Dove eravamo rimasti?
Dopo cinque lunghissimi e altrettanto improduttivi anni, Anthony Davis si è finalmente potuto sbarazzare delle ingrate vesti di predicatore nel deserto. Già, perché in cambio di Buddy Hield (che pur essendo uno dei giovani più Nba ready della scorsa Draft Class non è riuscito a fare breccia nel cuore dei tifosi), Langston Galloway e Tyreke Evans, il front office dei Pelicans si è accaparrato le prestazioni di DeMarcus Cousins nell’ambito di uno scambio orchestrato sul filo della trade deadline che ha spiazzato persino gli addetti ai lavori… Boogie compreso.
Con la consapevolezza di essere nell’Anno Domini 2017, in un’era cestistica dominata dallo Small Ball, schierare due lunghi con un’imbarazzante predisposizione a far finire il pallone sul fondo della retina, in grado all’occorrenza di dare filo da torcere agli avversari anche nella propria metà campo, è un lusso che pochi allenatori possono permettersi. Alvin Gentry è uno di quelli e, sebbene la squadra abbia faticato non poco ad assimilare i suoi insegnamenti (13 sconfitte nelle prime 14 partite senza avere Sam Hinkie a libro paga rappresentano un piccolo record), dopo un fisiologico periodo di adattamento è riuscito a convogliare lo sterminato potenziale delle sue due stelle nei suoi piani tattici, seppur con alterne fortune.
Foto molto probabilmente relativa al fisiologico periodo di adattamento (credits to www.sportingnews.com, via Google)
Qualche sconfitta di troppo nelle ultime cruciali partite ha precluso quella corsa playoff alla quale i ragazzi di Gentry erano stati quasi costretti a partecipare dopo l’arrivo di Cousins, ma il vero problema è stato allestire una squadra che potesse ragionevolmente puntare a quel traguardo sfuggito nello scorso aprile. Anche a causa della scellerata politica sui rinnovi contrattuali messa in atto nelle scorse stagioni (Solomon Hill e Omer Asik ringraziano sentitamente), l’offseason in quel di New Orleans non è stata di quelle indimenticabili. Se è vero che il meritato rinnovo di Jrue Holiday e gli arrivi di Ian Clark e Rajon Rondo rappresentano, per motivi diversi, delle operazioni non proprio malvagie, il poco spazio salariale a disposizione ha sicuramente complicato i piani del GM Dell Demps, costretto a rinunciare all’assalto di free agent di primo piano per ripiegare sui vari Cooke, Jackson, Jones e Miller, oltre che sull’inossidabile Tony Allen, il cui arrivo è stato reso indispensabile dall’infortunio al tendine del ginocchio sinistro del ben pagato Hill, che lo terrà fermo ai box per i prossimi sei mesi.
Punti di forza e punti deboli
Inutile dire che l’attenzione di avversari e addetti ai lavori sarà rivolta quasi esclusivamente alle Twin Towers di casa Pelicans. Nelle 17 partite in cui ha avuto i due lunghi a disposizione, Gentry ha schierato Cousins da ala grande, lasciando formalmente a Davis il ruolo che ricopriva prima dell’avvento dell’ex Kings, sebbene poi, nelle diverse situazioni di gioco, la fornitissima faretra offensiva di cui Cousins e Davis dispongono fa sì che i due possano alternarsi tra post alto e basso senza troppi problemi. Dati alla mano, è evidente come Cousins sia stato costretto a rivedere il suo stile di gioco: le triple tentate sono aumentate da 4,9 a 5,6 a partita e sono andate a bersaglio il 37,5% dei casi, a dispetto del 35,6% fatto registrare nella prima parte di stagione in California. Cousins tira di più e meglio dalla linea dei tre punti, il che è sicuramente un passo importante nel processo di trasformazione che potrebbe allontanarlo dal pitturato per aprire spazi importanti per il suo nuovo compagno di merende. In definitiva, l’impatto sulla fase offensiva dei Pelicans è stato positivo – Davis e compagni sono passati dal segnare 102,3 punti in 100 possessi al realizzarne 105,5 – e tutto sommato, dati i valori in gioco, si tratta di una conclusione che sorprende relativamente.
Tuttavia, è nella metà campo meno glamour che Cousins da sempre pecca di indolenza, il che nel lungo periodo potrebbe condizionare l’efficienza difensiva della truppa di coach Gentry. La difesa dei Pelicans ha incassato mediamente 104,9 punti in 100 possessi, dato che permette loro di vantare il nono miglior Defensive Rating della lega, nonché la quarta piazza nella classifica delle stoppate (5,5 a partita). Buona parte del merito di questi risultati, oltre che ai meccanismi difensivi ideati da Alvin Gentry, vanno all’abnegazione, al talento e alle 2,2 stoppate di media di Anthony Davis, il quale però, trovandosi a convivere con un compagno indolente che tende a concedersi qualche pausa di troppo nella propria metà campo, rischia di essere chiamato agli straordinari e di dover concedere qualche punto in più o ad essere meno incisivo nei pressi del canestro avversario. In questo senso, uno specialista del calibro di Tony Allen dovrebbe poter togliere diverse castagne dal fuoco, ma è chiaro che anche Cousins sarà chiamato a dare il suo contributo se vorrà evitare di prenotare le vacanze già a metà aprile.
