Prima contro ottava. Celtics contro Bulls. Un testacoda affascinante e allo stesso tempo inaspettato se pensiamo ai pronostici di inizio anno. Da una parte Boston, guidata sapientemente da Stevens, è stata capace di sorprendere gli addetti ai lavori e ha conquistato la cima dell’Eastern Conference ai danni di una Cleveland ben più quotata. Dall’altra parte invece Chicago, che sebbene avesse riposto grandi aspettative nel trio altisonante Butler-Wade-Rondo, si è sgonfiata con il passare dei mesi tanto da mettere in pericolo l’accesso ai playoff.
Nonostante l’ampia differenza in classifica, le due franchigie si sono spartite equamente i quattro precedenti stagionali, rispettando sempre il fattore campo. Tuttavia, a dispetto del 2-2 in regular season, Boston si avvicina a questa serie da favorita assoluta. Oltre ad una condizione atletica e mentale migliore, può contare anche sulla compattezza del gruppo, fattore che al contrario latita in Illinois. Come se non bastasse tutto questo, anche il record ai playoff tra le due squadre sorride pienamente ai bianco-verdi, in vantaggio per 19 vittorie a 3.
La serie potrebbe sembrare decisa in partenza, ma è bene seguirla comunque con estrema attenzione ed analizzarla nella seguente Playoff Preview. Le passate edizioni dell’NBA, infatti, ci hanno abituato a clamorosi ribaltoni. Per maggiori informazioni citofonare proprio ai Bulls, che nel 2012, perdendo contro i 76ers, sono stati l’ultima testa di serie numero uno ad essere eliminata al primo turno… purtroppo ne ricordiamo ancora bene cause e conseguenze.
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La bufera di neve che si è abbattuta su Boston a metà febbraio ha giovato alla squadra di Stevens, che da quel momento ha vinto 11 delle ultime 15 partite di regular season. L’insperata rimonta sui Cavs si è concretizzata alla gara numero 81: mentre LeBron e compagni uscivano sconfitti dalla trasferta di Miami, i 27 punti di Thomas contro i Nets trascinavano i Celtics al primo posto in classifica. Game, set and match. Con il record di 53 vittorie e 29 sconfitte, Boston ha conquistato il vertice dell’Eastern Conference, evento che non si verificava dal 2008, anno dei Big Three e dell’ultimo anello bianco-verde. Rispetto a nove anni fa il fulcro dell’impresa non ruota intorno ad un trio come Pierce, Allen e Garnett, ma ad un singolo uomo: coach Stevens. Giunto alla quarta stagione sulla panchina del TD Garden, l’ex Butler ha dimostrato di saper tirare fuori il meglio dai propri giocatori, inserendoli gradualmente in un sistema che ne esalta le caratteristiche complessive.
8ª per Offensive Rating (con quasi 112 punti segnati ogni 100 possessi), Boston fonda la fase offensiva sulla condivisione del pallone, come dimostrato dai 25.2 assist ad incontro (4ª assoluti in NBA), e sulla ricerca del tiro da tre (più di 33 triple tentate a partita). I 17 volte campioni NBA arrivano bene a questa serie anche dal punto di vista degli infortuni. Se durante l’annata gli acciacchi di Horford avevano destato qualche preoccupazione, in questo momento tutti i membri del roster non riscontrano problemi fisici particolari, domenicano compreso.
La situazione di Chicago è abbastanza diversa. L’ottava posizione agganciata per un soffio (record di 41-41), l’infortunio di Dwayne Wade, le difficoltà nell’inserimento di Rondo, le voci sulla partenza di Butler, le critiche a coach Hoiberg…una vera e propria polveriera pronta ad esplodere. Malgrado le condizioni sfavorevoli, i Bulls sono riusciti a contenere l’epica rimonta degli Heat grazie a sette vittorie negli ultimi dieci match. Evidentemente, dopo una stagione passata a discutere, i giocatori di Chicago hanno fatto fronte comune aggrappandosi al talento immenso di Jimmy Butler, che con le unghie e con i denti ha regalato la post season alla città del vento.
Parte dei problemi stagionali dei Bulls sono imputabili al fallimento del progetto Rondo, che non è stato in grado né di incanalarsi nel sistema di gioco di Hoiberg né di stringere un buon rapporto con le altre due stelle della squadra. In un contesto tanto complesso, il livello di basket espresso non poteva essere spettacolare: appena 102 punti segnati a partita (23° attacco della Lega), con il 34% da oltre l’arco tentando poco più di 22 triple ad incontro (29° in NBA). A salvare il salvabile una difesa arcigna, basata più sulla fisicità che sull’organizzazione ( 7ª per Difensive Rating con 107.4 punti concessi ogni 100 possessi) e una discreta presenza sotto il canestro (terzi in NBA per rimbalzi). L’unico spiraglio di luce in vista della serie con Boston è il probabile ritorno in campo di Dwayne Wade…
Sfida nella Sfida
Mai come quest’anno i meriti della splendida stagione dei Celtics sono equamente spartibili tra giocatori, coaching staff e dirigenza. Detto questo, è impossibile non esaltare il percorso stagionale di Isaiah Thomas. Negli ultimi mesi sono state scritte miriadi di parole sul folletto di Tacoma, decine e decine di racconti per sviscerare ogni singolo dettaglio di una parabola improbabile: da sessantesima scelta al Draft a stella di una delle franchigie storiche dell’NBA. Rassicurato dalla fiducia totale riposta in lui da Stevens, Thomas ha preso in mano le chiavi dell’attacco di Boston, elevando al massimo il livello di gioco suo e dei compagni.
