In una NBA che si avvia verso contratti sempre più faraonici distribuiti a un numero di giocatori in costante crescita, Steph Curry prova ad ergersi e ‘differenziarsi’ dalle altre stelle della lega.
Ai più attenti al lato economico del gioco, infatti, non potrà essere sfuggito che il contratto di Curry, viste le prestazioni del giocatore negli ultimi due anni e mezzo, non è esattamente in linea con le medie NBA.
Il due volte MVP è infatti a libro paga degli Warriors per ‘soli’ 12 milioni di dollari all’anno, cifra alta in generale ma non se paragonata, ad esempio, ai 150 milioni in 5 anni che Mike Conley otterrà dal rinnovo firmato in estate con Memphis.
E se quasi sicuramente le cifre nel contratto di Curry cambieranno quest’estate, al momento essere solamente il quarto nel monte ingaggi della squadra non sembra disturbare minimamente il #30:
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“I miei genitori mi hanno sempre ripetuto una cosa da quando sono entrato in NBA: non guardare nel portafoglio degli altri” – ha detto Curry a Tim Kawakami. “Conta solamente ciò che è tuo e l’uso che fai di questo. Se davvero mi lamentassi perchè guadagno 12 milioni di dollari, i problemi sarebbero ben più gravi“.
Curry è arrivato all’ultimo anno del contratto firmato nel 2012, figlio dei gravi problemi alle caviglia che hanno tormentato il giocatore nei primi anni di carriera e che, come risultato, lo hanno portato oggi a guadagnare meno di Draymond Green, Klay Thompson e Kevin Durant.
La situazione rimarrà tale, però, solo fino al termine della stagione, quando arriverà il momento del rinnovo e Curry, grazie al nuovo accordo CBA che premia i giocatori che hanno passato tanti anni nella stessa squadra, potrà chiedere alla dirigenza un ‘supermax-contrat’ da 207 milioni di dollari in 5 anni.