Che dire? Dall’altra parte dell’oceano il concetto di show è sempre più assimilato non solo nell’industria cinematografica ma anche in quella sportiva. E dal momento che una parte in causa dell’ultima puntata è sita nei pressi di Hollywood non poteva che essere pirotecnico l’annuncio. I Los Angeles Clippers, dopo diversi anni di “vorrei ma non posso”, si sono convinti (o si sono fatti convincere, ma ci ritorneremo) a privarsi del loro Swarovski. Chris Paul è approdato agli Houston Rockets tramite sign and trade, in cambio la franchigia californiana ha ricevuto sette giocatori più una prima scelta al prossimo draft.
Se la trade di Butler aveva appena accennato quel nervosismo che serpeggia nella lega durante quest’estate, la mossa di Daryl Morey ha fatto impazzire i sismografi preannunciando scenari futuri alquanto interessanti. I Clippers ricostruiranno? O daranno le chiavi della franchigia a Griffin? Presumendo che a basket si giochi con un unico pallone è possibile la coabitazione tra Paul e Harden? I Rockets adesso sono al livello dei Warriors? Andiamo con ordine.
Credits to cnnphilippines.com
Cosa succederà ai Clippers
Per sei stagioni la squadra è andata oltre il 60% di vittorie. Per sei stagioni la frontiera giallo-viola di L.A. ha dovuto sopportare la rivalsa dei cugini sfigati. Per sei stagioni Lob City è stato un’ideale da cantare nelle notti finalmente piene dai tifosi rosso blu e bianchi. Il rintocco della mezzanotte per una Cenerentola che si era abituata a danzare con il suo principe assume i contorni di una pugnalata al cuore di chi pensava che dopo anni di sofferenze fosse giunto il momento di saldare il conto.
Doc Rivers, nella veste di deus ex machina della franchigia, ha lavorato incessantemente per assemblare una squadra da titolo ma una volta messa a punto l’ex coach dei Celtics non è riuscito a guidarla verso il successo. Il risultato migliore raggiunto in questi anni è stata la semifinale di conference, troppo poco per un core tanto talentuoso; troppo poco per il #3. D’altronde si fa sempre più fatica a sganciare il concetto di legacy da quello di vittoria e Chris Paul ha tentato di fare l’impossibile (vincere un titolo con i Clippers, quali che siano i giocatori, rimane impossibile) ma compreso il fallimento ha deciso di migrare verso altri lidi. A 32 anni il miglior playmaker della lega non ha ancora mai raggiunto una finale di conference e questo deve aver pesato non poco nella testa di Paul. Infatti se le nostre idee sul suo futuro erano alquanto vaghe evidentemente nella sua mente seguivano un piano preciso.
Questa connection ce la possiamo scordare
La posizione di Paul infatti era assai vantaggiosa dal momento che sarebbe potuto uscire dal contratto da un giorno all’altro, provocando una sorta di terrore psicologico nella stanza dei bottoni losangelina. Perdere Chris Paul è già un bel danno, perderlo a zero è una catastrofe. Nel momento in cui il prodotto di Wake Forrest ha comunicato la sua volontà al Front Office dei Clippers è arrivato l’accordo. Paul ha usufruito della player option rinunciando a parecchi soldi il prossimo anno ma riservandosi la possibilità di bussare per un max contract a luglio 2018. In poche parole ha rimandato la sua free-agency regalandosi un anno di luna park con il vice MVP. Mica male.
Adesso la patata bollente passa al nuovo advisor dei Clippers, colui che è stato parte integrante della costruzione degli attuali Warriors: Jerry West. Per sua stessa ammissione questo sarà il suo ultimo impiego nel mondo NBA e presumibilmente vorrà chiudere la sua longeva permanenza tra parquet e scrivania lasciando il segno per un’ultima volta. L’addio di Chris Paul lascia aperte due strade: costruire intorno a Griffin o rifondare ex novo.
In tanti pensano che le qualità palla in mano di Blake siano state fagocitate dal playmaking di Paul negli ultimi anni e la suggestioni di vederlo più coinvolto nel playbook di Rivers stuzzica tifosi e addetti ai lavori. Tuttavia la situazione del prodotto di Oklahoma è analoga a quella del neo giocatore di Houston; Griffin è uscito dal contratto e le possibilità che rimanga in California si assottigliano ogni giorno di più. Per convincerlo servirebbe un progetto a lungo termine e delle garanzie tecniche che al momento i Clippers non possono dare: Dekker, Harrell, Liggins sembrano gli asset migliori ricevuti in questa trade, Beverly e Lou Williams sono giocatori di sistema lontani dall’essere degli All-Star, in cassaforte non ci sono scelte future importanti sulle quali riporre fiducia. Considerando che anche J.J. Redick sarà free-agent sembra quantomeno difficile ipotizzare un futuro a LA per Griffin.
