Alvin Gentry non si aspettava di certo di trovarsi in una situazione del genere un anno e mezzo fa quando ha accettato l’incarico di capo allenatore in quel di New Orleans. Al termine della stagione 2015, spesa come assistente di Steve Kerr coi Warriors campioni, l’offerta da una squadra intrigante e in rampa di lancio come i Pelicans, reduce dall’uscita al primo turno di quei Playoffs proprio contro Golden State ma che lasciavano intravedere un futuro roseo in Louisiana.
Invece un anno e mezzo dopo, Gentry si ritrova un potenziale Hall of Famer come Anthony Davis capace di prestazioni superlative ma poco altro nel roster. Sembrava che col ritorno di Jrue Holiday le cose si fossero sistemate in entrambe le metà campo ma il supporting cast è davvero desolante. Desolante come la clamorosa sconfitta casalinga rimediata nell’ultima uscita contro i Philadelphia 76ers.
L’ultima volta che i Sixers hanno vinto in trasferta risale a undici mesi fa: un’eternità per loro, uno smacco difficile da digerire per i Pelicans e per Gentry che in conferenza stampa è apparso abbastanza nervoso. Ecco le sue parole.
Non m’importa niente di quello che dicono, non me ne frega se qualcuno parla di esonero o altre cose. Sono qui per lavorare e per allenare, e continuerò a farlo fino all’ultimo giorno che mi verrà concesso. Non abbiamo tempo per i processi o per buttarci giù, bisogna rimboccarsi le maniche e ripartire alla svelta. Dal punto di vista tecnico, posso solo dire che dobbiamo fare in modo di togliere pressione dalle spalle di Davis: serve che tutti inizino a segnare di più per non rendere il lavoro facile alle difese.
Ora i Pelicans viaggiano con un record complessivo di 7-16 e l’ottavo posto nel seeding della Western Conference dista quattro partite e mezzo. L’obiettivo primario è ricompattare il gruppo ed elevare le prestazioni a livello collettivo, in attesa anche del rientro di Tyreke Evans: il lavoro a Gentry non manca di certo.