John Wall ha superato l’ultimo muro

Nella sua vita John Wall ha sempre dovuto superare numerose difficoltà, scavalcare quei muri rappresentati dai problemi famigliari, da una rabbia adolescenziale che sembrava portarlo fuori strada ma che poi, incanalata sul campo da basket, lo ha portato ad essere la scelta #1 al draft 2010. Da quando è andato a giocare per coach Calipari a Kentucky tutti si sono accorti che razza di impatto potesse avere sul parquet quella point guard di 193 centimetri per 88 chilogrammi dalla grande abilità offensiva e difensiva e con un istinto innato per le assistenze.

Eppure John Wall è sempre stato sottovalutato dal grande pubblico e, in parte, anche dagli stessi addetti ai lavori. Non fraintendetemi, è All Star da quattro anni consecutivi e dal primo giorno trascorso nella capitale è il leader designato della sua franchigia, gli Washington Wizards, ma si è sempre avuta l’impressione che non stesse rispettando appieno le aspettative. Mai sceso sotto i 16 punti, gli 8 assist (tranne una stagione tormentata dagli infortuni) e i 4 rimbalzi di media stagionali in carriera eppure chiunque lo guardasse aveva l’impressione che potesse dare di più, fare di più, decidere da solo le partite; trascinare una franchigia come riusciva a fare solo in parte. In sostanza non era mai riuscito a scalare l’ultimo muro, quello notoriamente più difficile da scavalcare, quello per diventare una Superstar inserito con pieno merito nei discorsi per l’MVP.

Con l’arrivo di Scott Brooks a Washington un gruppo ormai consolidato da anni è inizialmente sembrato andare alla deriva, con un inizio disastroso. Una squadra spaccata internamente da una convivenza tutto fuorché pacifica tra Wall e Beal, ovvero le stelle della squadra. Il grande merito di uno dei candidati al premio di Coach Of The Year è stato quello di dare una scossa all’ambiente responsabilizzando entrambi i giocatori, ma in maniera completamente opposta. Ha allontanato il numero #3 dalla costruzione del gioco lasciandogli solo (si fa per dire) il compito di attaccare le difese, mentre ha messo il pallino del gioco, con fiducia incondizionata, in mano al #2. E’ la svolta, affiancato da un Otto Porter che ha (finalmente) acceso la luce, Wall ha completato la scalata e si è calato nell’Olimpo NBA.

“Pace in famiglia”, olio su tela, 2017 (credits to: Grantland via Google)

Sono i numeri che incoronano il miglior John Wall di sempre: 23.1 punti (career-high), 10.7 assist (career-high), 4.2 rimbalzi, 2 rubate (another career-high) e il 45% dal campo (che-ve-lo-dico-a-fà) nella regular season terminata un paio di settimane fa, il tutto con un Usage% di 30.2, che lo posiziona, per dire, sopra LeBron e con il maggior numero di tiri tentati a partita in carriera (18.4). Un John Wall sempre più incisivo che porta come premio aggiuntivo quasi 7 viaggi in lunetta per game, ovviamente concretizzati 8 volte su 10.

Ma è l’efficacia in ogni parte del campo che trasuda quanto John Wall sia calato all’interno della gestione Brooks. Partiamo dalla difesa: è sempre stato un giocatore dalle letture strepitose ma l’attenzione messa in particolare quest’anno ha portato alla creazione di un record tutto suo: è il primo giocatore nella storia ad aver fatto registrare 20 punti, 10 assist, 2 rubate e 0.5 stoppate di media. A questa capacità tout-court si aggiungono le percentuali che gli avversari fanno registrare quando si trovano ad affrontare il #2 ben concentrato sul proteggere la propria retina. Contro di lui gli avversari segnano con il 43% dal campo (contro il 44.5% di media), dato che crolla al 32.5% da dietro l’arco, ben il 3% abbondante in meno della media della lega. Un ottimo difensore perimetrale che riesce a farsi rispettare anche all’interno dell’area.

Esempio di difesa aggressiva sul perimetro. Forse fin troppo aggressiva? No problem, furto con scasso dalle mani di Beli, transizione e assist da buon samaritano.

