I Boston Celtics si presentano allo United Center in una situazione impronosticabile persino dal più sfegatato fan dei Bulls. La squadra di coach Hoiberg ha violentato gli avversari a rimbalzo, assistito alla revenge di Rajon Rondo (vero mattatore della serie finora) e portato a casa entrambe le gare del TD Garden. Brad Stevens ha dovuto fare i conti con una squadra che ha seri problemi sotto le plance, appena emersi in Regular Season ma catastrofici in queste prime due partite di playoff (più di dieci rimbalzi in meno a partita rispetto a Chicago). Come se non bastasse il franchise player deve convivere con il lutto della sorella, situazione destabilizzante specialmente per un atleta professionista nel momento clou della stagione.
Coach Stevens opta per l’estremizzazione del suo quintetto inserendo Gerald Green al posto di Amir Johnson con lo scopo di aprire ulteriormente il campo e costringere la difesa dei Bulls a lasciare più sguarnito il pitturato (la line-up schierata dall’ex coach di Butler ha giocato appena 16 minuti in regular season, tanto per dare una dimensione di quanto era costretto a rischiare Stevens). Per Fred Hoiberg invece il problema è sostituire Rondo, out una decina di giorni per una frattura al pollice. In quintetto parte Jerian Grant ma non è la stessa cosa e si vede fin dall’inizio del match. L’idea di Stevens paga subito dividendi importanti; Boston muove spesso la difesa fino a trovare l’uomo libero, i meccanismi che tanto bene avevano funzionato in RS tornano a girare in gara 3 con i Bulls che incassano senza avere troppe idee su cosa fare in attacco.
Ovviamente la chiave è Horford praticamente illeggibile per tutta la partita dalla difesa avversaria.
I Celtics chiudono il primo quarto con uno sbalorditivo 7-11 da 3 registrando la bellezza di 11 assist su 21 tiri tentati. Dall’altra parte invece comincia ad intravedersi la serata storta di Jimmy Butler, troppo spesso alla ricerca dell’assolo e scontratosi con un Bradley finalmente decisivo in difesa. Il primo quarto finisce con un eloquente 33-15 evidenziando tutti i limiti di playmaking e di comunicazione difensiva insiti sia in Grant che in Carter-Williams (oltre che al tiro ma quello lo sapevamo).
Qui la colpa non è direttamente di MCW ma la difesa ci mette un secolo a ruotare su una giocata perlomeno prevedibile.
I Bulls però sono una squadra che ha dimostrato di poter reagire durante la stagione e infatti nel secondo quarto tornano ad emergere i problemi difensivi dei Celtics in concomitanza con qualche fiammata di quel ragazzino con la maglia numero 3. Il piano tattico non cambia granché, tuttavia Boston non trova uomini dalla panchina in grado di replicare le percentuali degli starter. Chicago invece trova in Felicio l’uomo giusto per imprimere energia alla squadra sia in difesa che a rimbalzo. Alla fine saranno 11 totali e ben 5 strappati nella metà campo avversaria. Con i Celtics che sparacchiano Wade e soci rosicchiano punti anche grazie al contributo sempre più significativo fornito da Paul Zipser che in questi playoff sta tirando da 3 con il 40% ed è fondamentalmente l’unico in grado di rappresentare una minaccia costante da oltre l’arco. Intanto la difesa dei Celtics deraglia, offrendo il fianco specialmente in transizione e concedendo troppo spazio ad un fuoriclasse come Wade.
Gran stoppata di Felicio poi campo apertissimo per Wade che il talento lo deve tirare fuori solo per pescare Portis solo a centro area
Dopo una strabiliante performance al tiro nel primo quarto i Celtics collezionano un terribile 1-7 da 3 aprendo di fatto le porte alla rimonta Bulls i quali giocano una pallacanestro elementare ma molto efficace che li porta ad appena 3 punti di distanza quando suona la sirena del secondo quarto.
