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Il Pagellone del Mercato NBA: posizioni 12-7

Dopo aver analizzato i bassifondi e il limbo del mercato NBA 2017, è finalmente giunto il momento di affrontare le squadre che hanno, sino a questo momento, un bilancio estivo positivo. Quali sono le franchigie che occupano la parte alta del nostro pagellone?

 

12 • TORONTO RAPTORS Voto: 6,5

di Alessandro Zullo

 

Masai Ujiri è una garanzia. Toronto arrivava ad una delle offseasons più complicate degli ultimi anni, con decisioni dolorose e dirimenti da prendere, senza grandi margini di manovra e dopo l’ennesima sconfitta schiacciante subita per mano del Re. Ma il GM congolese non si è fatto prendere dal panico ed è stato bravo a piazzare una serie di operazioni da applausi.

Il problema più impellente dell’estate dei Raptors erano le situazioni di P.J TuckerPatterson, Ibaka Lowry, tutti free agent. Il punto di partenza era chiaro: capire chi tenere e chi no. Tenerli tutti era impossibile, a meno di non condannarsi ad anni di luxury tax molto gravose. In questo contesto, la scelta di Ujiri è stata tanto la più scontata quanto la più razionale: i primi due vanno (Tucker a Houston e Patterson a Oklahoma), gli ultimi due restano. Lowry è uno dei leader di questa squadra, e sarebbe stato poco saggio perderlo, mentre tra Ibaka e Patterson – ovvero due giocatori molto simili – si è deciso di puntare ancora sul primo nonostante le ultime stagioni non entusiasmanti.

Credits to thesportsquotient.com

Ujiri è riuscito non solo a convincere i due a rimanere ma anche a firmare due contratti triennali (quando avrebbero potuto essere decisamente più lunghi e gravosi, specie quello di Lowry), cosa impensabile prima dell’inizio della free agency. L’accordo di 150 milioni complessivi per entrambi per i prossimi tre anni, è incredibilmente vantaggioso per i Raptors per due motivi.

Il primo è che Lowry ha comunque 31 anni, e pensare che tra tre stagioni – se va bene – possa non essere più un giocatore decisivo è assolutamente legittimo; firmarlo con un triennale permette quindi di non legarsi ad un contratto, comunque oneroso, per un tempo superiore a quello che verosimilmente lo giustificherà in termini tecnici. Il secondo motivo è che se tra qualche anno i Raptors dovessero decidere di buttare giù tutto e iniziare il rebuilding, pensare di muovere il triennale a poco più di 20 milioni di un giocatore come Ibaka  non dovrebbe essere impresa eccessivamente ardua. Il tutto, però, con una premessa basilare assolutamente imprescindibile, ovvero che Ibaka torni ad essere Ibaka, perché quello visto quest’anno, prima a Orlando e poi a Toronto, è un giocatore che probabilmente nemmeno si sarebbe meritato la riconferma a danno di Patterson. Qui però non possiamo fare altro che rimetterci a lui e a coach Casey.

Serge, ci manchi. Ci manchi, tanto

Toronto si è mossa in maniera interessante anche al draft, scegliendo OG Anunoby. Se quel ginocchio ci sono molti presupposti per la steal of the Draft 2017. Le incerte condizioni fisiche lo hanno fatto scivolare fino alle ventitreesima scelta, ma Ujiri ha deciso di puntarci e l’azzardo – parere di chi scrive – è assolutamente giustificato, perché, se sano, questo potrebbe essere davvero il 3&D che doveva essere (e che non è mai stato) Carroll.

Come si difende in 1-vs-1

Ma l’estate dei Raptors non è finita qui. Toronto doveva alleggerirsi il cap, salito ben oltre il limite dopo i rinnovi di Lowry e Ibaka, obiettivo centrato da Ujiri scaricando il contratto di DeMarre Carroll. I canadesi hanno dovuto cedere anche due pick per convincere i Brooklyn Nets ad accettare i 30 milioni garantiti per i prossimi due anni di contratto, ma era una mossa inevitabile. Il mastino ammirato ad Atlanta non si è mai visto oltre il confine e, oltre ad aver risparmiato dei bei soldi, Toronto adesso spera nella definitiva esplosione di Norman Powell.

Molto bene anche la sign-and-trade con Indiana che ha portato Cory Joseph alla corte di Larry Bird e CJ Miles in Canada a cifre anche molto ragionevoli (25 milioni in 3 anni). Per una squadra che deve necessariamente allargare il campo (ve la ricordate la serie contro Cleveland e i raddoppi sistematici su DeRozan?) un tiratore dall’arco col 41% su 5 tentativi abbondanti non può che essere manna dal cielo.

