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The Dark Side of the Game 5/8: Richard Kirkland

Difficilmente in America, o in qualsiasi altra parte del globo, troverete mai una divisa da gioco ufficiale con sopra cucito il suo nome. Difficilmente leggerete statistiche che lo riguardano all’interno di polverosi e incartapecoriti archivi. Ma state pur certi che se chiedeste in giro ad un buon diavolo, entrato in contatto con il basket di strada anche solo per caso, questo vi saprebbe dire chi è e chi sia stato Richard “Pee Wee” Kirkland.

Rick è un uomo che ha trascorso la propria esistenza facendo del rapporto basket-vita un ermetico gioco di analogie curiose, come: rubare la palla e scippare i portafogli, passare la palla e spacciare la droga. Kirkland è sempre andato al massimo, in campo e fuori, peccato si sia accorto di dover tirare il freno quando ormai le cose erano già alla deriva, in campo e fuori.

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Mentre nel Vecchio Continente le truppe Alleate si apprestavano ad occupare Berlino, da poco rimasta orfana del proprio comandante in capo suicidatosi con un colpo di PPK alla tempia, nella New York che suda, quella che non s’interessa degli esiti di una Guerra Mondiale e dove anche gli Avengers ci penserebbero due volte prima di andare, all’incrocio fra Lenox Ave e la 116th strada nasceva Richard Kirkland.

Siamo ad Harlem, profonda Harlem, dove durante il secondo dopoguerra non era insolito trovare gli scarafaggi nella scatola dei cereali. Risulta immediato capire come, in casi del genere, molti si convincano che esista una sola soluzione in grado di pagare i dividendi e che questa stia nel crimine. Capitò di fare un ragionamento analogo anche a Kirkland, che all’età di 13 anni entrò a far parte del narcotraffico newyorkese, dicendo a sua madre di avere trovato un posto da strillone.

A 15 anni, Richard era un’autentica macchina da soldi. Come per le vie del Signore, erano un’infinità gli espedienti utilizzati da Kirkland per racimolare o estorcere danaro facile e sporco (le due cose tendono ad andare a braccetto). Fra l’abilità nello spaccio ed il sangue freddo dimostrato nelle rapine, non ancora maggiorenne Richard disponeva già dei liquidi necessari ad acquistare una Rolls-Royce, che nemmeno poteva ancora pilotare. Ma non era la vita da gangster scandita dai colpi di pistola l’attività più redditizia per il nostro Kirk.

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“Pee Wee”, la Gazza Ladra, e tra poco vi diremo il perché, era anche la maggiore attrazione di quegli anni per chiunque si trattenesse ad assistere ad una partita al Rucker. Per lucrare il più possibile anche sul suo talento con la palla a spicchi, Richard sfidava uno-contro-uno tutti i giocatori del parco, con altisonanti puntate di 1000 USD su di lui vincente per 21-0. Quasi sempre intascava e quando questo non accadeva, perché magari l’avversario 2 punti li aveva anche segnati, quei soldi Pee Wee se li prendeva lo stesso… la Gazza Ladra appunto.

Non dovette trascorrere molto tempo perché dalla 100th strada in poi Kirkland venisse additato come The Bank of Harlem, un vero e proprio deposito di fondi pecuniari da cui i più poveri dei poveri andavano ad indebitarsi, acconsentendo a piazzarsi sulla testa una ghigliottina d’interessi da capogiro.

La fama della Gazza Ladra non era però alimentata solo dai furti messi a segno fuori dal campo. Pee Wee nel frattempo gigioneggiava infatti nella squadra di basket della Charles Evans Hughes High School, dove anche con la sigaretta in bocca ed una mano legata dietro la schiena avrebbe fatto scrivere 41 ad ogni indossata di canotta.

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Non sempre gli innovatori sono coscienti di ciò che creano, a Kirkland il basket era qualcosa che riusciva naturale. Non era un semplice esecutore del Gioco, era come si gioca a pallacanestro. Con una velocità strabiliante ed un pieno controllo del proprio corpo, in una partita al Rucker Richard sverginò quello che, per gli street ballers prima e per le point-guard NBA poi, sarebbe diventato il mantra del loro bagaglio tecnico-cestistico: il killer crossover.

Anche chi gli doveva letteralmente una montagna di cucuzze non riusciva a non amarlo. Kirkland era qualcosa di mai visto prima. Quando con i suoi repentini cambi di direzione stendeva qualsiasi difensore gli si parasse di fronte, non un sedere riusciva a rimanere incollato alla sedia di bordo campo. Era Allen Iverson prima di Allen Iverson, o come meglio lo definì Christian Giordano: era Al Capone, ma col crossover.

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Anche per “Al Capone col crossover” arrivò poi il momento di scegliere il college da deliziare con i propri movimenti funambolici, possibilmente nell’entourage newyorkese e soprattutto non d’intralcio alle redditizie attività collaterali. Inizialmente Kirkland optò per Kittrell College, per poi virare su Norfolk State University, scuola di Division II fortemente e rigorosamente di stampo afroamericano; di quelle con i metal detector fuori dalla palestra per farvela breve.

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Pee Wee ebbe un impatto talmente forte sul college basketball che in poco tempo anche sull’altra costa si cominciò a parlare di lui, come della cosa più veloce mai vista su due gambe palla in mano. John Wooden, allora coach di UCLA, richiese espressamente il trasferimento di Kirkland nella sua squadra, che nel frattempo stava scrivendo la storia della NCAA guidata da un altro rampollo della Mela: Lew Alcindor aka Kareem Abdul-Jabbar.

