Larry Bird, 60 anni da leggenda

 

12 giugno 1984. I Boston Celtics sono di nuovo sul tetto del mondo e Bird è l’Mvp delle finali. Una serie vinta a gara 7 e in cui ha tenuto una media di 27,5 punti, 14 rimbalzi e 3,5 assist. Le Finals 1984 fanno parte dell’epica della NBA: i verdi avevano già trionfato nel 1981, al secondo anno di Bird, ma di fronte c’erano gli Houston Rockets. Questa volta invece era Celtics contro Lakers, una delle più forti rivalità sportive di sempre. Bird contro Magic. I duri dell’Est contro i fighi dell’Ovest. La sostanza e la tradizione del New England contro l’apparenza e il glamour di Hollywood, e cose così, in grado di infervorare l’immaginario collettivo dell’America anni ’80.

Il Celtic Pride di Boston quell’anno prevalse grazie a un basket duro, viscerale, collettivo. Sette battaglie in cui Bird dovette apostrofare i compagni come “femminucce” dopo il tracollo in gara 3, segnare il canestro decisivo in gara 4 e tirare fuori una prestazione mostruosa (34 punti e 17 rimbalzi) in gara 5 nel forno di un Boston Garden senza aria condizionata, in una gara giocata con oltre 35 gradi. Ma Bird, d’estate a French Lick, era già abituato ad allenarsi sotto il sole…

Nove anni prima, un Larry Bird non ancora ventenne era proprio lì, nel suo paese. Guidava i camion della nettezza urbana e faceva altri lavori modesti. Dopo essere stato una stella liceale con la Springs Valley High School, aveva scelto la prestigiosa Indiana University guidata da coach Bobby Knight. L’esperienza nel campus di Bloomington durò meno di un mese: Bird in quell’ateneo così affollato proprio non ci si trova e molla tutto tornando a casa, pensando di fare altro nella vita, tra lo sconforto dei familiari.

BirdBird

A volte succede: l’impatto di un ragazzo di provincia, un po’ sempliciotto, con il mondo esterno era stato traumatico. Le cose cambiarono presto: proprio in quel 1975 il suicidio del padre, uomo onesto ma con problemi di alcol e debiti, fa tornare a Larry la voglia profonda di cercare la sua strada nel basket. Tramite uno scout riesce ad attirare di nuovo l’interesse di vari college, tra cui preferisce la piccola Indiana State. La forza mentale e l’attitudine all’allenamento saranno le sue armi più potenti.

Il resto è storia nota: Larry è incontenibile, è sesta scelta dei Celtics, raggiunge la finale NCAA persa con Michigan State di Magic Johnson nel 1979, vola a Boston, è matricola dell’anno nel 1980 e campione già nel 1981. Si ritirerà, martoriato dagli infortuni, nel 1992 a 36 anni, dopo alcune stagioni di declino e con il suggello dell’oro olimpico di Barcellona. 3 titoli NBA, altrettanti di Mvp, 5 finali disputate, 21.791 punti, 8.974 rimbalzi, 5.695 assist è quanto ha raccolto in 13 anni di carriera professionistica. Per descrivere il suo spirito, niente di meglio delle parole di Pat Riley, il coach dei rivali Lakers:

Non sarete mai in grado di battere Bird finché non vi renderete conto di quanto grande sia il suo desiderio di vincere e fino a che punto si possa spingere per farlo.

Bird giocatore: le Finals 1984

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Redazione NbaReligion

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