L’unica nota negativa dell’estate dei Raptors arriva da quello che, almeno per il momento, non si è riusciti a fare: piazzare Valanciunas. Sia chiaro: Valanciunas non è un pessimo giocatore. Ma per una franchigia che può vantare due prospetti molto interessanti nello stesso ruolo come Poeltl e Siakam, e che ha appena rinnovato Ibaka (destinato nel proseguimento della carriera a giocare sempre più minuti da centro) dare 15 milioni l’anno al lituano non sembra una cosa molto vantaggiosa. Ujiri sta provando a cercare possibili acquirenti interessati in tutta la Lega, e se dovesse riuscire in questa ultima “impresa” allora sì che l’estate canadese potrebbe dirsi perfetta.

 

11 • DENVER NUGGETS Voto: 6,6

di Federico Ameli

 

Dopo anni di vacche decisamente magre, sembra essere spuntato finalmente il sole tra le montagne del Colorado. L’emblema di questa inversione di tendenza è inequivocabilmente rappresentato dalla firma di Paul Millsap: non tanto perché Denver si porta a casa un giocatore d’esperienza e dotato di un QI cestistico che ben pochi possono vantare; quanto per il fatto che lo stesso Millsap, che aveva diverse proposte sul piatto, abbia deciso di sposare la causa dei Nuggets nonostante storicamente Denver non costituisca esattamente la meta più ambita da ogni free agent.

L’ex stella degli Atlanta Hawks è arrivato dopo una sign-and-trade che ha coinvolto anche i Clippers (e che ha visto Danilo Gallinari approdare proprio nella città degli angeli) ed andrà a comporre con Jokic una delle coppie di lunghi più intriganti della prossima stagione. È difficile capire adesso se l’aggiunta di Millsap basterà per centrare un posto ai playoff in una Western Conference più agguerrita che mai, ma i 90 milioni versati nelle tasche del prodotto di Luisiana nei prossimi tre anni aiuteranno il talentuosissimo core della franchigia a crescere e migliorarsi sempre di più.

Nella notte del draft i Nuggets hanno deciso di fare trade down, cedendo i diritti della loro tredicesima scelta agli Utah Jazz, che hanno mandato in Colorado Trey Lyles e la ventiquattresima scelta, poi spesa per Tyler Lydon. Sebbene la decisione del front office potrebbe essere passibile di contestazione, Denver aggiunge un lungo versatile e con doti di playmaking notevoli che, nonostante sia reduce da una brutta stagione, dopo un primo anno decisamente incoraggiante, resta un valido giocatore di rotazione in grado di allungare la rotazione di coach Malone. Per quanto riguarda la ventiquattresima pick, Tyler Lydon rappresenta una scommessa a basso costo in quanto, al pari del suo nuovo compagno d’armi, è reduce da un 2017 da dimenticare che ne ha fatto crollare le quotazioni in ottica Draft, ma le sue doti balistiche potranno togliere diverse castagne dal fuoco in uscita dalla panchina.

Credits to www.bleacherreport.com, via Google

Le aggiunte di Millsap e Lyles a roster impongono delle riflessioni di carattere numerico: Mason Plumlee, in virtù dello scarso interesse dimostrato dalle altre franchigie, potrebbe rifirmare a cifre contenute, ma è evidente come Kenneth Faried rischi di veder diminuire sensibilmente i minuti a sua disposizione: The Manimal, che attualmente è il secondo giocatore più pagato della squadra, potrebbe pertanto finire sul mercato per arrivare ad una pedina più funzionale alle esigenze della franchigia.

In definitiva, i Nuggets potrebbero aver posto le basi per la rinascita di una franchigia che da troppe stagioni a questa parte stazionava nei bassifondi della Western Conference. Sebbene le operazioni condotte dal duo Connelly-Karnisovas non siano state sufficienti per guadagnarsi un posto al sole nella top 10 della nostra classifica, i tifosi dei Nuggets possono guardare con fiducia al futuro e, per la prima volta dopo tanti anni, anche al presente.

 

10 • LOS ANGELES CLIPPERS Voto: 6,7

di Jacopo Gramegna

 

I Clippers sono una delle squadre maggiormente rivoluzionate dal mercato. Una rivoluzione partita nel front-office, con l’arrivo di Jerry West, e proseguita tra addii, free agency e trade. Che Los Angeles fosse destinata ad essere scenario di una vasta migrazione ce lo si aspettava: hanno salutato Paul Pierce, fresco di ritiro, Brandon Bass, Raymond Felton, Mareese Speights, Alan Anderson e Luc Richard Mbah A Moute, tutti in scadenza di contratto e tutti con pochissime possibilità di essere rinnovati. Era pure prevedibile che i Clippers dovessero fronteggiare gli addii di alcuni elementi fondamentali: la squadra ha vissuto le migliori stagioni della propria storia nel recente passato ma non si è mai avvicinata ad essere una contender, dunque le possibilità che il core di L.A. venisse smembrato erano alte. Ed infatti, come prevedibile, qualcuno ha abbandonato la barca. Ma nonostante le partenza di Chris Paul, J.J. Redick e Jamal Crawford i Clippers emergono dal vortice del mercato NBA con un voto largamente positivo, sintomo che la franchigia è stata poco a piangersi addosso ed ha saputo reagire.

