Categorie: Primo Piano

Gli Anti-Awards della NBA

Siamo nel pieno dei playoff NBA e l’attenzione del mondo sportivo è concentrata sui duelli tra le grandi stelle e tra le migliori squadre del mondo. Ma ci sono altre quattordici squadre che hanno già terminato la loro stagione da qualche settimana: alcune hanno lottato fino all’ultimo per raggiungere l’agognata post-season ma senza riuscirci (Nuggets e Heat), altre hanno dovuto rassegnarsi ad un’annata inferiore alle previsioni della vigilia (Mavericks e Hornets), altre ancora hanno rispettato il piano stagionale che prevedeva di perdere più partite possibili (Lakers e Suns).

All’interno di queste squadre ci sono giocatori, allenatori e dirigenti che hanno fortemente deluso le aspettative di pubblico e addetti ai lavori, zavorrando con prestazioni negative le possibilità delle proprie franchigie di poter ambire a qualcosa che non fosse una scelta di lotteria al prossimo draftPer questo, come l’Academy degli Oscar ha i suoi Razzies Awards (ossia i riconoscimenti assegnati agli attori, sceneggiatoriregisti peggiori dell’annata cinematografica precedente), anche qui a NBA Religion abbiamo pensato di creare dei “contro-premi” da assegnare a chi è riuscito a fare più danni nel corso in questa stagione 2016-17.

E per sapere i vincitori non c’è nemmeno bisogno di aspettare il 26 Giugno… Buon divertimento.

Peggior sesto uomo dell’anno: JEFF GREEN     

Nell’estate del 2016 Jeff Green ha firmato un contratto annuale con i Magic da 15 milioni di dollari. Nelle idee della dirigenza della Florida, l’ala da Georgetown doveva essere la “chioccia” dei tanti giovani a roster ma al contempo anche fornire un contributo importante uscendo dalla panchina nei due ruoli di ala. Sul contributo educativo alla crescita di Gordon e soci non ci è dato sapere, ma dal punto di vista del contributo statistico siamo andati malino.

Green ha disputato 69 partite, uscendo dalla panchina per 58 di esse, con un minutaggio consistente diviso su entrambi le posizioni di ala ma senza mai riuscire ad essere incisivo. Le pessime percentuali al tiro e il basso contributo anche nelle altre categorie statistiche testimoniano un feeling mai trovato con gli schemi di coach Voegel, combinata con un’applicazione deficitaria su entrambi i lati del campo.

I numeri in questa stagione sono i peggiori della sua carriera, inferiori persino a quelli della sua annata da rookie. Molto improbabile che i Magic gli propongano un prolungamento di contratto, anche perché nel disastro tecnico lasciato dalla scellerata gestione Hennigan molto probabilmente si punterà a dare più minuti a Mario Hezonja e a Terrence Ross. Dispiace puntare il dito verso un giocatore che nel corso della sua carriera ha anche dovuto superare un importante problema al cuore, ma il buon Jeff sembra aver imboccato con decisione il suo personale viale del tramonto.

Peggior difensore dell’anno: JULIUS RANDLE & D’ANGELO RUSSEL

Per questo premio, che se fosse stato introdotto qualche anno fa avrebbe garantito ad Andrea Bargnani incoronazioni plurime, la parte facile è trovare l’indirizzo a cui consegnarlo: il 1.111 di South Figueroa Street, ossia l’indirizzo dello Staples Center dove giocano i Los Angeles Lakers. I giallo-viola sono stati infatti la trentesima difesa della NBA con un agghiacciante Defensive Rating di 110,6 risultando anche i peggiori nei punti subiti in transizione e i terzultimi per punti subiti in area. Una specie di colabrodo che, per quanto funzionale alla strategia del “Perdere e perderemo” di Borlottiana memoria, deve aver fatto rabbrividire il povero Jack Nicholson e gli altri tifosi dei Lakers in ben più di una occasione.

Il difficile semmai è stato decidere chi tra i giocatori del povero Coach Walton meritasse di essere eletto come Worst of the Worsts. Ingram, Zubac e Young avrebbero meritato considerazione, ma i primi due sono rookies, quindi meritano maggiore benevolenza, mentre il buon Swaggy P. è ormai niente più che un giocatore di rotazione (non che sia mai stato una star, intendiamoci).

