Cosa è successo nel Mercato NBA, spiegato

Non ci sono stati molti fuochi d’artificio in questa trade deadline, ma a differenza delle recenti finestre di mercato ci sono stati più eventi rilevanti, mosse magari poco spettacolari ma che potrebbero incidere nel cambiare la mappa della lega per quel che resta della regular season e degli imminenti playoff. Tra squadre che hanno saputo cogliere le occasioni, ad altre che se le sono create, a movimenti interlocutori destinati a scenari futuri più grandi, le franchigie sembra stiano iniziando ad uscire dal torpore inevitabile di un cambiamento così importante (nuovo contratto collettivo, nuovo salary floor & cap) seppur ancora con grande prudenza e giudizio.

Cerchiamo quindi di capire che NBA ritroviamo al giro di boa, spiegando motivi e drammi che hanno avvolti gli scorsi caotici giorni.

Partiamo dal main event di questa settimana. DeMarcus Cousins è un nuovo giocatore di New Orleans dopo una trade molto discussa. Ma cosa è successo?

Il giorno dopo l’All-Star Game Kings e Pelicans si sono accordati per la trade che ha portato Cousins e Caspi in Louisiana in cambio di Buddy Hield, Galloway, Tyreke Evans, la prima scelta 2017 (protetta top-3) e una seconda scelta nel 2019. La prima cosa che salta agli occhi è il prezzo di saldo al quale il front office di Sacramento ha deciso di privarsi del proprio franchise player. I Kings hanno deciso di premere il pulsante Reset, e questa era una cosa che ci si poteva aspettare, ma la contropartita sembra essere davvero troppo povera in ordine sia di materia prima che di scelte future. Buddy Hield gode della stima del proprietario dei Kings Vivek, che vede in lui un potenziale a-là-Stephen Curry nonostante una prima parte di stagione poco esaltante; Evans ha già giocato nella capita della California e oltre ad essere sempre poco integro fisicamente vedrà il proprio contratto in scadenza in estate e Galloway sembra essere stato aggiunto soltanto per far quadrare i conti.

Inoltre i Kings sembrano aver preso pochino anche sotto il profilo delle scelte. New Orleans ha inserito una protezione nel caso i Pelicans dovessero vincere la lotteria (ok, non così probabile ma comunque possibile) e comunque non andrà altissima, cosa non ottimale per una squadra che ha l’obbligo di pescare il proprio futuro. Sacramento che non può fare totale affidamento neanche sulla propria prima scelta: il pericolo di perderla a favore di Chicago (che se la ritroverebbe dovesse cascare dalla undicesima posizione in poi) sembra scongiurato, ma i Sixers possono decidere di scambiarla con la loro in caso andasse più alta. Per di più la stessa Philadelphia detiene i diritti della prima scelta dei Kings 2019 ― ottenuta dopo un’altra trade davvero pessima da parte di Sacramento ― cosa che renderà ancora più difficile il futuro prossimo; i Kings stanno andando incontro ad un tanking obbligatorio e farlo con una finestra di tempo così breve potrebbe risultare ulteriormente dannoso.

La battuta è riferita all’affermazione di Divac, che dopo la trade di Cousins aveva detto di aver ricevuto un’offerta migliore due giorni prima. 

 

Chi invece ha già vinto alla lotteria sono i Pelicans. Oltre ad aver assemblato una coppia di lunghi dalle caratteristiche complementari si sono anche presi un asset inestimabile senza danneggiare la struttura della squadra. L’obiettivo adesso è chiaro: raggiungere i playoff, anche se non è scontato arrivarci. Servirà del tempo per adattarsi ed inserire Cousins che inevitabilmente dovrà rivisitare il proprio gioco per integrarsi con quello di Anthony Davis. DMC è il secondo giocatore della lega per USG% nonché uno dei primissimi per numero di possessi in post, entrambe le cose potrebbero cambiare. Ma per adesso la squadra di Gentry diventa una delle più interessanti da seguire e un incubo per ogni difesa avversaria. Soltanto l’idea di un pick-and-roll centrale con entrambi a fungere da bloccanti e capaci di rollare o aprirsi fa venire il mal di capo e chissà se vedremo anche qualche pick-and-roll 4-5 tra di loro?

