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Giocatori, sentite qua: i social fanno male

Nella vita quotidiana alzi la mano chi non usa i social network. Ormai quasi chiunque ha un account sulle varie piattaforme presenti e non fanno eccezione i giocatori NBA, che costruiscono la maggior parte della comunicazione sui rispettivi profili seguiti in alcuni casi anche da milioni di followers. Che sia Facebook o Snapchat, che si tratti di Instagram o Twitter, poco importa: l’importante è postare.

Tuttavia non sempre l’uso dei social porta benefici, anzi è più facile cadere nell’abuso oppure in un utilizzo improprio creando polemiche e vespai che si possono innescare per qualsiasi tipo di uscita. In un mondo – come quello della Lega – dove niente è lasciato al caso e ogni minimo dettaglio viene curato, questa notizia farà riflettere senza dubbio le dirigenze di diverse franchigie.

Ebbene la Stony Brook University, College di New York City, ha pubblicato una ricerca riguardante l’uso dei social degli atleti NBA. Secondo questo studio, i giocatori vedrebbero le loro prestazioni ridursi a livello statistico nel giorno successivo ad aver postato qualcosa nella fascia oraria che va dalle 23 alle 7 precedente al match.

Il campione preso in esame è abbastanza ampio, contando che sono stati monitorati 112 account verificati di giocatori NBA dalla stagione 2009/2010 all’annata 2015/2016. In questo arco temporale, sono stati registrati oltre 30mila post sui vari social nella fascia notturna considerata dalla ricerca: ebbene, i risultati evidenziano come la sera prima di una partita sia meglio riposarsi anziché dedicarsi alle pubbliche relazioni.

Nelle gare seguenti alle sessioni by night sui social, i giocatori in questione denotano un calo dell’1.7% nella percentuale dal campo e viaggiano a oltre un punto in meno di media. Inoltre prendono meno tiri, catturano meno rimbalzi, piazzano meno stoppate e recuperano meno palloni, oltre a rimanere sul parquet due minuti in meno rispetto alla media stagionale.

Questo per quanto riguarda gli habitué dei social, ma le cifre addirittura peggiorano per chi non usa tag e hashtag con frequenza. Questi ultimi, il match successivo a un post notturno, vedono la percentuale dal campo ridursi del 4% rispetto alla norma.

Una ricerca innovativa e interessante lanciata dalla professoressa Lauren Hale e dal suo assistente nonché professore di sociologia a Stony Brook, Jason J. Jones. Queste concernenti la NBA sono solo alcune anticipazioni a proposito dello studio portato avanti dalla coppia dell’ateneo newyorkese: la presentazione completa del progetto avverrà in questi giorni in quel di Boston a SLEEP 2017, la conferenza annuale che si occupa della medicina e del sonno.

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Pubblicato da
Simone Domenichetti

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