Andare a giocare per i Bruins significava imboccare la strada del professionismo, allenarsi al fianco delle future stelle NBA ed avere una chance di entrarne a far parte a propria volta. Ma significava anche abbandonare New York, le sue lingue d’asfalto con i canestri dalle reti di metallo ed una quantità inimmaginabile di Presidenti morti lì in attesa che Kirkland se li prendesse. Non serve dilungarsi in questi pro e contro per dirvi che Pee Wee ovviamente rispose picche a Wooden, e del giocare con i Bruins non se ne fece niente.

Questa non fu la prima e non fu l’ultima volta in cui Richard si trovò di fronte ad un bivio in vita sua. E non fu nemmeno l’ultima occasione in cui, con tutto lo charme di cui disponeva, decise di eseguire il crossover smarcante alla strada giusta.

Nel 1969 Dick Motta, allenatore dei Chicago Bulls, fu la seconda entità appartenente al basket professionistico a tentare un approccio con questo campione di strada ancora tutto da sgrezzare. I Bulls quell’anno lo scelsero al 13° giro di Draft (172esima scelta e già capite che la cosa gli fece storcere il naso un pochetto). Presentatosi al training camp della franchigia, Pee Wee strapazzò Doug Collins, prima scelta della squadra, fino a quando lo fermarono per dirgli che quanto stesse facendo non era proprio l’apoteosi del politicamente corretto. Quando gli comunicarono infine che il biennale da 40000$ non fosse proprio garantito, Kirkland non ebbe bisogno d’ulteriori indugi per convincersi a snobbare l’Illinois per il suo Harlem, dove invece girava a bordo di una limousine, indossando una pelliccia d’ermellino che ancora odorava di naftalina.

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Ma il karma ci vede benissimo e, in tutta la sua equità, non tollerò oltre i ripetuti sputi di Kirkland sulle occasioni a lui magnanimamente concesse. La corda si spezzò proprio quando Pee Wee era all’apice della fama, ovvero dopo aver preso parte nell’agosto del ’71 ad una delle partite di basket più grandi di tutti i tempi.

Breve inciso, perché l’avvenimento è sì collaterale, ma merita una piccolissima parentesi per la rilevanza che esercitò sui posteri del Rucker. Siamo nel Vaticano del basket all’aperto, bordo campo ghermito dagli spettatori, durante un afoso pomeriggio d’estate per cui si usa il taxi anche se si deve percorrere qualche metro. Quel giorno, andò in onda il match fra Westsiders (i New Jersey Nets dell’epoca sotto mentite spoglie, e ciò significa con loro anche Julius Erving) e Milbank, una squadra fondata su 3 bipedi in qualità di comparse, Kirkland stesso e “The Destroyer” Hammond. Il protagonista dell’evento fu quest’ultimo, inscenando un duello Iliadico con il Doctor J sul quale nel tempo si sono intessute e disfatte fior fiore di leggende. Perciò, per non dilungarci in temi fuorvianti, glisso al riguardo con una citazione: il resto è un’altra storia.

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Torniamo a Kirkland, che nel frattempo è stato accusato di: associazione a delinquere, vero, spaccio di droga, vero, evasione fiscale, ovviamente vero, tre su tre. Il tribunale lo condannò a scontare 10 anni a spese dello Zio Sam nel non ambitissimo penitenziario Lewisburg Hilltoppers in Pennsylvania, dove, anche se non si trattava di Guantànamo, non è che si trascorresse il massimo della vita.

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Qui però, Pee Wee diede ancora prova della propria versatilità nell’affrontare i tiri mancini che la vita gli riservava sin dai suoi primi vagiti su questa terra. Entrò a giocare nell’Antrachite Basketball League, un circuito semileggendario per detenuti dove il detto “no harm no foul” (niente danno, niente fallo) era un assioma che fungeva da prima e unica regola del gioco. Qui Kirkland nel ’73 partecipò ad un’altra partita tutta da consegnare alla storia, vincendo contro una selezione lituana di pregiudicati per 228-47. No, non è un errore di battitura. E per farvi stropicciare gli occhi ancora un po’: Kirkland in quella partita ne segnò 135, siamo al massimo ogni epoca in un prison game. Il premio? La scelta fra una vasta gamma di aromi: Purple Indica, Jamaican Sinsemilla, O.G Kush. Meglio che viaggiare sull’Oriente Express.

Ma in prigione, le lacrime della figlia straziata dal fatto di non poterlo abbracciare funsero da miccia per innescare in Kirkland una profonda riflessione introspettiva, che lo condusse infine alla redenzione.

Come si gioca a basket è una partita che ho sempre vinto, ma come si affronta la vita è stata l’unica partita che abbia perso.

Con questa emblematica frase Pee Wee commentò la propria esperienza in gattabuia, dalla quale uscì nel 1988 con rinnovati propositi per il futuro. Kirkland tornò ad Harlem, dove anziché ricominciare da capo con le rapine, lo spaccio e i crimini, fondò la “School of Skillz”, un’associazione finanziata dalla Nike, finalizzata alla salvaguardia dei bambini provenienti dalle zone più disagiate di New York. Oggi la scuola è estesa a livello nazionale e di lei Pee Wee ne parla parafrasando con:

E’ tutta questione di tempismo. Trent’anni fa ero parte del problema, oggi sono parte della soluzione a quel problema.

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Pee Wee è stato molte cose in vita sua: geniale, eccentrico, sprovveduto, mai scontato. Oggi Kirkland è un professore di pallacanestro, con tanto di laurea in Human Science conseguita un tantino fuori corso (nel 1999 a 54 anni). Iniziata per lui una nuova avventura, vogliamo quindi chiudere la sua vicenda così: con uno scambio di battute immaginario fra Richard ed un suo alunno.

«Professore ma chi ha inventato il crossover?»

«Sono stato io figliolo, in una delle mie tante vite precedenti.»

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Pubblicato da
Francesco Zuppiroli

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