La statline dell’idolo del TD Garden parla chiaro: terzo marcatore della lega con 28.9 punti ad incontro (grazie al 46.3% dal campo e al 38% da 3) dietro solamente a Westbrook ed Harden. Aggiungete 8.5 tiri liberi tentati di media (realizzati con il 90.6%) e, per non farsi mancare nulla, 6 assist smazzati ad allacciata di scarpa. Oltretutto il carisma e le skills di Thomas raggiungono l’apice quando il gioco si fa duro: nel quarto periodo. Negli ultimi 12 minuti di partita l’ex Suns mette a segno 9.8 punti di media, risultando il secondo giocatore più clutch dell’NBA, dietro soltanto a Russell Westbrook.
Dall’altra parte della barricata, nonostante i rumors su un possibile addio in estate, Butler continua a rappresentare l’unico scoglio che protegge i Bulls da uno tsunami. Complici le problematiche di Rondo e gli infortuni di Wade, l’annata di Jimmy è stata ambigua. Dopo cinque stagioni con miglioramenti continui, infatti, l’evoluzione di Butler è apparsa parzialmente arrestata. Top scorer dei Bulls con quasi 24 punti di media e secondo assist-man con 5 assist e mezzo, il numero 21 ha dato il suo solito contributo anche nella metà campo difensiva, recuperando 1.9 palloni a partita (5° in NBA) e raccogliendo più di 6 rimbalzi ad incontro.
In questo caso però le statistiche non dicono tutto. La sensazione è che il rapporto tra Butler e Chicago si sia definitivamente incrinato e che i Bulls non vogliano costruire il roster del futuro intorno a lui. C’è da capire quanto questa situazione spiacevole influisca sulle prestazioni del classe 1989 nella serie contro i Celtics.
Chiavi della serie
Brad Stevens ha costruito un mostro. In senso positivo, naturalmente. Nelle 82 partite di regular season l’affiatamento tra i giocatori dei Celtics è cresciuto esponenzialmente, con la circolazione di palla e l’equilibrio come ingredienti principali del sistema. Se ad inizio anno potevano esserci dubbi sull’affidabilità del go-to-guy, Thomas li ha decisamente fugati. Quando la palla scotta il nativo di Washington risponde presente. Altro elemento di spicco sulla scacchiera di Stevens è Crowder, giocatore fondamentale in entrambe le fasi: se in attacco deve allargare il campo ed essere affidabile da oltre l’arco, è in difesa che si prende le responsabilità maggiori, marcando solitamente la superstar avversaria. Contro i Bulls prenderà in consegna Butler ed è proprio da questo scontro che dipenderanno gli aggiustamenti difensivi di Boston.
Attraverso il Draft e il mercato della scorsa estate, il Front Office della franchigia del Massachusetts ha selezionato giocatori importanti per allungare le rotazioni. Le prestazioni solide di Brown, Smart e Green in entrata dalla panchina hanno aggiunto certezze anche quando i titolari sono a riposo. La bravura di Stevens e la forza di volontà ferrea dei giocatori hanno nascosto molto bene qualche pecca nel roster. Uno dei maggiori problemi dei Celtics è la scarsa fisicità. Come rivelato dalle pessime statistiche relative a rimbalzi e stoppate (rispettivamente 20ª e 23ª in NBA), Boston trova parecchie difficoltà quando incontra squadre con maggiore atletismo. L’inserimento nel roster di Horford ha permesso ai Celtics di trovare un ottimo equilibrio offensivo, ma allo stesso tempo non ha certo aiutato ad aumentare la fisicità sotto canestro.
Ed è proprio in questo spiraglio che deve inserirsi Chicago per tentare l’impresa. L’addio a metà anno di Gibson non ha giovato in tal senso, ma la presenza contemporanea di Lopez e Lauvergne può creare un po’ di scompiglio ai bianco-verdi. Se nella classifica dei rimbalzi offensivi Chicago è 1ª, in quella dei rimbalzi difensivi Boston è 22ª. La quantità di extra-possessi che i Bulls riusciranno a procurarsi influenzerà notevolmente l’esito della serie.
Uno abituato alla tensione della post-season è Dwayne Wade, dalle cui condizioni dipende la maggior parte delle possibilità di Chicago. La struttura offensiva della squadra dell’Illinois è vincolata al contributo di Flash, che, se recuperasse una forma accettabile, toglierebbe pressione difensiva dalle spalle di Butler. A quel punto Chicago potrebbe davvero sperare nel ribaltone.
Il piano partita di Hoiberg per essere efficace deve rispettare due presupposti: rallentare il ritmo dei Celtics e spostare la partita sul piano della lotta. Un’altra situazione spinosa è la marcatura su Thomas, soprattutto nel quarto periodo. Probabilmente l’ex tecnico di Iowa imporrà raddoppi costanti sul playmaker, preferendo testare il sangue freddo degli altri giocatori piuttosto che fare entrare in ritmo il top scorer avversario. No, non ci siamo scordati di Rondo. Il problema è che Rajon è un punto interrogativo che non può essere dissipato. Se in 82 partite non è riuscito ad integrarsi con i compagni, perché dovrebbe iniziare proprio ora a dare il suo contributo? Certo, se riuscisse a rendersi utile offensivamente e soprattutto difensivamente, i Bulls affronterebbero questa serie con tutto un altro spirito…
Ricapitolando, a Chicago ci sono più criticità da che certezze. A Boston, invece, un ambiente compatto e la voglia di continuare a stupire anche grazie al fattore TD Garden.
Domenica, occhi puntati su gara 1. Il testacoda si indirizzerà verso un esito scontato o ci sorprenderà con un inaspettato upset?