Più auspicabile la porta due quindi, quella che porta al rebuilding con un sogno nel cassetto chiamato Lebron James. Se anche Griffin prenderà il largo lo spazio salariale a disposizione di Jerry West sarà di oltre 70 milioni di dollari, abbastanza per firmare il Prescelto e una squadra di ottimi comprimari. Fantabasket? Per il momento si ma il rapporto tra James e West peserà sul futuro della franchigia così come sarà importante mantenere una visione estesa della faccenda. Se i Clippers torneranno nell’anonimato c’è la seria eventualità che le sabbie mobili se li riprendano definitivamente. Il compito di Jerry West sarà questo: guidare la franchigia fuori dalla secca e veleggiare verso un futuro che garantisca la permanenza nelle alte sfere della lega. Compito che a prima vista richiederà tutta la sagacia e l’esperienza dell’ex stella dei Lakers.
Cosa succederà ai Rockets
Al momento, senza aver visto un singolo minuto dei due, è difficile pensare ad un back-court più talentuoso di questo nella storia del gioco. A prima vista, talento a parte, Paul non sembra essere il fit perfetto per la pallacanestro ad alta velocità e ad alta percentuale da oltre l’arco professata da coach D’Antoni. In realtà la usage percentage di Paul nella scorsa stagione è stata di 24,3%, alta ma non simile alla tamburellante ossessione per la palla mostrata da Harden (34,1% di usage). Senza contare che poi in 48 minuti di partita è molto facile trovare spazio per entrambi. Con questa mossa Morey si è assicurato di vedere in campo ogni singolo istante almeno uno dei migliori creatori di gioco della lega e nei finali di partita due tra i migliori giocatori in grado di segnare punti dal nulla.
Con Chris Paul inoltre non dovrebbe calare nemmeno il rendimento difensivo, dal momento che Beverly è sicuramente un ottimo difensore sulla palla ma Paul è dal 2012 che viene inserito nel All-Defensive First Team. Una certezza in termini di rendimento inficiata dalla sola carta d’identità. Un’altra incognita può essere la tendenza di Paul a gravitare in area prendendo quei tiri che dalle parti di Houston sono banditi. Moreyball ormai è diventato un mantra in Texas e nemmeno l’arrivo di un fuoriclasse assoluto potrà modificarne i connotati. La ricerca di tiri ad alta percentuale e a massima efficienza (tiri liberi, layup o tiri da tre in soldoni) rimarrà la chiave del gioco dei Rockets alla quale Paul dovrà adattarsi senza nemmeno troppo sforzo. Se infatti le abilità in penetrazione non sono in discussione la solidità del suo tiro è comunque confortante dal momento che l’anno scorso ha tirato da oltre l’arco con il 41%. Non parliamo di un cecchino ma di un giocatore assai temibile che inoltre può attaccare sistematicamente i closeout e creare vantaggio una volta mossa la difesa.
Insomma se non è il compagno ideale per il Barba è comunque una superstar con qualità eccelse alle quali Morey non poteva rinunciare specialmente per un pacchetto di giocatori tutt’altro che determinanti. La mossa va letta come ulteriore step di avvicinamento verso la super potenza che alloggia alla Oracle Arena e potrebbe anche non essere finita qui. I Rockets infatti stanno sondando il terreno sia per Paul George che per Paul Millsap e hanno seria intenzione di sfruttare l’ascendente di CP3 per convincere Carmelo Anthony a lasciare New York e tentare la rincorsa all’agognato anello. Per potersi permettere i servizi di ‘Melo tuttavia bisognerà liberarsi del contrattone di Ryan Anderson, onere che al momento nessuno si vuole accollare. Inoltre per accorciare ulteriormente il gap che separa Golden State dal resto degli uomini serviranno giocatori di rotazione in grado di completare il dynamic duo appena formatosi. Ariza, Gordon e Capela sono più che discreti ma numericamente Houston è un po’ povera e sarà importante attingere dal calderone dei free-agent in maniera oculata per assicurarsi profili in grado di assimilare il gioco del neo Coach Of The Year.
La free-agency ancora non è iniziata e Morey ci ha già regalato il colpo da copertina di quest’estate di conseguenza non ci resta che aspettare e vedere se lo statista travestito da GM riuscirà a smuovere ancora le acque in direzione Larry O’Brien Trophy. L’inizio è promettente.
Credits to northwestern.edu