Quindi in ottica ottavo posto ad Ovest adesso i Pelicans sono i favoriti o possiamo aspettarci dell’altro?

New Orleans ha l’ottava miglior difesa della lega e ad oggi anche uno dei peggiori attacchi, ed entrambi i dati potrebbero cambiare. L’aggiunta di Cousins potrebbe rendere i Pelicans quantomeno accettabili nella metà campo offensiva, mentre per quanto riguarda la difesa molto dipenderà dalla volontà sua e di Davis di scivolare sul perimetro abbandonando la zona in cui sono più forti, il centro area. Le chance di tornare a giocarsi la seconda serie di playoff in tre anni contro Golden State ― qualora ci riuscissero sarebbe un peccato non poter vedere la sfida tra lo Steph vero ed il Buddy Steph ― ci sono tutte, ma non sarebbe un disastro se alla fine non riuscissero a centrare i playoff. In questo momento i Pelicans sono a due partite e mezzo di distanza dall’ottavo posto: tutto è ancora aperto, ma non c’è spazio per tanti passi falsi.

Chi ha fatto un bel colpo nell’ultima giornata di deadline è Dallas che in cambio di una prima scelta (protetta 1-18) e Justin Anderson hanno portato a casa Nerlens Noel, sul quale avevano messo gli occhi da tempo. Sicuramente ci saranno anche loro, ma per Dallas si potrebbero aprire presto anche le strade di un tanking passeggero: in vista di un draft ricco di talento si potrebbe anche pensare ad aggiungere un altro giovane pezzo in estate (dove arriverà anche il rinnovo di Noel) per tornare più competitivi nella prossima stagione.

La franchigia con più possibilità sembrano essere dunque i Denver Nuggets. Oltre ad essere gli unici del gruppetto di aspiranti ad essere padroni del proprio destino essendo attualmente all’ottavo posto, i Nuggets nelle ultime settimane sembrano aver trovato una quadratura migliore e senza gli infortuni sono forse la squadra più completa. L’arrivo di Mason Plumlee, preso da Portland in cambio di Nurkic e la prima scelta di Memphis 2019, aggiungerà rim-protection ad una squadra spesso troppo fragile difensivamente ― e che concede oltre 110 punti su cento possessi, peggiore della lega ― ma bisognerà vedere la sua coesistenza con Jokic. È lui il vero motivo per cui i Nuggets sono ottavi e per cui il futuro in Colorado sembra sempre più scintillante.

Nikola Jokic Baby!!!

 

Seppur le prime scelte rimangano preziosi tesssori ci sono alcune squadre che hanno deciso di investire sul loro presente, cogliendo la palla al balzo di una stagione che si sta rivelando migliore delle aspettative o delle incertezze. È il caso di Houston e Washington che seppur senza grandi bagni di sangue hanno preferito alle loro prossime prime scelte (che ovviamente non andranno altissime) la possibilità di aggiungere frecce ai propri archi portandosi a casa rispettivamente Lou Williams dai Lakers e la coppia Bogdanovic/McCollugh dai Nets. Ma hanno davvero migliorato i propri roster?

Ai nastri di partenza nessuno le avrebbe previste come terza forza delle rispettive franchigie eppure Rockets e Wizard sono lassù. E vogliono provarci fino in fondo. Entrambe hanno preso rischi calcolati, eseguendo due buone operazioni aggiungendo materiale buono per la panchina e rotazioni. Houston con Lou Williams aggiunge un altro candidato al premio di sesto uomo dell’anno (al già presente Eric Gordon), nonché la possibilità di trovare punti facili in uscita dalla panchina. In più Williams può fornire playmaking nei riposi di Harden e giocargli accanto pronto a ricevere gli scarichi. Difensivamente è nullo o quasi e questo potrebbe far storcere il naso, ma se ripensiamo a quello che scrivevamo in estate di Anderson e Gordon (continuano a non difendere, ma funzionano piuttosto bene nel sistema di D’Antoni) c’è motivo di credere che possa funzionare anche l’ex Lakers.