Se dovessimo indicare il colpo dell’estate dei Pelicans, sarebbe obiettivamente difficile non citare l’approdo di Rajon Rondo in Louisiana. In realtà, se fino a qualche anno fa staremmo parlando con tutta probabilità del trasferimento dell’anno, ad oggi l’arrivo di Rondo spicca soltanto in relazione alla scarsa risonanza dell’offseason portata avanti, per forza di cose, dalla dirigenza dei Pelicans. Fermo restando che, come dimostrato nella serie di Playoff contro i Celtics, se inserito nel giusto contesto ed adeguatamente responsabilizzato, Rondo sa ancora come scardinare le difese avversarie, l’investimento del front office dei Pelicans rischia di pagare più dazi che dividendi. Alla luce dei 25 milioni che la dirigenza verserà nelle tasche di Jrue Holiday per i prossimi quattro anni – cifra che attualmente fa di lui il giocatore più pagato della squadra – l’arrivo di un giocatore caratterialmente ingombrante come Rondo, seppur a cifre decisamente contenute, rischia innanzitutto di creare dei problemi a livello di spogliatoio.
“Il pallone è mio e chi gioca lo decido io!” (credits to www.nba.com, via Google)
A questo proposito, pare che coach Gentry stia pensando di spostare Holiday nello spot di guardia per facilitare la convivenza tra i due, ma così facendo ridurrebbe drasticamente i possessi autonomamente gestiti dal prodotto di UCLA, una delle poche note liete della scorsa stagione. Inoltre, Rondo e Cousins hanno già condiviso lo spogliatoio ai tempi di Sacramento e l’esperimento, per usare un eufemismo, non dette i frutti sperati. Restando in tema, bisognerà fare i conti anche con l’aspetto caratteriale dello stesso Cousins, uno dei lunghi più forti in circolazione, ma con una personalità difficilmente gestibile: nelle 17 partite fin qui disputate con la canotta dei Pels non sono emersi troppi problemi, ma la stagione è lunga e il contratto in scadenza a fine stagione non promette nulla di buono.
Al di là dei problemi di convivenza tra i vari giocatori, c’è un aspetto prettamente tecnico che non può essere sottovalutato. Allo stato attuale, la presenza di due dominatori del pitturato come Davis e Cousins mal si coniuga con un backcourt che, fatta eccezione per Holiday, non annovera degli specialisti dal perimetro e che di conseguenza potrebbe portare a delle spaziature tutt’altro che ottimali: sebbene sia reduce dalla sua migliore stagione da questo punto di vista (37,6% dall’arco), in caso di necessità Rondo sarà “battezzabile” senza troppi rimpianti dai difensori avversari, e lo stesso dicasi per Tony Allen, non esattamente il tipico 3&D tanto richiesto nell’Nba dei giorni nostri. Se a tutto questo aggiungiamo una chimica di squadra tutta da verificare e la preoccupante propensione agli infortuni di Holiday e Davis, è evidente come i dubbi che aleggiano intorno ai ragazzi di coach Gentry siano quantomeno giustificabili.
Scenario migliore
Firmata la pace con Rondo, Cousins dà il massimo in entrambe le metà campo e va a formare un formidabile mix di tecnica e potenza insieme ad Anthony Davis, che riesce a tenersi alla larga dall’infermeria; nel frattempo, Rondo inizia a mettere dentro qualche tripla in più e Holiday si rivela essere un grande giocatore off the ball. La squadra inizia a carburare, stacca il pass per i Playoff, ma di fronte ad una delle tante corazzate dell’Ovest deve dire addio ai sogni di gloria. Ad ogni modo, Boogie si convince della bontà del progetto Pelicans e decide di rimanere a New Orleans, che di colpo diventa una meta non così disprezzabile in ottica offseason 2018.
Scenario peggiore
Le cose non vanno come previsto, Cousins inizia a perdere la pazienza e il fragile equilibrio di squadra si disintegra una volta per tutte. Come se non bastasse, i guai fisici tornano a tormentare Holiday e Davis, con un isterico Rondo e il Boogie furioso a contendersi la leadership di una squadra che si ritrova a naufragare nei bassifondi della Western Conference. A fine stagione i due litiganti fanno le valigie, lasciando il povero Davis dinanzi ad un bivio: rischiare di perdere altri due anni in un contesto neanche lontanamente competitivo o richiedere ufficialmente uno scambio in grado di porre fine alla sua agonia.
Pronostico
Anche quest’anno ci sentiamo di sostenere che la profezia di Gentry non si avvererà. Tuttavia, fermo restando che almeno buona parte degli otto posti disponibili per la postseason sembrano essere già incontrovertibilmente assegnati sulla carta, infortuni permettendo, le probabilità che Davis e compagni si ritrovino (seppur senza alcuna ambizione) tra le prescelte per contendersi l’anello non sono poi così basse. È davvero difficile credere che questi Pelicans possano riuscire a superare lo scoglio rappresentato dal Primo Turno della Western Conference, ma la truppa di coach Gentry sembra avere le carte in regola per poter puntare ai Playoff, seppur con un seed decisamente basso.
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