Shaq nel triangolo di Jackson e dei suoi Lakers era una pedina fondamentale. Così come lo era chiunque fosse in campo in quella squadra. Nelle squadre che attaccano col triangolo ogni giocatore è fondamentale nel sistema. E’ un sistema che livella le gerarchie di importanza dei giocatori, rendendo questi tutti necessari ma nessuno più importante di nessun’altro.
Una squadra che gioca, o per lo meno prova a giocare, l’attacco triangolo sono i Knicks di Hornacek. Su di loro Shaq ha speso due parole:
“Il triangolo funziona. Quando sei un giocatore sei abituato a giocare in una certa maniera, a nessuno piace cambiare le proprie abitudini di gioco. Nel triangolo la palla non si deve fermare mai. Solo così può funzionare“.
Tra le righe forse si può scovare una frecciata a uno che le proprie abitudini offensive (ovvero fermare la palla) non le ha cambiate mai: Carmelo Anthony. Ma il problema dei Knicks è più generale, infatti Shaq invita ad osservare come le riserve dei Knicks giocano in attacco:
“Guardate come le riserve dei Knicks, ragazzi con poca esperienza e poche aitudini specifiche, riescano a giocare bene il triangolo trovando soluzioni interessanti“.
L’applicazione mentale, il sacrificio e l’altruismo sono alla base di un attacco così sofisticato, per Shaq, i giocatori dei Knicks non sono adatti ad interpretare questo sistema offensivo anche se le premesse ad inizio stagione si basavano sui buoni auspici:
“Guardando il quintetto mi sono detto, sono ok per giocare il triangolo. Ma ripeto, la palla non deve fermarsi“, continua Shaq “ma i giocatori sono testardi, anche noi alle prime partite non facevamo risultato ma poi mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: forse sei tu il problema. Mi piaceva tenere la palla in mano, così mi sono imposto di cambiare modo di giocare e alla fine i risultati sono arrivati“.