Joel Embiid, Paul Watzlawick e gli assiomi della comunicazione

« I remember when sex was dirty

and the air was clean

and everything worth knowing

was in a magazine. »

Ben Harper & The Innocent Criminals, “When Sex Was Dirty”

«Tutto quello che c’era da sapere, lo trovavi in un giornale». Per ricordare i (bei) tempi andati, in apertura del suo disco del 2016, Call it what it is, Ben Harper sceglie queste parole. L’arrivo dell’Internet 2.0 ha cambiato le carte in tavola. I VIP – un tempo inarrivabili, stampati sulle carte patinate dei settimanali – sono ormai alla portata di tutti, basta un click. Il Presidente del Consiglio dialoga con i cittadini su Twitter. Le modelle rispondono ai commenti su Instagram. Le stelle dello sport chiacchierano con i fan attraverso le live di Facebook. Tutto diretto, immediato, vicinissimo. Più o meno.

Ben Harper and The Innocent Criminals. Fareste loro accompagnare vostra nonna a fare la spesa? Photo credits: www.shorefire.com, via Google.

Paul Watzlawick. Photo credits: www.le-citazioni.it

Facciamo un salto indietro di cinquant’anni. Nel 1967 Paul Watzlawick, psicologo ed esponente della Scuola di Palo Alto, pubblica con Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson un libro destinato a diventare una pietra miliare degli studi sulla comunicazione: Pragmatica della comunicazione umana. Watzlawick e soci propongono cinque assiomi della comunicazione, che diverranno i presupposti delle loro successive elaborazioni teoriche e di quelle di altre centinaia di studiosi. Oggi NBAReligion contribuisce a questo filone di studi, mettendo sul tavolo i propri 2 centesimi e portando Joel Embiid agli onori di una disquisizione accademica. Più o meno.

Primo assioma. È impossibile non-comunicare.

Watzlawick parte da un presupposto teorico tanto rigido, quanto chiaro. Non si può non comunicare. Tutte le nostre azioni, tutti i nostri comportamenti sono dei messaggi, quindi comunicano qualcosa. Anche l’inattività e il silenzio, tanto quanto le parole, sono considerati un comportamento che influenza chi ci sta attorno. Gli altri, quindi, non possono non reagire. Qualsiasi modalità scelgano, con la loro reazione, a loro volta comunicano.

Non so se Joel Embiid abbia letto Watzlawick, ma sicuramente ha deciso che, nella giungla odierna della comunicazione, voleva tenere in mano saldamente la sua immagine pubblica. Visto che non posso non comunicare, allora voglio comunicare tanto e nel modo in cui decido io. Così da influenzare gli altri con le mie parole e le mie immagini, non con i miei silenzi.

Questo è l’esordio di @joelembiid su Instagram, il 24 gennaio 2014.

“Smart” letteralmente significa “intelligente”, “sveglio”. Quindi «Non molto intelligente saltare in quell’occasione». Credits to: @joelembiid via Instagram.

LeBron James si presenta come “il ragazzino di Akron”, col suo hashtag #justakidfromAkron. Joel Embiid si presenta da subito come il ragazzotto trapiantato dall’Africa, giocando sull’ignoranza degli americani. Il suo primo post su Instagram è un manifesto della sua presenza sui social: ironia, sfottò ed elogio del sé. La seconda e la terza foto su Instagram (25 gennaio e 7 febbraio 2014) continuano su questo filone.

«Ho appena ricevuto il manuale con tutte le regole… Non sapevo che questa stoppata fosse vietata. Scusate se ho barato (emoticon) ma l’ho fatto perché lo facevo da noi in Africa e laggiù è legale. #siamotuttiafricani» Credits to: @joelembiid via Instagram.

«Lo so che non siamo più in Africa, ma #siamotuttiafricani. Questa neve mi uccide ma la adoro #primoselfie» Credits to: @joelembiid via Instagram.

Non è tutto. Joel comunica con tutti gli strumenti possibili. Quando andava di moda Vine, ne era un frequente utilizzatore. Poi si è dichiarato soddisfatto delle Storie su Instagram, esplorandone tutte le potenzialità. The Process comunica con tutti i mezzi a sua disposizione: pure con la localizzazione del post.

