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Road to Draft 2017: Donovan Mitchell

Donovan Mitchell (1.91 m. x 91 kg) nasce il 7 settembre 1996 a Greenwich (Connecticut).

I suoi primi due anni liceali li trascorre presso la Canterbury School a New Milford (Connecticut); in quell’ambiente non si sente totalmente a suo agio ed il suo gioco stenta a decollare. La sua scelta, quindi, è quella di far le valigie e trasferirsi a Wolfeboro (New Hampshire). Nella locale Brewster Academy trova finalmente un contesto cestistico a lui più congeniale ed il suo contributo statistico comincia ad innalzarsi.
Nella sua stagione da junior, contribuisce alla causa con 11.8 punti, 4.6 rimbalzi e 2.1 assist a partita. La sua Brewster raggiunge, anche grazie al suo contributo da factotum in campo, l’invidiabile record di 33-2 ed il traguardo della vittoria di ben due competizioni: il National Prep Championship ed il New England Preparatory School Athletic Council AAA Championship.
La stagione seguente è quella della consacrazione per lui: eleva le sue medie a 14.3 punti, 5.7 rimbalzi, 2.4 assist ed 1.8 palle rubate e conduce la sua squadra alla seconda vittoria consecutiva del National Prep Championship (stavolta con un record di 33-1).
L’autorevole rivista Scout.com lo classificava come prospetto numero 17 nella graduatoria e come seconda miglior guardia in uscita dall’high school (dietro al solo Malik Monk).

Credits to: www.cnd.com via Google

La sua scelta universitaria ricadde su quella Louisville University di coach Pitino che per prima aveva deciso di scommettere sul suo potenziale (ancora in parte nascosto).
Ancora una volta, l’inizio non fu dei migliori. Nel suo anno da freshman Mitchell faticò tantissimo a prendere le misure alla nuova realtà del College Basket. Il minutaggio non fu elevatissimo e le statistiche raccolte non furono di sicuro all’altezza delle grandi aspettative del coaching staff dei Cardinals: nello specifico, si parla di 7.4 punti, 3.4 rimbalzi e 1.7 assist, con un misero 25% dalla linea dei tre punti.
Nulla di nuovo per il ragazzo da Greenwich. Dopo un anno di studio del nuovo ambiente, Mitchell prese letteralmente fuoco.
Il suo minutaggio a fine stagione si è assestato sui 32.3 minuti di media e le sue medie sono decollate toccando quota 15.6 punti, 4.9 rimbalzi, 2.7 assist e 2.1 rubate a partita, con un ottimo 35.4% da tre punti.

L’esito del percorso dei suoi Cardinals non fu, però, altrettanto positivo. Dopo aver superato agevolmente Jacksonville State al primo turno (con il punteggio di 78-63), Louisville fu sconfitta al secondo turno del Torneo NCAA dai meno quotati Michigan Wolverines (testa di serie numero 7, Louisville la numero 2) con il punteggio di 73 a 69. In quella partita Mitchell mise su dei numeri importanti, dimostrando, una volta di più, di essere un giocatore completo: 19 punti, 7 rimbalzi e 5 assist.

I suoi punti di forza sono variegati e toccano tutti gli aspetti del gioco. A saltare subito all’occhio è la sua spaventosa apertura alare di 2.08 m., abbinata ad una imponente struttura muscolare e a due gambe che sembrano dei razzi prodotti dalla NASA. Queste sue qualità fisiche lo rendono un realizzatore devastante in transizione, dove è capace di cambiare velocità in un nanosecondo e di lasciare sul posto qualsiasi difensore. Le sue conclusioni al ferro sono spesso creative e di difficile lettura per il suo difensore; questa sua abilità è stata parecchia apprezzata dagli scout NBA.
La sua meccanica di tiro è di buon livello ed anche questo gioca a suo favore. Mitchell è stato capace di migliorarsi dal suo primo al secondo anno, passando dal 25% al 35% da oltre l’arco. Il rilascio rapido del pallone e la fluidità del movimento lasciano pensare che possa confermarsi un buon tiratore anche al piano di sopra (sia in catch and shoot che dal palleggio).
Nel corso della sua annata da sophomore, ha dimostrato, inoltre, di possedere uno skill set di tutto rispetto, grazie al quale è stato capace di crearsi dei tiri in qualsiasi situazione. I suoi step-backs e crossovers hanno ubriacato qualsiasi difensore abbia provato a mettersi sulla strada tra Mitchell ed il canestro.
In sostanza, a livello offensivo questo giocatore non sembra avere grossi difetti.
Nella metà campo difensiva, poi, ha dimostrato di poter difendere su diversi ruoli (dal play all’ala piccola avversari), grazie alla sua cattiveria agonistica ed alla notevole forza di cui può disporre sia nella parte alta che nella parte bassa del corpo. Alla notevole applicazione, Mitchell unisce un talento naturale per gli anticipi e nella difesa lontano dalla palla; spesso è riuscito ad intuire con qualche secondo di anticipo la giocata degli attaccanti avversari, anticipando i loro passaggi con le sue braccia infinite e andando a segnare rapidamente dall’altra parte.

I punti deboli di questo ragazzo, traslati al contesto NBA, risiedono probabilmente nella sua altezza. Ora come ora, Mitchell è una guardia a tutti gli effetti ed ha, finora, ovviato alla sua carenza di centimetri grazie alla sua esplosività ed alla sua wingspan. Viene difficile pensare che, con gli atleti del piano di sopra, possa continuare a giocare in quel ruolo solo grazie a quelle caratteristiche. Qualsiasi franchigia lo scelga in sede di Draft, probabilmente proverà a convertirlo in una point-guard, ruolo in cui potrebbe sfruttare al meglio la sua fisicità. Nel corso della sua stagione collegiale, tuttavia, non ha dimostrato di possedere una mentalità da creatore di gioco, né tantomeno di essere in grado (o di aver la voglia) di gestire i ritmi della partita. Spesso è sembrato andare su un unico binario, cercando costantemente canestri veloci ed incaponendosi anche contro le difese schierate (ne sono derivate palle perse banali o tiri forzati). Lo si può dedurre facilmente: Mitchell non è un ragazzo che spicca per il suo elevatissimo QI cestistico; spesso viene dominato dagli istinti e sembra voler assecondare passivamente il flow della partita, anziché provare a gestirlo o a plasmarlo a seconda dei momenti. Su questo aspetto e sulla sua disciplina tattica dovrà lavorare duramente, se vorrà avere una carriera duratura tra gli alieni NBA.

I Mock Drafts più accreditati collocano Mitchell tra la scelta numero 11 e la scelta numero 14. Dovrebbe quindi, in ogni caso, essere chiamato in lottery.
A mio modo di vedere, dalla decima scelta in poi, è una scommessa che potrebbe pagare alti dividendi.
Non gli si deve chiedere di prendere in mano le redini di una franchigia e di trascinarla verso insperati traguardi, ma di mettere al servizio della squadra la sua inesauribile energia e voglia di competere (unite al suo completissimo bagaglio tecnico). Da questo punto di vista, non potrà mai e poi mai deludere le aspettative.

Guarda i commenti

  • "Non gli si deve chiedere di prendere in mano le redini di una franchigia e di trascinarla verso insperati traguardi"

    Chi mai avrebbe anche solo potuto immaginare quello che avrebbe fatto da qui a 12 mesi agli utah? che steal!!!!

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Pubblicato da
Cataldo Martinelli

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