Il ballottaggio è quindi stato tra i due starters D’Angelo Russel e Julius Randle. Titolari dei due peggiori Defensive Rating della squadra, rispettivamente 113.4 e 113.3, e tra i peggiori dell’intera Lega (solo Gary Harris di Denver fa peggio con 114.0, ma almeno lui ha un Net Rating positivo grazie al suo buon impatto offensivo), il “magico duo” ha fornito risibili prestazioni nella metà campo difensiva nel corso dell’intera stagione. Le loro statistiche sono addirittura peggiorate rispetto al recente passato (l’anno scorso i valori del suddetto rating erano 110.2 per Russel e 113.0 per Randle), a dimostrazione di una tendenza consolidata che dovrebbe preoccupare molto la dirigenza angelina.

In questa clip vediamo Taj Gibson in post basso (che non è certo Tim Duncan) girarsi e andare a schiacciare con facilità irrisoria, approfittando di una posizione difensiva di Randle che definire orrenda sarebbe un complimento.

Qui invece Russel agita le mani a caso a dieci metri dal canestro, per poi venire scherzato da Jogi Ferrel (!) che in due palleggi gli prende tre metri (!!!) di vantaggio per andare a concludere con un facile appoggio al ferro.

La difesa individuale è influenzata dalle qualità tecniche e fisiche dei giocatori, ma dipende ancora di più dall’applicazione mentale. Entrambi i giocatori hanno dimostrato un approccio talmente imbarazzante in tal senso che ho voluto “premiarli” con un riconoscimento ex-aequo.

Peggior allenatore dell’anno: JEFF HORNACEK

Questo premio, che se fossimo nella scorsa stagione avrebbe visto un plebiscito bulgaro nei confronti di Byron Scott, ha avuto quest’anno diversi pretendenti. Le candidature dei vari Voegel, Van Gundy, Watson e Gentry avrebbero tutte, per motivi diversi, ampio diritto di cittadinanza. Un recente sondaggio promosso dalla ESPN ha incoronato Fred Hoiberg come peggior allenatore della stagione, ma io mi sento di andare con il penultimo classificato di tale graduatoria, quel Jeff Hornacek che ha guidato i New Jork Knicks ad un altra desolante, fallimentare stagione.

Il buon Jeff è arrivato alla Grande Mela dopo un’esperienza a Phoenix che ha prodotto buoni risultati soltanto nel primo anno, in cui aveva sfiorato addirittura il premio di Coach of the Year per aver portato Dragic e compagni a ben 48 vittorie stagionali. L’esperienza al sole dell’Arizona si è però conclusa nel Febbraio del 2016, quando è stato licenziato dopo una tragica partenza da 14-35. A New York però non è che sia andata poi molto meglio. Certo, le fallimentari addizioni di Noah e Rose non sono farina del suo sacco e la disastrosa gestione della questione Anthony non ricade sotto la responsabilità dell’ex colonna degli Utah Jazz, ma la squadra in tutta la stagione non ha mai dato sostanziali cenni di vita, adagiandosi in una mediocrità generale che è stata decisamente desolante.

I Knicks sono pessimi in difesa con un Rating di 108,7 (25esimi nella NBA), sono la squadra che concede il maggior numero di rimbalzi offensivi agli avversari (ben il 25,9% di quelli disponibili) e consequenzialmente anche il maggior numero di punti da seconda opportunità (quasi 15 a partita), oltre ad essere la penultima formazione per punti realizzati da palla recuperata. Tutti indicatori che testimoniano una pessima applicazione nella metacampo difensiva, sia dal punto di vista individuale che da quello di squadra.

In attacco la situazione è solo leggermente migliore, con un Offensive Rating di 104.7 che comunque li pone sotto la media generale della NBA. Il problema è che i dettami della Triple Post Offense sembrano essere stati ben poco digeriti dai giocatori e la scelta di questo modello sembra più un retaggio della carriera di Jackson che una sua scelta personale (a Phoenix infatti Hornacek utilizzava una versione della Motion Offense).

