Detroit Pistons: e se il problema fosse Reggie?

10, 18, 14, 15. No, non sono i numeri da giocare al Lotto  per tentare di vincere un sostanzioso montepremi, bensì i punti di scarto rimediati dai Detroit Pistons nelle ultime quattro sconfitte, contro(nell’ordine) Hornets(77-87), 76ers(97-79), Wizards(108-122) e Pacers(105-90). Squadre tutt’altro che imbattibili in fin dei conti.

Proprio in seguito all’ultima disfatta a domicilio subita per mano della franchigia di Indianapolis, i giocatori di coach Van Gundy, si sono ritrovati per un meeting di confronto durante il quale determinare le cause del “periodo nero” e cercare di invertire la rotta. Al termine dello stesso sono poi arrivate le dichiarazioni di alcuni dei giocatori simbolo della squadra, primo tra tutti Marcus Morris.

Ho parlato moltissimo. Al termine dell’incontro ho detto ai ragazzi che c’era bisogno di fare una scelta, che c’era bisogno che ognuno andasse a casa e decidesse cosa voleva fare. ‘Volete essere un team vincente o volete continuare ad essere imbarazzati? Giocherete per l’uomo di fianco a voi o giocherete per voi stessi?’

Al netto del fatto che la correlazione non è causalità, c’è però da considerare che il periodo negativo dei Pistons ha coinciso in maniera pressoché perfetta con il ritorno in campo del PM Reggie Jackson, e, benché non lo dicano apertamente, sia Morris che lo stesso coach Van Gundy sembrano considerare i due eventi collegati e forse conseguenti. Il primo sembra farne maggiormente un discorso di egoismo.

Se c’è un giocatore libero, devi passargli la palla. Costruisce la fiducia dei ragazzi, rende le partite più divertenti. Tutto qui. Naturalmente ci sono giocatori che si prenderanno più tiri di altri, fa parte del gioco. Ma se un giocatore è libero e tu non gli passi la palla, lui non la prenderà bene. Questo è il basket. Questo è il modo giusto di giocare a basket. Golden State, San Antonio, Cleveland, le squadre di alta classifica giocano in questo modo. Non vincerai mai se non giochi nel modo giusto.

Il secondo, invece, sembra riferirsi maggiormente ad un mancato coinvolgimento dei compagni in fase offensiva che determinerebbe, in conseguenza, una minore voglia degli stessi di partecipare a quella nel proprio lato del campo.

La nostra frustrazione in fase offensiva influenza negativamente anche la fase difensiva, e senza dubbio stiamo giocando con meno cuore. L’attacco non si muove nel modo in cui dovrebbe. La palla non si muove. Ho avuto modo di vedere le chiamate di gioco e tutto il resto.[…] Abbiamo fatto dei parziali quando Reggie ha fatto alcune giocate e siamo riusciti a segnare, ma ancora, ciò che accade è che sì, stiamo segnando,  ma ne stiamo pagando un prezzo. Una parte di questo è che abbiamo dei ragazzi contrariati perché non toccano palla in fase offensiva e per questo non si sentono invogliati a partecipare a quella difensiva dall’altro lato del campo.

Può un giocatore del calibro di Reggie Jackson essere un problema? Ai posteri l’ardua sentenza.

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Pubblicato da
Alessandro Zullo

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