Il terzo periodo inizia sulla falsariga del secondo con i Celtics che cercano il tiro pesante ma il rumore che rimbomba nello United Center è quello della palla che si infrange contro il ferro. Boston resiste al comando della gara approfittando di un Butler che finirà con un deprimente 7-21 dal campo e 0-4 da 3 consentendo ad Horford di prendere lentamente possesso della partita. Il centro dei Celtics ha un set di movimenti offensivi proibitivi per gli statici lunghi dei Bulls, l’IQ cestistico del dominicano implementa le soluzioni offensive dei verdi e con Thomas gioca quel pick and roll indigesto a tutti in regular season e troppo poco esplorato nella serie in corso.
Lopez ha troppa paura del tiro di Horford (chiuderà con 8-14 dal campo e 2-3 da 3) e rimane passivo. Thomas deve solo alzare la parabola.
Qui invece il campo è spaziato talmente bene che basta il giusto timing per far arrivare Mirotic in ritardo e inchiodare la bimane.
Se invece Lopez si preoccupa di coprire il ferro che problema c’è?
Al Horford chiuderà la partita con 18 punti, 8 rimbalzi, 6 assist, 4 rubate e un mal di testa procurato al povero Robin Lopez totalmente in balia della danza del #42. Finalmente anche Thomas inizia a segnare e Boston scava il solco definitivo allargando la forbice di 13 punti che Chicago non riuscirà più a colmare. Il dato più sconcertante è sicuramente lo 0 alla voce assist registrato dai Bulls nel terzo quarto (primo quarto in cui i Bulls non mettono a referto nemmeno un assist in questa stagione), a testimonianza di quanto l’assenza di Rajon Rondo fosse pesante per coach Hoiberg e per i compagni.
Negli ultimi dodici minuti assistiamo ad una timida reazione dei tori i quali si appendono alle uniche due armi funzionanti: i rimbalzi e Dwayne Wade.
Ormai però è tardi, i Celtics giocano finalmente liberi da pensieri (anche extra-campo) ed esprimono la pallacanestro che li ha issati sul tetto della Eastern Conference non molto tempo fa.
L’azione che un allenatore vorrebbe vedere sempre.
Dopo un paio di minuti abbondanti di garbage time il tabellino indica 104-87 in favore degli ospiti. Coach Stevens si aspettava delle risposte soprattutto in termini di intensità e solidità del gruppo e in parte ne ha avute. I problemi a rimbalzo persistono (52-37 in favore dei Bulls che in questa serie stanno segnando 18 punti a partita da seconde chance) ma la ruvidità di elementi come Smart, Crowder, Bradley ha finalmente creato qualche grattacapo in più nella trasmissione dei Bulls generando ben 17 palle parse.
La mossa di aprire allo sfinimento il campo è risultata vincente con i Celtics che hanno tentato ben 37 conclusioni pesanti convertite con il 45%. Dal canto suo coach Hoiberg è tornato con i piedi per terra dopo il doppio colpaccio esterno. L’assenza di un leader come Rondo si è fatta sentire più del previsto e la sua capacità nel leggere le linee di passaggio e crearne a sua volta non è stata sopperita da nessuno. Per gara 4 si profila un’altra serata in borghese per l’ex Celtics e bisognerà capire se Grant e Carter-Williams riusciranno a modificare il loro gioco in tempo. Nota positiva sicuramente la performance di Felicio che è andato ad accentuare i problemi di Boston a rimbalzo ed ha fornito un valido scudo a difesa del ferro. Chissà che non guadagnerà minuti nelle rotazioni.
Boston deve ancora farne di strada ma intanto ha posato il primo mattoncino e tra due giorni avrà la possibilità di riprendersi il fattore campo. In chiusura mi sembra giusto omaggiare D-Wade, una delle poche note liete in casa Bulls, con la giocata della partita.
Appuntamento per domenica sera (ora italiana) per una gara 4 che ha tutta l’aria di essere quella che potrebbe decidere la serie.