Inoltre, la cosa che forse preoccupa di più è stato lo stop evolutivo di quello che dovrebbe essere la star del futuro dei Knicks, ossia quell’unicorno che risponde al nome di Kristaps Porzingis. Il lettone, dopo un’annata da rookie eccezionale non sembra aver proseguito a sufficienza nella sua evoluzione. I suoi numeri in molti casi (rimbalzi, assist, rubate, stoppate) sono sostanzialmente identici a quelli della passata stagione, anche per colpa di un suo troppo limitato coinvolgimento nei giochi offensivi.

Insomma, la mano di Coach Hornaceck fatica sinceramente a vedersi sotto molti aspetti. Non si è capito se sia arrivato a New York per meriti oggettivi o solo per essere uno Yes Man di Jackson, fatto sta che la sua “mano” proprio non si è vista e il suo posto in panchina potrebbe già essere diventato decisamente a rischio.

Credits to CBS Sports

Peggior executive dell’anno: VLADE DIVAC

In un mondo normale questo premio andrebbe dritto dritto tra le braccia di Rob Hennigan che, oltre ad essere in corsa per il premio di Best Epic Fail Ever, nel corso degli ultimi dodici mesi ha sostanzialmente distrutto il futuro dei Magic. Ma in un mondo ideale non esisterebbe un GM come Vlade Divac (né un proprietario come Vivek Ranadive), che quindi vince questo riconoscimento a mani basse. 

A sostegno di questa tesi testi voglio portare giusto un un paio di elementi. Prova dell’accusa numero uno: in questo tweet possiamo notare quanto l’allora uomo franchigia dei Kings, DeMarcus Cousins, avesse gradito come i Kings avessero deciso di utilizzare la tredicesima chiamata dell’ultimo Draft per selezionare Georgios Papagiannis (che tra l’altro giocherebbe nel suo ruolo).

Prova dell’accusa numero due: in questo video invece vediamo l’imputato ammettere con candore di aver avuto sul tavolo un’offerta migliore (e ci voleva poco) di quella con cui ha svenduto il suo All Star in cambio di tre mezzi giocatori e un pacchetto di noccioline.

Vostro onore, l’accusa ha terminato.

Peggior rookie dell’anno: KRIS DUNN

Scelto da Minnesota con la quinta chiamata assoluta, nei piani della franchigia Dunn avrebbe dovuto essere il playmaker titolare dei nuovi Timberwolves targati Tom Thibodeau. Quello che piaceva della guardia da Providence erano le sue doti di difensore e le qualità come creatore di gioco, sviluppata nel corso dei quattro anni di college. Più maturo della maggior parte della sua classe di rookie, ci si aspettava che fosse in grado di tenere il campo anche al piano di sopra, contribuendo da subito a portare ai playoff un’edizione dei Timberwolves mai così carica di talento e hype. Alla prova dei fatti però, Dunn si è dimostrato un tiratore disastroso (37% dal campo e 28% da tre), persino peggio, e non di poco, di quel Ricky Rubio di cui avrebbe dovuto prendere il posto in quintetto.

Anche il suo impatto difensivo è stato al di sotto delle aspettative, con un 108.6 di Defensive Rating lo mette in linea con quello (decisamente pessimo) del resto della squadra, e i miglioramenti sotto questo aspetto dimostrati da Rubio nella seconda fase di stagione gli hanno fatto perdere ulteriormente minuti in rotazione.

Ad oggi Dunn è un giocatore senza arte né parte che dovrà trovare velocemente una sua collocazione nel panorama NBA, pena il rischio di finire velocemente nel dimenticatoio. Per quanto riguarda la franchigia del Minnesota, l’obiettivo playoff è stato rimandato di un altro anno (ad onor del vero, non solo per colpa del povero Kris). Vedremo se anche nel prossimo Draft, dove i T’Wolves avranno l’ennesima scelta di lotteria, proseguiranno nella loro tradizione di pessime scelte nella posizione di playmaker.