In un post a tema surf, la localizzazione del post è “Oceano Pacifico”. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Usa tutti i mezzi, in modo più o meno lecito, anche infilando un pizzico di offesa alla città di Milwaukee (o al Bradley Center?). Questa foto è stata poi cancellata.

La localizzazione del post colpisce ancora. Qui dopo una partita a Milwaukee afferma di trovarsi in uno “shithole”. Serve la traduzione? Credits to: @joelembiid via Instagram.

Secondo assioma. Ogni comunicazione presenta due livelli: uno di contenuto e uno di relazione. Il secondo classifica il primo, assumendo il ruolo di metacomunicazione. Ovvero, il significato del contenuto dipende dalla relazione costituita.

La relazione fra Joel Embiid e il pubblico dei suoi social è basata su caratteri di ironia, sul non prendersi troppo sul serio. Pensiamo ai post rivolti a Kim Kardashian o Rihanna.

«Il momento più bello della mia vita… C’era una persona importante a supportare me e Kansas l’anno scorso. #siamotuttiafricani #Johanna.» Dove ovviamente “Johanna” è tratto dalle fusioni dei nomi delle coppie famose, come “Brangelina” fra Brad Pitt e Angelina Jolie. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Il livello trash dei fotomontaggi su Rihanna rivelano il sottotesto di quei messaggi: sto scherzando. È una comunicazione basata sull’ironia che voglio fare sulla mia posizione di stella dello sport, che nell’immaginario popolare può permettersi tutto. Questo aspetto però ha dovuto spiegarlo più chiaramente, in un’intervista a Billboard, datata 2014.

Embiid vuole che i suoi followers siano consapevoli di non dover prendere troppo sul serio i suoi tweet, specialmente quando questi riguardano Rihanna. La cantante delle Barbados è apparsa più volte nei suoi cinguettii, ma nonostante Embiid abbia scritto di avere “sogni grandi” per lei e abbia twittato i versi di “Rude Boy”, il giocatore ammette di non essere innamorato della cantante.

«No, no, nulla di simile. Sto solo scherzando,» ha detto fra le risate. «Non sto cercando di uscire con lei. Sto solo giocando».

Ciò non significa che non abbia continuato. Rihanna ha detto “torna da me quando sarai All-Star”? Bene, allora mandatemi all’All-Star Game, così potrò uscire con RiRi.

Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Terzo assioma. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione fra i comunicanti.

Una comunicazione fra due persone sembra un flusso ininterrotto di parole. Invece no. Ogni messaggio è organizzato secondo una punteggiatura, che definisce blocchi di significato. Non pensate alla punteggiatura in senso stretto. Il lasso di tempo fra un post e l’altro, sui social, potrebbe essere considerata punteggiatura. Come anche l’uso degli hashtag fra una frase e l’altra.

Come i puntini di sospensione, i punti esclamativi o un inciso evidenziano i passaggi più importanti di un testo scritto, così la frequenza o l’assenza di un post, o la presenza di certi hashtag, sottolinea i momenti della carriera di Embiid.

Se tralasciamo un tweet che rimanda a una foto di Instagram ora rimossa, il suo esordio su Twitter è una specie di live twitting sulle Finali della Western Conference del 2014. Quel “we” significa San Antonio Spurs.

Il live twitting di Embiid durante le Western Conference Finals del 2014. Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Nei giorni successivi il suo discorso social riprende, con ritmi diversi per i momenti importanti: c’è spazio per il suo provino con i Cavaliers (non era ancora arrivato al Draft), per i mondiali di calcio, per il suo infortunio.

«La delusione è inevitabile… Lo sconforto è una scelta.» Queste le sue parole dopo l’infortunio che ha fatto saltare a Joel Embiid la prima stagione NBA. Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Joel organizza il proprio discorso secondo una certa punteggiatura. Ci sono le Storie su Instagram che sottolineano il suo stare in vacanza, o tweet che riportano nella sua crescita sportiva, come un climax ascendente. Gli eventi importanti della sua vita, oggetto della comunicazione, sono sequenziati dai tweet. Come questi, geniali e lapidari, dopo l’elezione di Trump.

