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Guida completa al Draft NBA 2017

2. Lonzo Ball

Di Cataldo Martinelli

Lonzo Ball (1.98 m. x 86 kg) nasce il 27 ottobre 1997 ad Anaheim (California).
Entrambi i suoi genitori, LaVar e Tina, sono stati giocatori di basket a livello collegiale. Papà LaVar (alto 1.98 m. al pari di Lonzo) ha calcato il parquet di Washington State University, prima di passare alla California State University (la cui squadra, i Cal State Los Angeles Golden Eagles, militava in Division II), dove avrebbe poi conosciuto la futura signora Ball.
Si è parlato (e se ne parla) fin troppo del rapporto di LaVar Ball con la stampa e con i suoi figli, accusandolo, spesso, di oscurare il talento dei propri figli con delle esagerate manifestazioni del proprio Ego.
In suo favore, però, va detto che ha saputo dare ai suoi tre figli (Lonzo, LiAngelo e LaMelo) una formazione cestistica d’élite; LaVar, infatti, ha allenato i propri figli personalmente in ogni squadra in cui abbiano giocato, sino al loro avvento alla Chino Hills High School (California).
Lonzo riuscì a mettersi in mostra nel corso della sua carriera a Chino Hills, mettendo su delle cifre monstre: nel corso del suo ultimo anno, guidò gli Huskies di Chino Hills ad un record spaventoso di 35 vinte e 0 perse e ad un agevole raggiungimento del titolo nazionale. Le sue medie di quell’anno parlano per lui: 23.9 punti, 11.3 rimbalzi e 11.7 assist a partita.

Da sinistra: Lonzo, LaMelo e LiAngelo Ball

Le chiamate dei più grandi college nazionali non tardarono ad arrivare, ma la sua scelta non poté che ricadere su quella University of California Los Angeles (UCLA) che, per un ragazzo cresciuto nell’area metropolitana di LA, rappresenta una vera e propria Istituzione.

La sua carriera collegiale a UCLA (durata un solo anno, come per tutti i cosiddetti one and done) è stata ricca di soddisfazioni e di record frantumati.
Lonzo, in 36 gare giocate, ha chiuso con 14.6 punti, 7.6 assist e 6 rimbalzi ad allacciata di scarpe. Prima di lui, solo Jason Kidd era riuscito a mantenere delle medie di almeno 14 punti, 7 assist e 6 rimbalzi di media nella Pac-12.
Il filo che lega Lonzo a Kidd non si limita solo a quelle cifre.
Al termine della stagione da freshman Lonzo è stato capace di scalzare Kidd dal secondo posto dei migliori assist-men ogni epoca in una singola stagione in Pac-12. Lo stesso Kidd nella stagione 1993/1994 servì 272 assist ai suoi compagni; Lonzo quest’anno, invece, ha messo a referto la bellezza di 274 assist (è secondo solo ad Ahlon Lewis di Arizona State, che nella stagione 1997-1998 siglò il record di 294 assist).

I punti di forza di Lonzo Ball sono lì tutti da vedere. La sua visione di gioco è degna di un vero playmaker vecchia scuola.  Il suo totale controllo del ritmo e degli spazi (in transizione o nell’attaccare la difesa schierata) non si vedeva su un campo collegiale da tempo immemore. Le sue decisioni offensive sono rapidissime, figlie di una creatività senza pari e di una notevole sicurezza nel proprio skill-set offensivo (supportato da un’esplosività degna di nota).
I suoi pick&roll sono stati tra i più efficaci nell’ultimo campionato di College Basket, grazie ad un tempismo innato nel servire il rollante.

