Categorie: Cleveland Cavaliers

Kyle Korver, the American Sniper

“Se tu guardi davanti al ferro, la palla colpirà il ferro. Se tu guardi dietro al ferro, la palla finirà lunga e rimbalzerà. Look just over the front of the rim and the ball goes swish.”

Il miglior consiglio che Kyle Elliot Korver abbia forse mai ricevuto gli fu detto da sua madre Laine,:un consiglio di una persona autorevole, visto che la signora Korver ne aveva messi 73 in una partita di high school basket femminile a Montezuma. La storia di Kyle Korver inizia circa trent’anni fa a Paramount, in California, dove, seduta su un divano con un secchiello di pop corn, la famiglia del reverendo Kevin Korver si raduna per ammirare le gesta dei Lakers dello Showtime. E’ una famiglia molto legata al basket, quella dei Korver, oltre che molto legata anche alla doppia K. Sì, perché tutti in famiglia, a cominciare da papà Kevin, modesto giocatore di Division III nel college basket, fino ad arrivare ai fratelli Klayton, Kirk e Kaleb, sono riusciti ad avere dei buoni risultati nel college basket. Perfino sua cugina Kari è riuscita ad entrare a UCLA.

Le prime partite di Kyle sono in famiglia, dei 5 contro 5 in una palestra di Paramount, di cui Kris, il più giovane dei suoi zii, riusciva ad avere le chiavi. Cugini contro Zii, queste le formazioni, da una parte Kris, Kevin, Ken, Karl e Keith, dall’altra Kyle e i suoi fratelli. E’ proprio durante una partita dello zio più giovane, Kris, che Kyle bambino si rende conto di quanto l’atmosfera elettrica e le urla dagli spalti siano la sua vita. L’avventura nel basket inizia male però. Non riesce a tirare da tre punti, è troppo debole e la palla non arriva al ferro, così per avere un po’ di forza in più tira con tutte e due le mani. “Cosa fai?” gli urla zio Kris, “Usa una sola mano per lasciar andare la palla.”. Inutile dire che da quel giorno Kyle inizierà a tirare discretamente meglio.

Korver in maglia Blue Jays.

Al college Kyle gioca per i Creighton Blue Jays, rappresentanti a livello NCAA della Creighton University, una delle poche università cattoliche del Nebraska. Impiega solo un anno ad ambientarsi, e già dal suo anno da sophomore diventa titolare irremovibile della squadra. Nella sua ultima stagione farà registrare una media di punti per partita incredibile (17.8) e trascinerà i Blue Jays fino ai Play-Off, dove saranno eliminati al primo turno da Central Michigan. Saranno tutte queste statistiche (primo della squadra per punti, assist e rimbalzi) a portarlo ad essere selezionato come seconda linea per l’All American del 2003. Il Draft del 2003 è un Draft molto scomodo, è il Draft di Anthony, Wade e James. Kyle paga dazio e finisce per essere scelto alla 51esima dai New Jersey Nets, che immediatamente lo girano a Philadelphia.

L’arrivo di Kyle nella città cantata da Bruce Springsteen è complicato, l’ambiente è scosso dalla partenza dell’artefice della stagione 2001 Larry Brown e “Philly” finisce per cambiare ben due allenatori (Ayers e Ford) nel giro di una stagione da dimenticare. A rincarare la dose ci penseranno le Finals, che vedranno trionfare i Detroit Pistons allenati proprio dall’ex Brown, mentre Iverson e soci non si qualificano neanche ai Play Off. Nei 76ers di Allen Iverson il ruolo di Korver è semplice: deve soltanto aspettare che AI3, una volta raddoppiato, scarichi la palla su di lui. In un contesto simile, Kyle non trova la sua dimensione di gioco ideale, soprattutto considerando la sua scarsa abilità difensiva, ma finisce ugualmente per far registrare delle ottime prestazioni contro Knicks e Bucks (career high da 31 punti).

Nonostante le sue prodigiose abilità balistiche, coach Cheecks gli preferisce John Salmons e Kevin Ollie, discreti giocatori caratterizzati però da un’attitudine maggiormente difensiva. Nel 2007, visto lo scarso minutaggio, viene quindi scambiato dalla dirigenza di Philadelphia in direzione Utah, per Gordan Giriček. Nei Jazz di coach Jerry Sloan, un allenatore che vuole solamente chi lavora duro, Kyle trova subito il suo posto. Il suo ruolo di knockdown shooter in un contesto di squadra come quello dei Jazz lo porta a risultati inimmaginabili. “American Sniper” sarebbe il titolo perfetto se mai ci fosse bisogno di riassumere in due parole la stagione 2009/2010. Il suo 53.6 % da tre nella stagione 2009/2010 (con 59 triple a bersaglio), paradossalmente accompagnato da un misero (si fa per dire) 79% dalla lunetta, in aggiunta alla versione migliore di Deron Williams, portano i Jazz a qualificarsi per i Play-Off con un record di 59-23 e ad arrivare alle semifinali di Conference, dove però verranno battuti da Kobe Bryant e i Los Angeles Lakers con un secco 4-0.