Palle rubate e difesa che generano transizioni le quali, come potete vedere anche dalla gif qui sopra, sono una delle specialità di casa Wall. In regular season ha giocato la media di 5.7 possessi in transizione a partita, un volume inferiore al solo Russel Westbrook in questa precisa situazione di gioco, producendo la media di 1.12 punti per possesso e tirando con una percentuale effettiva del 60%.

La grande presenza fisica e muscolare del play from Raleigh gli fanno portare a casa anche una discreta quantità di and-one per potenziali giochi da 3 mortiferi in certi momenti della gara. Ben sapendo che i numeri sono drogati dalle pochissime partite disputate mi sembra doveroso riportare il folle inizio di playoff che sta giocando Wall. Nella serie contro Atlanta le transizioni sono diventate incredibilmente produttive per la stella di Washington: il numero di questo tipo di situazione giocata è salito a 6.3 e la media di punti prodotti è schizzata a 1.52 per possesso con un irreale 82.4% dal campo. Probabilmente questi numeri si ridimensioneranno ma sono il termometro di quanto John Wall sia, in gergo “tecnico”, caldo come una stufa.

Né Schroder né Haradaway possono contenere questo John Wall. And one.

Sono numeri che, tra l’altro, non tengono conto dei punti prodotti anche dai compagni sulle transizioni guidate dal play dei Wizards e che spesso si concludono con un assistenza dello stesso Wall o con un vantaggio ampiamente creato dalla capacità di attirare su di sé le attenzioni della difesa in transizione negativa avversaria.

Con gli occhi magneticamente attratti dal #2 i tre difensori di Atlanta si dimenticano che anche Washington gioca in 5…

… e Beal ringrazia

Libero di inventare per tutto il tempo che passa in campo dicevamo, libero di assistere i compagni quanto, come e meglio crede. Poter gestire il ritmo e la distribuzione del gioco a piacimento è stata la valvola di sfogo definitiva per sublimare le straordinarie qualità da passatore e da distributore. Probabilmente è uno dei giocatori migliori nella lega in quanto a capacità di dividere equamente i possessi per mettere in ritmo l’intera squadra (se non il migliore in assoluto) e ha trasformato per tutta la stagione il quintetto titolare in una squadra di cecchini. Ha spaziato la propria distribuzione di passaggi vincenti dagli 1.5 a partita per Markieff Morris fino ad arrivare ai 3.1 per Bradley Beal, ovviamente il più cercato, per produrre in totale 8.8 assist ai propri compagni più importanti per partita.

Le ricompense sono state le grandi prestazioni in quanto a percentuali dal campo dei compagni assistiti: tutti coloro che hanno all’attivo almeno un tentativo per partita dopo un suo passaggio tirano con percentuali pari o superiori al 40% dal campo e alcuni dei suoi compagni sono influenzati molto positivamente dal ricevere palla dalle mani sapienti di Wall. Chi ne beneficia maggiormente è sicuramente Marcin Gortat. Il polacco, grazie alla qualità dei suoi blocchi, gioca con Wall uno dei pick&roll “tradizionali” più solidi della NBA. In sostanza Gortat ha tirato con il 62.5% dal campo in seguito ad un passaggio del suo capitano, dato che si innalza ad un assurdo quanto ridicolo 81.3% (!) in queste prime cinque partite di playoff con la bellezza di 2.8 assist di media per l’europeo. Ancora una volta sottolineo come sia un dato effimero sulla lunga distanza (i numeri erano ben più clamorosi dopo i primi due atti della serie) ma significativo del livello di gioco tenuto nelle prime gare di post-season.

Blocco, ri-blocco perché l’invasione della Polonia a Gortat non è mai andata giù, Muscala cerca le farfalle, due punti.