A livello mentale, ad emergere nel corso della sua stagione da freshman è stata la sua leadership, manifestatasi attraverso una costante fiducia nei suoi compagni di squadra. Si potrebbe dire che il suo elevatissimo QI cestistico abbia contagiato tutti gli altri componenti del roster di UCLA (a loro volta cestisticamente molto intelligenti), dando vita ad uno degli attacchi più prolifici ed esteticamente appaganti della Division I.
La sua capacità di muoversi senza palla e liberarsi in taglio è stata più volte premiata dai suoi compagni, influenzati dall’altruismo del proprio leader.

Difensivamente i suoi punti di forza sono costituiti dal suo istinto e dalla sua struttura fisica. Sin dal suo esordio sui parquet collegiali, Lonzo ha dimostrato di riuscire a vedere in anticipo la giocata dell’attaccante; questo gli ha permesso di rubare una quantità elevatissima di palloni e di stoppare i suoi diretti avversari (sia frontalmente che posteriormente, arrivando in aiuto). La lunghezza delle sue braccia, la sua rapidità di piedi e la sua altezza (spesso superiore a quella delle altre point-guard a livello NCAA) lo hanno aiutato non poco nel rendere efficaci le sue intuizioni difensive.

A livello offensivo, il più grosso punto di domanda che grava su Lonzo è legato al suo peculiare movimento di tiro. Il rilascio della palla è rapido, ma parte troppo dal basso e troppo lateralmente. Questo difetto tecnico a livello Nba potrebbe creargli non pochi problemi, considerando il tasso atletico dei suoi futuri colleghi.
Il suo rilascio poco ortodosso, tuttavia, non gli ha impedito di segnare un numero considerevole di canestri da tre punti, anche da distanze “Curryiane”; Lonzo ha chiuso la sua stagione, infatti, con un rispettabile 41.2 % da oltre l’arco.
I suoi problemi al tiro si sono manifestati esclusivamente nei tiri dal mid-range. In quelle situazioni di gioco, Lonzo si è dimostrato poco efficace e poco sicuro, avendo spazi e tempistiche ridotti per poter scoccare il suo tiro dal basso.

In difesa, nonostante i pregi di cui si è parlato in precedenza, è opinione comune che Lonzo debba assolutamente crescere nel fondamentale dello scivolamento difensivo. Dati i suoi straordinari mezzi atletici e la rapidità dei suoi piedi, ci si sarebbe aspettato di più da lui da questo punto di vista. Gli addetti ai lavori del College Basket difficilmente dimenticheranno la prestazione di De’Aaron Fox nel match di Sweet-16 contro i Bruins di Ball. In quella partita (che valse l’eliminazione di UCLA dal Torneo NCAA) Fox segnò la bellezza di 39 punti, dando la sensazione di poter battere costantemente Lonzo dal palleggio. Di fronte ad avversari con quel tipo di atletismo e di rapidità, Lonzo ha sofferto per tutta la stagione.
Questo difetto va necessariamente limato in ottica NBA, o rischierebbe di regalare troppi canestri facili ai clamorosi atleti che si troverà a fronteggiare al piano di sopra.

I punti di forza di Lonzo sovrastano, in ogni caso, le sue debolezze. Un giocatore dotato di quel QI cestistico e di quegli istinti naturali (offensivi e difensivi) per il gioco non può scivolare oltre la terza chiamata del prossimo Draft NBA.

Dopo aver visto D’Angelo Russell partire con un biglietto di sola andata in direzione Brooklyn NY, ci sono pochi dubbi, ormai, sul fatto che i Lakers chiameranno Lonzo con la seconda scelta, salvo clamorosi colpi di scena.
Personalmente ritengo che questo matrimonio si debba fare. Giocatori dotati di un talento così “particolare”, così “fuori dagli schemi”, se ne vedono di rado.
La franchigia californiana dovrà gestire il circo mediatico che si va ingrossando sempre di più attorno alla famiglia Ball, ma il gioco sembra possa valere la candela.

A noi non resta che metterci comodi, perché, nel bene o nel male, sentiremo ancora parlare di Lonzo (e LaVar) Ball.

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Pubblicato da
Andrea Falcetti

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