La parola rookie indica generalmente una persona appena arrivata in un’organizzazione o un nuovo partecipante a un’attività. Può essere tradotta in modo letterale con esordiente, recluta, oppure – con accezione leggermente dispregiativa – principiante, novellino.
Per la rubrica #VocabolarioNBA di NbaReligion.com ecco un approfondimento sull’uso della parola rookie e di altre collegate, come sophomore.
NUOVI ARRIVATI – Un rookie è un giocatore che partecipa alla sua prima stagione in NBA. Con la parola sophomore si indica un giocatore al secondo anno, ma questo secondo termine è meno usato. Dal 2000 al 2011 due squadre di rookie e sophomore si sfidavano nel Rookie Challenge durante l’All-Star Weekend. Dal 2012 in poi cambiò formato e nome (Rising Stars Challenge), mescolando nelle squadre giocatori delle due annate.
ROOKIE… O FRESHMAN? – Il termine sophomore è preso dal linguaggio delle high school e dei college. Qui, per indicare gli atleti al primo anno, al posto di rookie si usa la parola freshman. I giocatori al terzo e quarto anno si definiscono rispettivamente junior e senior. Ecco che la frase «Si è dichiarato al Draft nel suo anno da junior» assume significato. Certo, se non sapete cosa sia un Draft, lasciate pure in sospeso la lettura di questa pagina e fiondatevi qui, alla prima puntata di #VocabolarioNBA.
Anche i rookie del 2003, per via di talento, non scherzavano.
ROOKIE OF THE YEAR – Fra i vari premi che la lega assegna a fine stagione, esiste anche quello per i rookie. Il nome ufficiale è NBA Rookie of the Year Award. La giuria è composta da giornalisti sportivi statunitensi e canadesi. Ognuno dei giurati sceglie tre giocatori, in ordine di preferenza: il primo riceve cinque punti, il secondo tre e il terzo uno. La matricola che totalizza più punti vince il premio. Non conta il numero assoluto di selezioni come primo. Sono capitate anche vittorie di coppia: Grant Hill e Jason Kidd nel 1995, Elton Brand e Steve Francis nel 2000. Il Rookie of the year in carica è Karl-Anthony Towns.
ROOKIE NON SIGNIFICA GIOVANE – Sebbene la maggior parte dei rookie abbia un’età attorno ai 20 anni o meno, si può approdare in NBA anche più tardi. Chiedere a Pablo Prigioni: la sua stagione da rookie è stata il 2012-2013, a 35 anni. Insomma, nel mezzo del cammin di nostra vita (cit.). L’anno successivo è stata la volta di un altro non-più-sbarbatello: Pero Antic, rookie nel 2013-2014 a 31 anni. Un altro 31enne giunse in NBA nel 1995-1996, ma qui si parla di una leggenda della pallacanestro europea: Arvydas Sabonis. Il più giovane invece è stato Andrew Bynum, con 18 anni e 6 giorni al debutto nel 2005. Nel ’96 invece il secondo e terzo più giovani di sempre: Jermaine O’Neal (18 e 53 giorni) e Kobe Bryant (18 e 72). Il record di Bynum resterà imbattuto: con il nuovo regolamento è necessario avere 19 anni per presentarsi al Draft. N.B.: “rookie più vecchio in NBA” non significa “giocatore più vecchio”. Quello fu Nat Hickey, che disputò la sua ultima partita in NBA il 28 gennaio 1948, due giorni prima del suo 46esimo compleanno. “Altri tempi,” direte voi. Sì, perché Hickey di quella squadra era l’allenatore e la sua vera carriera da giocatore l’aveva spesa in ABL e NBL. Mettendo da parte Hickey, in tempi moderni anche Kevin Willis non scherzava: grazie alle 5 partite disputate nel 2007, è sceso in campo per l’ultima volta a 44 anni e 224 giorni.
Quello è Dion Waiters nell’anno da rookie. Quella è la sua auto. E quelli sono pop corn.
ROOKIE WALL – Il rookie wall non è un muro da scalare, almeno non in senso concreto. Non ha nulla a che fare con gli scherzi che i giocatori più navigati riservano alle matricole. E no, non c’entra nulla nemmeno con John Wall nell’anno da rookie. Sono tante le difficoltà che una matricola deve affrontare al suo primo anno NBA. Molte hanno a che fare con l’adattamento alla nuova vita. I ritmi di gioco diversi dal college o dai campionati europei. L’impatto della fisicità sul proprio gioco. La vagonata di soldi che arriva e le possibili distrazioni annesse. L’anno scorso ne ha parlato anche Kristaps Porzingis. Quindi sbam! Di solito verso febbraio, quasi tutti i rookie vanno a sbattere. Dopo qualche mese in NBA arriva un improvviso calo di percentuali, un aumento di palloni persi, o altro: non per tutti si manifesta allo stesso modo. Qualcuno riesce a evitarlo, molti lo centrano in pieno. Un calo di prestazione dopo l’entusiasmo dei primi mesi: in due parole, il rookie wall.
CURIOSITÀ – L’anno del Draft e la stagione da rookie potrebbero non coincidere. È il caso in cui un atleta venga selezionato al draft, ma non disputi alcuna partita nella stagione seguente. I motivi più comuni: non viene messo sotto contratto dalla squadra che lo ha selezionato (spesso quelli selezionati “tardi”, ovvero con chiamate “alte”) oppure rimane a giocare in Europa o in altri campionati (dove magari ha già un contratto vantaggioso) o, ancora, si infortuna. Quest’ultimo fu il caso di Blake Griffin, nominato Rookie dell’anno 2010-2011, ma selezionato al Draft 2009. Qui i Philadelphia 76ers delle ultime stagioni offrono un ampio ventaglio di esempi, tutti eclatanti perché si tratta di atleti particolarmente attesi. Lo stesso destino di Griffin è stato rivissuto prima da Nerlens Noel (Draft 2013, ma prima partita nel 2014-2015), poi da Joel Embiid, che ha saltato ben due stagioni (Draft 2014, ma è sceso in campo solo in questa stagione) e attualmente da Ben Simmons, selezionato la scorsa estate, ma forzatamente a riposo.
L’appuntamento con Vocabolario NBA è per la prossima settimana: sempre di martedì, sempre alle 17.00.
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