«Bene, l’America sta tankando. Tutto quello che possiamo fare è Trust the Process.» Dove il verbo tankare si riferisce alla pratica delle squadre NBA di passare un periodo di decadenza per ricostruire la squadra da zero. E Trust the Process il suo motto personale. E poi: «Veniamo tutti dall’Africa e vi riaccoglieremo». Genio assoluto. Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

#TrustTheProcess #TheProcess

Sono gli hashtag che danno ritmo ai suoi post. Sono i punti esclamativi che isolano le parti del discorso che si riferiscono alla sua crescita, alla sua rivalsa, al suo recupero dopo gli infortuni. Anche nel mezzo dell’ironia.

«Mai sconfitti nel 2017.» Scriveva questo Joel Embiid dei suoi Philadelphia 76ers… il 4 gennaio 2017! Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Torniamo sul suo arrembaggio a Kim Kardashian. Ci provo, mi scuso, rido. Tweet di approccio / virgola / tweet di scuse / virgola / tweet di emoticon / punto. Poi annuncio che mi prenderò una pausa dal twitting. Intento che durerà ben poco. Ma è un punto e a capo, nuova storia.

Joel Embiid “ci prova” con Kim Kardashian su Twitter. «Che ne dici di scrivermi in privato? / Oh, non sapevo che fossi sposata. Scusa Kim, l’ho appena scoperto dai tweet dei fan… Buona giornata / 😀 / Devo prendermi una pausa» Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Quarto assioma. Le comunicazioni possono essere numeriche (digitali) o analogiche.

Una comunicazione analogica ha diretta corrispondenza con la realtà, per esempio una foto, un’immagine, un segno esplicito. La comunicazione numerica o digitale ha a che vedere con le parole, il cui significato è legato a una convenzione. Le due tipologie possono mescolarsi.

Embiid passa da un tipo di comunicazione all’altro con fluidità; mantenendo il proprio stile, controlla entrambe le tipologie con disinvoltura. Instagram e le sue Storie sono forse lo strumento prediletto per mostrare la propria immagine, la propria forza, il proprio lato bonariamente narcisistico. D’altra parte J.W. Goethe disse:

«Ogni uomo dovrebbe essere compiaciuto di sé stesso e felice di esserlo: essere consapevoli della propria grazia rende luminosi.»

Joel lo sa. E ci illumina con i suoi post.

Braccia alzate, segno di vittoria. Muscoli in bella vista. E date sempre un occhio alla localizzazione: «Paradiso». Credits to: @joelembiid via Instagram.

Passando alla modalità numerica della comunicazione, Embiid si è rivelato altrettanto in grado di spadroneggiare. L’esempio post-elezione di Trump è emblematico (vedi sopra). Ma c’è un caso in cui ha mostrato il passaggio e la fusione fra i due moduli della comunicazione con una disinvoltura che farebbe impallidire Ferdinand de Saussure.

Partiamo da questo post, quasi banale. Una serata con gli amici: ci sono i compagni di squadra Ben Simmons e Nerlens Noel, oltre al rapper Meek Mill.

In pratica “Eravamo quattro amici al bar” di Gino Paoli, in versione NYC. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Arriva, dal nulla, l’ex attrice porno Mia Khalifa, nota supporter dei Washington Wizards. La Khalifa pensa bene di ri-postare la stessa foto, con la didascalia «Room full of L’s», dove “L’s” sta per “perdenti”. Una stanza piena di perdenti. Sfruttando la parte numerica della comunicazione, Mia imposta la relazione in modo da dare un significato diverso alla comunicazione analogica di Joel (vedi secondo assioma).

La Khalifa gira la questione in «Una stanza piena di perdenti». Credits to: @notthefakemiakhalifa via Instagram.

La componente analogica originale significava “sono qui con i miei amici a divertirmi”. Passo quindi al contrattacco, con modulo numerico.

Embiid risponde alla provocazione della Khalifa con: «Dice quella con kilometri di C». Credits to: @notthefakemiakhalifa via Instagram.