I capelli sono più scuri, il tiro è sempre lo stesso.

L’avventura ai Jazz terminerà proprio alla  fine della stagione 2010, al termine della quale sceglierà di seguire Carlos Boozer nella Windy City. Nella Chicago del Derrick Rose MVP Korver parte in tutte le 82 partite sempre dalla panchina, rivelandosi un discreto sesto uomo per i Tori del Vento con i suoi 8 punti di media a partita. Tuttavia nel 2012, dopo sole due stagioni, i Bulls si trovano costretti a dover cedere Korver per liberare il monte salari, aumentato vertiginosamente dopo le clausole del milionario contratto di D-Rose. La nuova casa di Kyle diventa quindi Atlanta, dove alla corte di coach Budenholzer trova la sua dimensione definitiva.

“E’ un ottimo difensore di squadra, davvero, forse un po’ troppo istintivo sugli aiuti, ma un buon difensore di sistema.” dice Budenholzer.

Il gioco di squadra degli Hawks galvanizza ed esalta le abilità di Korver non solo come tiratore, ma anche come difensore. Ovviamente l’attacco resta la sua metà campo preferita, dove grazie alla capacità di uscire dai blocchi con un movimento alla Reggie Miller, si rivela un costante pericolo per e difese avversarie anche (e soprattutto) quando è lontano dalla palla, creando così degli spazi sfruttati ottimamente dai suoi compagni. La squadra, però, il primo anno non è ancora al meglio e gli Hawks vengono eliminati per ben due volte al primo turno dagli Indiana Pacers di Paul George.

“L’attenzione che gli rivolgono le difese è sottovaluata” dice Budenholzer. Tutti gli occhi dei Cavs sono puntati sul numero 26.

Nelle stagioni 2013/2014 e 2014/2015 Kyle guiderà la lega nella classifica della percentuale del tiro da tre punti, pur non vincendo mai la classifica dei tiratori. Il perché ha due nomi e due numeri, il 30 e l’11 di Stephen Curry e Klay Thompson, che pur tirando con percentuali minori, mettono poco più di un migliaio di triple in due anni. La sua velocità di esecuzione lo porterà a far ammattire le difese, impossibilitate a lasciare solo il numero 26. Il numero killer che segna questa sua stagione è senza dubbio il 58. 58 % nelle cosiddette “triple stazionarie”, ovvero tiri da 3 punti nelle quali ha percorso meno di un metro prima del tiro. Una tripla “stazionaria” di Korver porta all’incirca 1.75 punti a partita, rendendolo di fatto quasi efficace quanto un lay up. L’incredibile prolificità di Korver e in generale l’intero sistema della squadra di Budenholzer verrà premiato con la selezione di ben 4 giocatori per l’All Star Game, fra i quali proprio Kyle.

5/7 in Gara 2 contro i Celtics, 4 triple nel solo primo tempo.

 

“Non sono mai stato un prodigio del basket. A volte il lavoro quotidiano e il lavorare affianco a dei fenomeni ti aiuta a crescere, e io ho sempre e solo voluto diventare quanto meglio potessi essere. L’All Star Game non è mai stato il mio obiettivo.”

La post season invece sarà per Kyle tanto dolce quanto amara. In gara 2 del primo turno dei Play Off, contro i Boston Celtics di Isaiah Thomas, Korver metterà a segno 4 triple nel solo primo tempo chiudendo con ben 17 punti e uno straordinario 5/7 da tre che consegnerà la vittoria ad Atlanta. Nonostante questo però i Falchi di Atlanta si spingeranno sì fino alla Finale di Conference, che perderanno malamente per mano Cleveland Cavaliers di LeBron James, che rincareranno la dose anche l’anno successivo, portando a 8-0 il conto nei Play Off. Un conto che gli Hawks faranno fatica a migliorare nei prossimi anni, anche considerando che l’Epifania di quest’anno ad Atlanta non ha portato via solo le feste, ma anche un tiratore. E se i Falchi hanno deciso di cedere ai rivali di Cleveland proprio Korver, non solo loro, ma tutti gli avversari dei Cavs faranno bene a stare attenti, perché, per citare gli Eagles, “There’s a new kid in town”.

Pier Francesco Zanata

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NbaReligion Team

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