difensore non avrebbe avuto difficoltà a contestare efficacemente la conclusione di Westbrook. Da rivedere anche la posizione di Oladipo e Robertson, che assistono allo svolgimento dell’azione senza battere ciglio.

Purtroppo per i Thunder, non può essere sempre Adams a togliere le castagne dal fuoco. Stavolta siamo nel terzo quarto, ma la situazione non è troppo diversa da quella appena analizzata: Westbrook cerca di sfruttare un blocco di Adams, che però stavolta non riesce minimamente a contrastare la difesa di Rose sul portatore di palla. Ancora una volta c’è Noah a sbarrare la strada che porta all’amato ferro, ma questa volta Westbrook decide di chiedere aiuto e chiamare in causa un compagno di squadra. Il pallone, probabilmente destinato ad un liberissimo Oladipo, finisce però nelle non troppo vellutate mani di Adams, che regala il possesso agli avversari ed un semplice eurostep a Lee. Stavolta è il lungo neozelandese a commettere un paio di errori gravi che portano al contropiede avversario, mentre per la seconda volta consecutiva Robertson è uno spettatore non pagante all’interno delle delicate spaziature dei Thunder. D’accordo, il suo cavallo di battaglia è la difesa, però qualche miglioramento nell’altra metà campo non sarebbe certo sgradito (clicca sull’immagine per vedere la gif).

Da grandi responsabilità derivano grandi forzature. Ne è una prova l’azione in questione, in cui il solito Westbrook riceve un blocco non troppo efficace dal solito Adams per arginare la marcatura del solito Rose. Onde evitare complicazione, Westbrook ingrana la quarta e lascia sul posto Rose, che non può far altro che seguirlo in apparente slow motion. Indovinate un po’ chi tenta di sbarrare la strada al numero zero? Già, il solito Noah. Piuttosto che affrontare un rim protector del genere, Westbrook avrebbe potuto servire Sabonis Jr. per un non troppo complicato long two o i due esterni appollaiati sugli angoli come avvoltoi in attesa di uno scarico che non arriverà mai. Niente di tutto ciò. Sfidando apertamente il miglior difensore della stagione 2013-2014, Russell riesce a trovare la via della retina e a mettere in cascina due insperati punti. Non bisogna dimenticare che attualmente Westbrook, dopo Harden, è il giocatore che regala più palloni agli avversari, ben 5,5 a partita. Da un playmaker del suo calibro ci si aspetterebbero letture ben più lucide, soprattutto dopo neanche cinque minuti dall’inizio della partita, ma per fortuna sua e dei suoi compagni stiamo parlando di un fenomeno.

Situazione vista e rivista dal punto di vista offensivo, ma non è quello l’aspetto su cui intendiamo focalizzarci stavolta. Adams si avvicina al portatore di palla (indovinate un po’ di chi si tratta) per portare un blocco su Rose, ma stavolta Westbrook coglie di sorpresa l’ex MVP andando verso l’esterno. Sabonis si azzarda addirittura a chiamare il pallone, libero com’è, ma evidentemente non ha ancora avuto modo di conoscere a fondo il suo nuovo compagno di squadra. Westbrook infatti converge verso il centro per sfidare nuovamente Noah. Sfida accettata: il francese contesta molto efficacemente il tiro di Westbrook e il rimbalzo difensivo di Anthony consente ai New York Knicks di partire in contropiede. Occhio al cronometro: mancano 5 minuti e 47 secondi alla fine del terzo quarto. Il ritmo non esattamente forsennato di Rose fa sì che ben quattro difensori riescano a tornare nella propria metà campo: Sabonis c’è, Oladipo anche, pochi secondi dopo arrivano anche Adams e Robertson. Nel frattempo il pallone finisce abbastanza casualmente nelle mani di Lee, che dall’arco non tradisce le attese del pubblico. Quando la tripla della guardia dei Knicks va a segno sono passati dieci secondi dal tiraccio di Westbrook, che solo in quel momento fa capolino nell’inquadratura al piccolo trotto. Sarà un caso o l’applicazione difensiva del numero zero è effettivamente biasimabile?