La comunicazione di Joel, ancora una volta, ha successo. Mia si cosparge il capo di cenere e ammette pubblicamente la social-sconfitta.

Mia Khalifa ammette la sconfitta social: «Ho imparato la lezione: non si scherza con i Sixers». Credits to: @miakhalifa via Twitter.

Quinto assioma. Le comunicazioni possono basarsi su un’interazione simmetrica, in cui i soggetti sono sullo stesso piano, oppure complementare, in cui i soggetti si trovano su piani diversi.

La comunicazione di Embiid sui social è chiaramente complementare. Non si sfugge al fatto che lui sia in una posizione di superiorità e noi che lo seguiamo siamo subordinati. E lo sottolineo mostrandovi la mia vita, dal privilegiato punto di osservazione del mio account certificato.

Sì, si degna di mostrarci il suo amore e ringraziarci dell’affetto

«Un GRANDE grazie ai nostri fan per il supporto mostrato durante tutta la stagione… Lo APPREZZIAMO davvero.» Credits to: @joelembiid via Instagram.

Ma lui ha oltre 824mila seguaci su Instagram, 658mila followers su Twitter, 193mila mi piace alla pagina Facebook (che però usa con parsimonia, rispetto agli altri due mezzi molto più consoni al suo stile di comunicazione). La comunicazione con noi non può essere simmetrica.

A chi scherzava sul fatto di avere gli stessi minuti di Embiid in NBA durante i suoi due anni di purgatorio dopo il Draft, Joel – dopo la prima partita – non perde occasione di fissare subito le distanze.

«Bello tornare in campo stasera. Ora non abbiamo più lo stesso numero di punti e minuti eh» Credits to: @joelembiid via Instagram.

The Process evidenzia la disparità di livello rispetto a noi anche mostrandoci, al contrario, quelli con cui può impostare una comunicazione simmetrica. Embiid accosta la propria immagine a chi sente di assomigliare.

Come i suoi compagni.

Joel Embiid con Dario Saric. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Joel Embiid si complimenta con T.J. McConnell. Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

O le stelle con cui vuole essere paragonato.

Joel Embiid con Michael Jordan all’All-Star Game 2017. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Joel Embiid con Kevin Garnett. “Area 21” come i loro numeri di maglia. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Questa copertina vi ricorda qualcosa? Certo, Slam ha fatto posare Embiid ricalcando una copertina di cui era protagonista Allen Iverson. The Answer. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Tutto chiaro? Abbiamo provato a ripercorrere gli assiomi della comunicazione attraverso l’uso dei social di Joel Embiid. Una scelta azzardata? Forse. Gli accademici inorridiscono? Probabilmente hanno ragione.

Ultima chicca? Il suo pesce d’aprile.

Joel il primo aprile carica questa foto: «SONO PROPRIO STUPIDO A TAGLIARMI I CAPELLI IN QUESTO MODO CHE C***O HO NELLA TESTA… GRANDISSIMO L. #SembroTroppoGiovane». Dove “L” sta sempre per “loser”, perdente. Ricordate il post di Mia Khalifa? E occhio alla localizzazione. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Poi appare questo. «PESCE D’APRILE». A guardare la localizzazione avete imparato, giusto?
Credits to: @joelembiid via Instagram.

Ricordate: non si può non comunicare. Nemmeno nel momento dell’ennesimo infortunio, quando sei lanciato verso il Rookie of the Year. Lo comunichi, e ne dai la chiave di lettura.

La chiave di lettura: «Torno presto… The Process deve essere rimandato per un piccolo contrattempo.» Credits to: @JoelEmbiid via Twitter.

Anche usando la localizzazione di Instagram.

La versione su Instagram. «Menisco» è la sentenza-localizzazione. Credits to: @joelembiid via Instagram.

Ci uniamo al coro: Trust The Process.

PS: ricordate il discorso sul fatto che la nostra comunicazione influenza gli altri? Date un occhio a questo tweet di Bleacher Report.

Fonti e letture consigliate:

Dello stesso autore (@AlessBonfa):

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Pubblicato da
Alessandro Bonfante

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