Ci sono momenti, nella NBA come in qualsiasi altro mondo sportivo e non, che cambiano un destino in una frazione di secondo. I Blazers che fanno il nome di Sam Bowie invece di quello di Michael Jordan nel Draft del 1984. La smanacciata di Shaq che finisce esattamente nelle mani di Horry sul perimetro nella finale di conference del 2002. Il rimbalzo in attacco di Bosh e la tripla di Ray Allen nelle Finals del 2013. Il più giovane MVP della storia che, in pieno garbage time della prima gara di playoffs del 2012, appoggia malissimo il piede a terra girandosi il ginocchio.
Fortunatamente, però, non sempre gli infortuni condizionano così tanto carriere più o meno luminose, riuscendo a riscrivere gli equilibri di un’intera Lega, come nello sfortunato caso di Derrick Rose. A volte ci si può infortunare gravemente ed avere la fortuna di tornare atletico ed esplosivo come, se non di più, di prima. Dopo un eccellente primo e unico anno di college, pur toccando ferro per il ragazzo, si può certamente assurgere che allo stato attuale il caso di Dennis Smith Jr. sia piuttosto emblematico in questo senso.
DENNIS SMITH JR.
Gli infortuni sono subdoli, e molto spesso arrivano proprio nel momento in cui sei al culmine, nel punto più alto, pronto a raccogliere i frutti della strada fatta per arrivare dove sei. Che questo culmine sia il seed numero uno nella Lega la stagione dopo essere stato MVP, o quando sei il miglior liceale della nazione in procinto di iniziare l’ultimo anno di high school, cambia solo il palcoscenico, non le invidiabili doti visive della Sfortuna.
Dennis Smith jr., da poco nominato Gatorade Basketball Player of the Year per il North Carolina, è un junior non solo di nome quando la suddetta Sfortuna mette gli occhi su di lui, unendosi a quelli di tutti i maggiori college della mitica ACC, siti a un tiro di schioppo dalla nativa Fayetteville. ACL, le stesse tre lettere che fanno ancora tremare l’attuale play dei Knicks, anno da senior da spettatore e non pochi dubbi sulla tenuta fisica di un giocatore che fa dell’atletismo il suo pane quotidiano. Alla fine è North Carolina State a mettere più fiches sulla scommessa del recupero del ragazzo di Fayetteville, e il banco, quantomeno a livello individuale, salta in maniera clamorosa: Smith gioca 32 minuti con quasi 35 minuti di media sul parquet, mettendo a referto oltre 18 punti, 4.6 rimbalzi, 6.2 assist e quasi due recuperi a gara, con il 50% dal campo e il 35 dall’arco, diventando anche il Rookie of the Year di quella ACC di cui sopra. Ce n’è abbastanza per aver convinto tutti sul suo recupero, compresi gli interessati scout del piano di sopra, e per provare subito quindi il grande salto nella Lega.
CARATTERISTICHE TECNICHE
In un Draft sostanzialmente dominato, quantomeno nei top prospect, dai playmaker con spiccate doti realizzative, il diciannovenne Dennis Smith non è proprio l’eccezione che conferma la regola: parliamo infatti di una point guard di 1.90 che solo pochi anni or sono sarebbe stata considerata atipica, ma che ormai è sempre più comune nella Lega e, ancor prima, a livello NCAA. Smith, infatti, fa delle doti realizzative il proprio principale punto di forza, capacità sorrette in particolare da un atletismo totalmente fuori dal comune anche a questi livelli, persino dopo il già citato infortunio al crociato. Le gambe, o meglio i razzi, del ragazzo da Fayetteville non paiono aver risentito particolarmente dell’operazione, rendendolo ancora un giocatore letale in campo aperto, con una velocità di base spaventosa e uno stacco da terra che lo rende probabilmente l’elemento più atletico dell’intera Draft Class. Dotato di un primo passo bruciante, nonostante la stazza non certo imponentissima la stessa esplosività, unità ad un’insospettabile forza nella parte superiore del corpo, lo rendono semplicemente devastante quando arriva nel pitturato (61% in area). Concludere al ferro, anche contro i lunghi in aiuto senza alcun timore reverenziale, è la specialità della casa, ma nell’ultimo anno Smith è parso molto migliorato anche nel tiro da fuori e nel palleggio arresto e tiro, scoccato spesso dopo un ball handling ubriacante o uno step back per creare separazione.
Realizzatore per vocazione, dunque, ma spesso anche passatore per necessità: quando infatti la difesa collassa sulle sue scorribande in area, ha una buona capacità di passaggio con entrambe le mani, pescando l’uomo libero anche in situazioni di precario equilibrio (oltre 6 assist a gara nella stagione in maglia Wolfpack). Anche nella propria metà campo le doti atletiche lo rendono potenzialmente, e quando è motivato anche realmente, un efficacissimo difensore sulla palla, rapido, fisicamente forte, e pure dotato di ottimi istinti (due recuperi a gara quest’anno).
Un giocatore insomma in grado di pressare il pallone in difesa e di battere l’uomo quando vuole in attacco, concludendo in proprio o creando spazio per i compagni; ma non è tutto oro ciò che luccica, e anche il buon Smith ha parecchi difetti ancora da limare. In primo luogo, nonostante i buoni numeri anche nella casella “assist”, è abbastanza chiaro che attualmente Smith non sia un playmaker puro: scelte e letture sono sovente quantomeno discutibili, la tendenza è quella di guardare prima il ferro che i compagni anche in situazioni di mismatch o superiorità numerica, è tendenzialmente un accentratore e spesso ferma il pallone tra le sue mani, magari andando al tiro senza nemmeno un passaggio. Anche l’atteggiamento a volte è un po’ pigro, facendolo accontentare di tiri forzati in attacco piuttosto che creare gioco, e soprattutto facendogli prendere un po’ troppe pause in difesa, dove come detto potrebbe essere potenzialmente un elite player. Lo stesso tiro da fuori, pur in miglioramento e divenuto ormai sostanzialmente affidabile, è ancora piuttosto farraginoso, dalla meccanica non certo impeccabile, palesemente costruito ma ancora in fase di cantiere aperto.
PROSPETTIVE NBA
Come detto, quantomeno in zona alta Lottery sarà un Draft dominato dalle PG più o meno realizzatrici, con almeno quattro point guard abbastanza certe di finire tra le prime 10 scelte. Tra esse va annoverato anche Dennis Smith, che però è forse l’elemento che più rischia di uscire dalla top 10, anche per i timori che comunque rimangono riguardo alla sua tenuta fisica. Proprio in questi giorni di avvicinamento al Draft le sue quotazioni stanno un po’ calando, ma il numero 4 dei Wolfpack dovrebbe finire comunque tra la 5 e la 10, con più tendenza verso quest’ultima. Con un settore play certamente non eccezionale potrebbe fare gola in particolare ai Mavericks, che scelgono con la 9, o addirittura ai sempre imprevedibili Sacramento Kings, che detengono le seed numero 5 e 10 e potrebbero a loro volta aver bisogno di una PG (per la verità nella capitale californiana avrebbero bisogno più o meno di tutto…), i quali sembrano peraltro eventualmente più orientati su De’Aaron Fox di Kentucky. Vedremo se avranno la meglio i timori di un potenziale nuovo Rose, con cui Smith condivide parecchie caratteristiche tecniche oltre al crociato operato: d’altra parte però, c’è un altro play atletico, talvolta accentratore, con un tiro piuttosto meccanico e migliorato con gli anni e talvolta pigro difensivamente che da qui a qualche giorno potrebbe essere MVP…