Per quanto riguarda Washington l’aggiunta di Bogdanovic aggiunge un pezzo nuovo al roster di Brooks, capace di segnare e di giocare sia da guardia che da ala piccola. Anche qui non c’è la sensazione che sia un’aggiunta che completi le mancanze dei Wizard ma sicuramente allunga una rotazione che in vista di Aprile era un po’ troppo corta. Wizard che inoltre si sono liberati dei contratti di Andrew Nicholson e Marcus Thorthon, due giocatori non essenziali per le fortune della squadra diciamo così.

In giorni così frenetici, fatti di rumors, voci di corridoio, indiscrezioni, telefonate anonime, contatti, per sources, Woj Bomb, idee di scambi e regali di natale c’è anche chi invece non è interessato al mercato e finisce per diventare noioso, quasi asociale, come quando da bambini c’era sempre chi non voleva giocare a calcetto e ti toccava fare cinque contro quattro e non era divertente per nessuno. Quindi, in conclusione, chi sono state le tre principali fonti di tanta delusione disinteressate, in questi giorni di isterismo?

1)San

2)Antonio

3) Spurs

Atlanta sostituendo Thiago Splitter con Ilyasova sembra aver aggiunto un piccolo pezzo in più in vista della post-season ma continua a non sembrare in grado di impensierire i Cavs per la conquista dell’Est. Chi invece potrebbe aver preso l’uomo giusto al posto giusto sono i Toronto Raptors che hanno portato a casa Serge Ibaka in cambio di Terence Ross e la loro prima scelta 2017 e PJ Tucker per Sallinger e due seconde scelte. Sono loro adesso i principali rivali di LeBron e compagni?

Ibaka sembra davvero l’uomo giusto al posto giusto e soprattutto nel momento giusto. Toronto viene da un periodo non positivo, in conference sono scivolati addirittura al quinto posto, e l’arrivo di un giocatore solido come il congolese potrebbe far bene anche sotto il profilo del morale. In oltre Ibaka sembra la Power Forward che mancava a questa squadra anche nella scorsa stagione: capace di giocare al fianco di un centro come Valanciunas sia di scivolare in 5 con quattro esterni attorno. Il suo range di tiro permetterà a Toronto migliori spaziature anche se i Raptors non devono accontentarsi di utilizzarlo soltanto da spot-up shooter, ruolo in cui ha già dimostrato negli ultimi anni di non essere molto incisivo.

Credits to NBA.com

Ibaka inoltre sembra la versione 2.0 di Patrick Patterson, forse il vero uomo barometro di coach Casey (tant’è che con lui i Raptors hanno un record di 24-16, senza di 9-8), col quale si integra bene sue entrambe le metà campo. L’arrivo anche di Tucker aggiunge solidità difensiva e respiro alle rotazioni. I Raptors avranno pur perso la dinamite di Ross in uscita dalla panchina ma adesso sembrano una squadra molto più quadrata, che può mettere in campo diversi quintetti interessanti e che sicuramente si candida come principale candidata allo scettro di Cleveland. Ujiri sapere che la finestra di opportunità era questa e l’ha sfruttata come meglio non poteva. L’estate porterà decisioni delicate da prendere, con Lowry e Ibaka in scadenza (anche se i Raptors adesso detengono i Bird Rights del congolese e quindi possono rinnovarlo anche andando al di sopra del tetto massimo senza conseguenze) ma per adesso mandano un segnale chiaro alla conference e alle dirette concorrenti per il ruolo anti-Cavs come Wizard e Celtics.

Già. E i Celtics? Tutti si aspettavano da loro i veri fuochi di artificio ma alla fine hanno deciso di restare come sono. Perché?

I Celtics erano chiamati a decidere cosa volevano fare da grandi e come tutti noi anche loro hanno deciso di aspettare almeno altri quattro mesi prima di prendere una decisione. Avendo in dote una quantità smodata di scelte (otto nei prossimi sei anni) tra cui le prossime due prime scelte dei Nets ― che visto come stanno andando rischiano di andare altissime ― e di giocatori interessanti e/o disponibili (Bradley, Crowder, Smart, Brown per dirne alcuni) ci si aspettava potessero aggiungere un’altra stella al proprio roster, coi nomi di Butler e Paul George su tutti. Alla fine i Celtics hanno deciso di non premere il grilletto e di tenersi stretti ancora una volta i loro asset, in assenza di offerte per loro vantaggiose come ha detto ieri sera Danny Ainge, General Manager.