Nell’attacco di Washington l’uso del pick-and-roll, una delle armi più mortali della pallacanestro NBA contemporanea, è una costante e infatti John Wall ne fa largo utilizzo. In stagione regolare ha giocato 10.2 possessi di media in questa situazione, ovviamente come portatore di palla, che sono corrisposti circa al 40% delle sue giocate e che hanno prodotto per sé 0.86 punti per possesso con il 46% dal campo su 7.5 tentativi a partita (la seconda percentuale tra coloro che hanno giocato almeno 10 pick&roll a partita). Nonostante la efficacia sia migliore di altre point-guard d’élite della lega (come Harden e Westbrook) resta uno dei migliori in questo fondamentale, grazie alla sua completezza di movimenti – può accelerare e decelerare a piacimento – e di skills – può arrivare al ferro in un baleno come punire la difesa con un palleggio-arresto-tiro.

Molto meglio di giocatori come Thomas, Irving, Paul o Conley, per dire.

Inoltre questi numeri non considerano quello che viene creato per i compagni. Per cercare un indicatore in tal senso possiamo allora rivolgerci ai dati che riguardano i rollanti dei Wizards. I principali bloccanti sono Gortat e Morris e, in seconda battuta, Jason Smith e Mahinmi. Tutti i lunghi citati hanno giocato almeno un possesso da rollante a partita ed escludendo Morris, il quale si trova più a suo agio lontano dalla palla, è la possibilità migliore per tutti e tre per dare un contributo offensivo alla squadra (ed infatti per rappresenta almeno il 20% delle situazioni offensive in cui sono coinvolti). Gortat, Mahinmi e Smith producono almeno 1 punto per possesso giocato in pick&roll e tirano tutti e tre con il 57% dal campo in queste situazioni. Se Wall è il principale portatore di palla dei Wizards ed il creatore della maggior parte dei giochi di chi sarà buona parte del merito se i lunghi hanno tenuto un ottimo rendimento da rollanti?

Wall non fa distinzioni: costruisce tiri al ferro…

… dalla media distanza…

… e da 3 punti.

Sulle ali dell’entusiasmo di una regular season ribaltata dopo un inizio tremendo i Washington Wizards hanno iniziato la scalata a quella catena montuosa che sono i playoff, trascinati dal proprio capo-cordata John Wall, uno abituato ad affrontare salite vertiginose per ottenere delle soddisfazioni. Dove possono arrivare?

La serie con Atlanta, per accoppiamento e andamento delle prime due gare, sembrava già fortemente indirizzata verso la capitale, con i Maghi che stavano già iniziando a gettare un’occhiata interessata a quello che sta accadendo nella propria parte di tabellone. La vincente affronterà infatti chi la spunterà nella serie più avvincente del primo turno, quella Chicago-Boston riaddrizzata dagli uomini di Stevens nella Windy City e ora ribaltata completamente. Chiudere in fretta la serie contro la squadra della città della Coca Cola sarebbe stato fondamentale per giocarsi al massimo delle possibilità un’occasione davvero ghiotta, ovvero approdare alle finali di Conference, ma la reazione d’orgoglio della squadra di Budenholzer ha rimesso tutto in discussione. Wall, dal canto suo, ha iniziato i playoff come meglio non avrebbe potuto fare: 32 punti con 14 assist in gara-1, 32 punti conditi da 9 assist e 5 rimbalzi in gara-2 sufficienti per trascinare al secondo campo base i Maghi. Nel terzo atto 29 punti (10/12 dal campo) + 7 assist non sono stati sufficienti per firmare l’allungo decisivo e nel quarto la doppia-doppia di “soli” 22 punti e 10 assist non ha evitato il pareggio degli Hawks. Il fattore campo è stato rispettato anche nella quinta partita, anche grazie ai 20 punti e i 14 assist con cui mettere in ritmo l’intero roster.

Spoiler per coloro che non hanno idea di cosa sia successo in gara-3: l’inizio dei Wizards non è stato dei migliori (*emoji mano in faccia*) e Wall ha sfogato la sua frustrazione così (*emoji occhi a cuoricino*)

Non che in gara-5 abbia inciso solo con gli assist: questa schiacciata, per esempio, si lascia vedere e rivedere

Che cosa dobbiamo fare noi per gustarci al meglio questo nuovo John Wall? A noi spetta il compito migliore, quello di sederci (e svegliarci) per assistere ad un Wall che finalmente può puntare in alto perché ha superato l’ultimo muro ed è pronto a stupire ancora.

Alberto Mapelli

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