Primo Piano

Gallinari-Millsap: sliding doors necessarie

Prologo

Una presa di coscienza è d’obbligo per chi decida di parlare di Danilo Gallinari nel nostro paese: il Gallo è un giocatore che divide le opinioni dei fan. Non esistono zone grigie: quando viene sollevata una qualsiasi questione inerente all’ala della Nazionale, l’opinione pubblica si spacca nettamente. Il web è il campo di battaglia in cui si consuma l’eterno e sterile dibattito tra chi, probabilmente ancora abbagliato dalle sue gesta all’EuroBasket 2015, lo vede come un patrimonio nazional-popolare, e chi non perde occasione per insultarlo, incentrando le proprie invettive sulle ripetute assenze con l’Italbasket, il pessimo pre-olimpico disputato e il suo essere injury-prone (come se questo dipendesse in qualche modo da lui). Le numerose e sempre molto colorite uscite pubbliche più o meno recenti di Gallinari non hanno fatto altro che polarizzare ulteriormente le due fazioni, gettando benzina su un fuoco di cui il movimento nazionale non sembra aver particolarmente bisogno. Un simile humus nazionale rende difficile imbastire nei confronti del numero 8 un’analisi equidistante da entrambe gli schieramenti.
In ogni caso, spesso, le considerazioni inerenti a Danilo Gallinari non tengono minimamente conto di un elemento molto rilevante che ci sta particolarmente a cuore: il mutevole ma elevato status di cui l’azzurro gode in NBA, uno status che gli ha appena permesso di firmare un contratto triennale da 65 milioni.

Il Gallo è stato mandato dai Denver Nuggets ai Los Angeles Clippers all’interno di una sign-and-trade che ha visto necessario l’inserimento di una terza parte, gli Atlanta Hawks, e che ha portato anche una seconda scelta del 2019 proprio degli Hawks ai Nuggets; in Georgia sono andati Jamal Crawford, Diamond Stone e una scelta protetta top 3 nel 2018 dei Clippers. A latere di questa operazione, i Nuggets avevano già trovato l’accordo con Paul Millsap, che va, di fatto, ad occupare lo slot di Gallinari a livello di ruolo in campo e leadership. Una simile trade non ha, probabilmente, il potere di stravolgere definitivamente né la Lega né, più in piccolo, la sola Western Conference ma può certamente costituire un punto di svolta per le carriere dei giocatori coinvolti e la soluzione ad alcune necessità delle squadre interessate.

Persino gli Hawks, che hanno ricevuto un giocatore molto marginale nel panorama della lega come Stone e potrebbero tagliare Jamal Crawford (con Warriors e Lakers tra le altre alla finestra), hanno ottenuto qualcosa in un’estate in cui hanno rinunciato al proprio giocatore più rappresentativo. Raccattare la prima scelta appena giunta a Los Angeles nella Trade-Paul con una protezione appena in top 3 può essere un buon lenitivo. Per Atlanta si va, con ogni probabilità, verso un possibile tentativo di ricostruzione, dopo che il nucleo che ha portato alla finale di Conference 2015 è stato smantellato e l’esperimento-Howard è miseramente naufragato dopo una sola stagione. Gli scossoni ad Atlanta non sono mancati negli ultimi mesi e la prospettiva di rebuilding non dovrebbe comunque spaventare gli Hawks, forti di uno dei migliori coach della lega, Mike Budenholzer, in una città che preferisce decisamente il football alla pallacanestro e che, dunque, non dovrebbe rumoreggiare più di tanto per qualche stagione perdente.

Per i Denver Nuggets e i Los Angeles Clippers la trade assume, invece, contorni ben diversi: la corsa-playoff delle due squadra è un obiettivo alla portata. Cerchiamo, dunque, di analizzare cosa porta l’addio a Denver del Gallo (con il contestuale arrivo di Millsap) e il suo arrivo ai Clippers, provando a capire quale possa essere l’ impatto di questa mossa sulle due franchigie e quale possa essere il futuro del leader tecnico della nostra nazionale nella Lega.

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Pubblicato da
Jacopo Gramegna

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