Come già è stato scritto non esistono certezze attualmente sul valutare la decisione di Boston. Da una parte c’era l’opportunità di essere competitivi da subito, aggiungendo una star ad una squadra che attualmente è seconda ad Est con un record di 37-20, con la possibilità di giocarsi le proprie chance di andare fino in fondo da subito. Dall’altra il non voler compromettersi il futuro, che con due scelte come quelle dei Nets sembra sempre più interessante (ad oggi i Celtics avrebbero il 25% di possibilità di ritrovarsi con la prima scelta assoluta nel prossimo draft). Ma ancora: aggiungere Butler o George avrebbe davvero reso i Celtics una contender? Sarebbe bastato per battere Cleveland in una serie di playoff? Difficile.

Credits to ClutchPoints

I Celtics hanno deciso di aspettare, fiduciosi della forza del loro roster e soprattutto del loro coaching staff, guidato da uno Stevens sempre più in ascesa e che migliora le prestazioni della franchigia di anno in anno. Certo è che Boston avrà un’estate molto interessante di fronte a se, con decisioni delicate da prendere e con i contratti di Thomas e Bradley in scadenza nel 2018. Ma quello che non è accaduto adesso potrebbe benissimo accadere a giugno visto che nessuno rischia di poter offrire una prima scelta assoluta (!) o di avere tanti soldi, visto che i Celtics avranno lo spazio salariale per essere in prima fila per i migliori free agent dell’estate. Probabilmente i tifosi dei Celtics dovranno pazientare ancora un po’ prima di tornare ai vertici della conference e della lega, e non è sbagliato dire che Toronto sembra la più attrezzata per arrivare in fondo quest’anno; ma il futuro della franchigia è sano e il pensiero del front office lungimirante. Nonostante ci sia il rischio di non compiere mai quel salto di qualità necessario per diventare davvero una Grande i Celtics hanno tra le mani la possibilità di stare ai piani alti di conference e lega per la prossima decade.

Anche perché i Celtics sono comunque al secondo posto, ed hanno iniziato molto bene il 2017. Non è che potrebbero davvero battere Cleveland? Con un Isaiah Thomas così decisivo, specie nei quarti periodi, ci si può aspettare di tutto, no? E poi: i Wizard sono cresciuti tanto e la coppia Wall-Beal sta giocando davvero bene, Brooks li ha resi solidi, non è che potrebbero impensierire i Cavs? Per non parlare di Toronto, che ha srotolato la sua intenzione di competere per il trono e adesso sembra davvero essere attrezzata per sopravvivere a tutte le intemperie dei playoff. Ma non è che Cleveland rischia grosso? Non fosse altro che per tutti gli infortuni o il fatto di dover fare giocare LeBron James così tanto. Non è che è cambiato qualcosa e non vogliamo ammetterlo, si può dire che i Cavs non sono più la grande favorita della Eastern Conference?

No, non possiamo dirlo. I Cleveland Cavs sono ancora la grande favorita per vincere la conference.

Ok, abbiamo detto dei Celtics che parlano con Larry Bird (presidente di Indiana) per una trade. Il collegamento con il ritorno di Magic Johnson ai Lakers è servito su un piatto d’argento. Cosa dobbiamo aspettarci da questo nuovo matrimonio?