Torniamo ora alle primissime battute del match. A fronteggiare Derrick Rose, in possesso del pallone, è proprio il numero zero dei Thunder, che di lì a poco, con la partecipazione attiva dei suoi compagni, offrirà al pubblico del Madison Square Garden uno sgraziato saggio di efficacia difensiva. È sufficiente il semplice movimento di Kristaps Porzingis nei paraggi a turbare l’equilibrio difensivo di Westbrook e soci: sul primo passo di Rose, Sabonis sembra accettare il cambio difensivo, per poi rendersi conto che Westbrook ha colpevolmente lasciato libero Porzingis. Alla vista del biondo lettone nei pressi dell’arco, il rookie dei Thunder torna sui suoi passi per marcare il suo uomo di competenza, inaugurando un’autostrada che da Rose porta dritta dritta al ferro e senza accorgersi che Robertson aveva abbandonato a sé stesso Anthony per limitare i danni. A quel punto però la frittata è fatta: Westbrook, in versione casellante, lascia passare D-Rose che non ci pensa due volte a punire la sua apatia. Se c’è un colpevole tra i Thunder è sicuramente Russell. È lui infatti a farsi sorprendere per primo, mandando nel pallone altri due compagni di squadra. Il cronometro non ammette giustificazioni: è impensabile che dopo appena due minuti Westbrook non fosse in grado, dall’alto del suo atletismo, di braccare con maggiore decisione l’MVP del 2011. Molto più probabilmente la soluzione è un’altra, che ipotizzeremo al termine della prossima azione.

Ancora una volta è Rose a portare palla per i Knicks, ma stavolta si trova di fronte Victor Oladipo. Con l’aiuto di Noah, l’ex stella dei Bulls si libera della marcatura e, complice l’involontario blocco di Oladipo sul povero Adams, sfreccia indisturbato verso due punti fin troppo facili. L’unico a potergli mettere i bastoni tra le ruote è Westbrook, che però si limita a fissare, immobile, il playmaker avversario. La visione dell’atteggiamento difensivo del leader dei Thunder è consigliabile ad un pubblico di soli adulti: invece di occuparsi di Courtey Lee, che col passare dei secondi diventa sempre più solo, si avvicina senza una valida ragione alla linea di fondo e non alza un solo dito per contrastare l’avanzata di Rose.

Considerando le pazzesche cifre offensive fatte registrare da Westbrook, sembra più che probabile che il lider maximo di Oklahoma risparmi più energie possibili nella propria metà campo per essere più lucido e potenzialmente devastante con la palla in mano. Se da una parte i numeri individuali gli danno ragione, i deludenti risultati di squadra dovrebbero far riflettere giocatori e coaching staff sulla reale utilità di uno stile di gioco tanto anarchico, al di là dei già evidenziati errori dei suoi compagni.

Per poter scatenare la sua ira funesta, il Pelide Russell si dedica quasi esclusivamente alla caccia al rimbalzo nella sua area, sacrificando (fino ad ora) i risultati di squadra sull’altare del riscatto personale. Uno stile di gioco senza dubbio elettrizzante, che in presenza di Durant poteva mettere in pratica soltanto in rarissime occasioni. Un solo uomo al comando: siamo sicuri che sia la ricetta giusta? La situazione di Russell ricorda per certi versi quella di LeBron James all’alba delle Finals 2015, quando da solo sull’isola fu costretto a sventolare bandiera bianca, ma anche la stessa stagione 2014-2015 dei Thunder che, privi dell’infortunato Durant, si affidarono ad uno scatenato Westbrook che però si rivelò incapace di trascinare i suoi ai Playoff. Chiuso in un mondo di isolamenti non sempre efficaci, Russell Westbrook non vuole sentir parlare di smielati aforismi all’interno dei cioccolatini, né tantomeno di frivolezze come “sport di squadra”. Staremo a vedere se col passare dei mesi la situazione cambierà, nel frattempo possiamo stare comodi e goderci con sereno distacco la scontro a distanza tra i due rivali, in attesa del fatidico 11 febbraio.

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L’ANALISI: WESTBROOK VS TUTTI

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Pubblicato da
Federico Ameli

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