P.S: La scelta è ricaduta su Dunn in virtù delle elevate aspettative e della posizione di chiamata al Draft. Ma se avessimo dovuto guardare solo alle fredde statistiche, il buon Brice Johnson (scelto alla numero venticinque dai Los Angeles Clippers) in tutta la stagione ha realizzato quattro soli punti in un totale di nove minuti sul parquet. Bene ma non benissimo…

Giocatore più peggiorato: JOAKIM NOAH

Allora, partiamo dal presupposto che già nella sua versione “positiva” questo è il premio di più complessa valutazione. Cosa si intende per migliorato (o peggiorato)? E rispetto a quale base? È più migliorato un giocatore di rotazione che diventa uno starter o uno starter che diventa una superstar? Premesso questo,è difficile trovare un giocatore che sia peggiorato così rapidamente come Joakim Noah, che ha praticamente ha fatto il doppio salto carpiato da All Star a Worst Deal in the NBA nell’arco di un paio di stagioni.

Il figlio del grande Yannick era fino a qualche anno fa uno dei giocatori più energici (ed energetici) dell’intera Lega. Una furia difensiva in grado anche di essere un fattore anche nell’altra metà campo, grazie ad una capacità dei lettura del gioco seconda a pochi altri centri della NBA. Seppur dotato di una meccanica di tiro, il cosiddetto Tornado, decisamente da film dell’orrore, il francese era il giocatore che ogni allenatore avrebbe voluto in squadra e il beniamino del pubblico dello United Center di Chicago.

Guardate in questa clip come Noah riesca prima a contenere il palleggio di LeBron James (con annesso applauso di incoraggiamento), difendendo poi la penetrazione con uno strepitoso scivolamento difensivo e contestando efficacemente anche lo step-back di Sua Maestà (che non lo amava, ma sicuramente lo rispettava).

Qui invece è piegato basso sulle gambe, ruba il palleggio a Reggie Jackson e poi vola in contropiede per concludere con la bimane al ferro. Una vera furia.

Il suo primo anno di esperienza ai Knicks si è rivelato invece un vero disastro, rappresentando probabilmente la più grossa cantonata (non l’unica in verità) presa fin qui da Phil Jackson come President of Basketball Operations per la franchigia newyorkese. Anche lasciando da parte i freddi numeri, che non sono mai stati la vera misura del suo valore sul parquet, Noah sembra aver perso completamente lo spirito guerriero che lo animava e il suo ruolo di ancora difensiva appare un ricordo del passato.

In quest’azione Noah rimane letteralmente incastrato dietro al blocco, al punto di farsi trascinare a centro area e poi spendere un fallo di rara pigrizia quando Millsap arriva al ferro.

Qui passano almeno cinque secondi prima che Joakim si accorga che c’è Sefolosha libero in angolo con sei metri di spazio. Quando la palla arriva allo svizzero, ormai è troppo tardi per rimediare.

Ad oggi il futuro di Noah appare ben poco roseo, con un atletismo in caduta libera (anche per colpa dei vari infortuni che lo hanno colpito) e una situazione di squadra ben poco motivante per il futuro. Ah, poi ci sarebbero anche i tiri liberi…

Peggior giocatore della stagione: Metta World Peace

Dulcis in fundo… il premio più importante di tutti.

Qui però, perdonatemi, ma per rispetto verso il suo passato preferisco non approfondire la questione e limitarmi ai freddi dati statistici.

  • 25 gare disputate con una media di 6,4 minuti di impiego
  • 2,3 punti di media con il 27,9% al tiro e il 23,7% da tre
  • peggior Net Rating della NBA (giocatori con almeno 20 gare e 5 minuti di impiego) con -17,7
  • terzultimo per PIE nella NBA (giocatori con almeno 20 gare e 5 minuti di impiego) con 2,9

La parte peggiore? Ha recentemente dichiarato di voler giocare ancora qualche anno… Poveri noi!

Credits to Zimbio

Honorable mentions: Larry Sanders, Randy Foye, Thomas Satoransky, Kay Felder, Omer Asik, Patricio Garino. 

Giorgio Barbareschi

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NbaReligion Team

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