Jeanie Buss ha deciso di licenziare il GM Kupchack (ed il fratello, Jim) per far spazio al ritorno di Magic, in un colpo molto teatrale seppur annunciato. Lakers che hanno designato anche Pelinka ― ex agente NBA di tanti grandi campioni tra cui anche Kobe, del quale si vocifera un ritorno in un futuro (molto) prossimo ― come loro nuovo General Manager. Nell’immediato non c’è stato il tempo di vedere grandi cose, tranne appunto la trade di Lou Williams ed un’altra trade sempre con Houston ma più per far quadrare i conti che per motivi di basket. Per quanto riguarda il futuro invece le cose sembrano destinate a cambiare. Per quanto sarà affascinante pensare che adesso Magic & Bird potranno discutere di possibili trade i tifosi Lakers forse dovrebbero avere più entusiasmo verso l’altro nome, da molti addetti ai lavori considerato molto competente e stimato nei corridoi della lega. Nella parta nobile di Los Angeles c’è voglia di rivincere subito, come nello spirito di una squadra così titolata, ma volente o meno ci sarà ancora da pazientare. I Lakers non hanno molto margine di manovra e c’è una prima scelta da difendere coi denti (andrà a Philadelphia se non dovesse cascare nelle prime tre posizioni). Intanto però qualcosa è cambiato, e questo sembra già qualcosa.

 

Cos’altro è successo di interessante? Non abbiamo visto grandi colpi alla fine, ma era lecito aspettarsi davvero di più? È giusto dire che a qualcuno è mancato un po’ di coraggio?

Il finale non è stato col botto come molti si aspettavano ma non vorrei che la trade tra Chicago e Oklahoma passasse inosservata. In quello che sembra un altro colpo da maestro Sam Presti si è portato a casa Mc Dermott e Taj Gibson in cambio di Payne, Morrow e Lauvergne. Con questo scambio i Thunder aggiungono un lungo solido come Gibson che seppur non aiuta le spaziature già ad oggi non sempre brillanti mette a disposizione di Donovan uno start più solido del traballante Sabonis ed a Westbrook un altro eccellente bloccante da usare per le sue escursioni a centro area. I Bulls invece continuano una sua una strategia poco chiara, nonostante la fiducia da parte loro (e non solo) su quello che Payne potrebbe diventare da qui a qualche anno; e Dio solo sa quanto serva una point-guard a Chicago.

Per il resto non ci sono stati grandi spostamenti, alla fine nessuno se l’è sentita ancora di fare un salto di fede più grande di rischio controllati o investimenti sicuri. Merita una menzione il lavoro di Sean Marks, GM dei Brooklyn Nets, che presa in mano una situazione davvero estrema, come il commissario Gordon sta facendo il meglio che può con quello che ha. L’aver preso una prima scelta in cambio di Bogdanovic è una vittoria e permetterà a Brooklyn di avere due scelte attorno alla 20 al primo giro e anche la presa di McDaniels sembra interessante, soprattutto a quelle cifre. Da quando i Nets sono in mano sua sembrano tornati ad essere una franchigia di pallacanestro e questo deve far piacere a tutti.

Per quanto riguarda gli altri molti sono stati a guardare, tanti non avevano neanche bisogno. Alcuni come Phoenix hanno accettato i contratti di Scott e Sullinger (sic) o chi come Milwaukee è riuscita a togliersi un contratto claustrofobico come quello di Miles Plumlee. Magari a qualcuno è mancato coraggio, o fantasia. Ci si poteva aspettare di più da una Charlotte in difficoltà per esempio ― e con Cousins partito a quelle condizioni un po’ di rammarico deve esserci ― piuttosto che da una Detroit che ha messo sul mercato l’intero roster per poi rimanere esattamente così. Per non parlare di Minnesota e New York, che come gli innamorati saranno ancora al telefono a dirsi no attacca prima tu.

Come detto all’inizio siamo in un periodo di grande cambiamento e molti si stanno ancora adattando. Questo non vuol dire che poi in estate qualcuno farà cascare la prima tessera, generando l’effetto domino atteso in questi giorni, ma sicuramente c’è voglia di vedere come si andranno le cose nella prossima free agency ― dove ricordiamo ancora il cap salirà ulteriormente e ci saranno giocatori molto interessanti in uscita dai rispettivi contratti ― per poi decidere come muoversi. C’è di certo che adesso il tempo per speculazioni e progetti è finito e con i playoff sempre più alle porte la stagione NBA entra sempre più nel vivo.

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Pubblicato da
Niccolò Scarpelli

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