Già nella notte del draft i velieri si sono mossi con competenza, malgrado fossero in possesso di una sola seconda scelta alla vigilia del draft. In cambio di cash consideration hanno ottenuto la pick numero 39, scelta ricaduta poi su Jawun Evans, point guard da Oklahoma State: un talento che sarebbe entrato in lottery se non fosse stato per la propria taglia ridotta. Assieme ad Evans è arrivato Sindarius Thornwell, uno dei migliori senior in circolazione, nonché trascinatore dei South Carolina Gamecocks fino alle scorse Final Four. Due scelte mirate sugli esterni, atte a ringiovanire un reparto che si sarebbe svuotato di molte caselle nel corso dell’estate.

A pochissimi giorni dall’inizio della free agency i Clippers hanno dovuto definitivamente rinunciare alle speranze di poter trattenere Chris Paul. In quella che è stata finora la trade dell’estate, il numero 3 è volato a Houston in cambio di un pacchetto impressionante. A Los Angeles son giunti Lou Williams, Patrick Beverley, Sam Dekker, Montrezl Harrell, Darrun Hillard e Kyle Wiltjer, oltre ad una prima scelta 2018. Wiltjer e Hillard sono stati immediatamente tagliati, mentre il resto del pacchetto sarà, con ogni probabilità, parte integrante della rotazione di coach Rivers. Sulle capacità di guastatore offensivo dalla panchina di Lou Williams e sulla consistenza difensiva sugli esterni di Beverley non vale neanche la pena dilungarsi. Harrell e Dekker, invece, reciteranno la parte delle alternative energiche, ma molto dipenderà dall’efficacia del primo come rollante e dalla continuità al tiro del secondo. In ogni caso i Clippers hanno evitato la seria possibilità di perdere Chris Paul a zero ottenendo giocatori di valore subito spendibili per il progetto: un risultato meraviglioso viste le premesse.

Pat Beverley e Lou Williams, nuovi arrivati a Los Angeles (Credits to Zimbio)

Subito dopo la trade è arrivato il rinnovo faraonico di Blake Griffin: 173 milioni in 5 anni per l’ex Oklahoma Sooners, che a tutti gli effetti si erge a nuovo depositario indiscusso del futuro degli angeleni. Il rinnovo di Griffin, già di per sé fondamentale, ha dato nuova linfa al mercato di L.A. e, nonostante l’addio (preventivabile) di JJ Redick i Clippers hanno continuato a muoversi, imbastendo una sign-and-trade che ha portato ad Danilo Gallinari nella città degli angeli con un triennale da 65 milioni di dollari, ed ha visto l’addio del contrattone di Jamal Crawford (oltre a Diamond Stone e la prima scelta appena ricevuta da Houston).

Come già scritto, il Gallo è un profilo di cui i velieri avevano un enorme bisogno: un’ala versatile che risponde ad esigenze diffuse come tiro, playmaking, QI cestistico e freddezza nei momenti decisivi. Gallinari permette finalmente ai Clips di avere un tre di valore e completare uno dei front-court più intriganti della Lega con Griffin e Jordan. Perso Paul serviva, però, un playmaker che si avvicinasse al magistero di CP3 nelle letture dei pick and roll e che sopperisse in buona parte al deficit di talento e gestione dell’attacco lasciata dall’ex Wake Forest: la scelta è ricaduta su Milos Teodosic, il miglior giocatore del globo a non aver mai giocato in NBA secondo numerosi esperti. Con un biennale da 12.3 milioni, il playmaker serbo si accasa nella metà meno vincente di L.A. e si prende automaticamente la cabina di regia più scomoda della lega: quanti hanno le spalle sufficientemente larghe per sedere sullo scranno di Chris Paul? Teodosic potrebbe averle. I Clippers lo sanno e hanno puntato su di lui con un colpo che bilancia perfettamente l’aspetto mediatico e quello tecnico, il sensazionalismo e le necessità.

Immaginate che dall’altra parte degli arcobaleni ci siano Griffin e Jordan…

Nel giro di un’estate è cambiato quasi tutto in casa Clippers: la metà meno nobile di Los Angeles ha condotto un mercato intrigante ed ambizioso, che viste le premesse scaturite dall’addio di CP3 non era così scontato aspettarsi. I ragazzi di Doc Rivers avranno le loro chance di giocarsi un posto ai playoff nella prossima stagione, nonostante la vasca di squali della Western Conference, e già questo non è poco. C’è di certo che la squadra, così com’è, non sarà in grado di competere e questo potrebbe mettere nel medio-lungo periodo i velieri in una posizione scomoda. Ma insomma, per un’estate di cambiamenti enormi come questa direi che i tifosi dei Clippers possono ritenersi soddisfatti.

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