Bobby Portis si appresta a incominciare la sua terza annata nella NBA ancora in maglia Chicago Bulls, una delle franchigie che ha cambiato più elementi rispetto alla passata stagione. Una mini-rivoluzione nella Windy City dove quattro quinti dello starting five ha salutato la compagnia: Dwyane Wade si è ricongiunto con l’amico LeBron James in quel di Cleveland, Rajon Rondo ha trovato sistemazione a New Orleans mentre la coppia Jimmy Butler–Taj Gibson è migrata a Minneapolis.
L’unico superstite del quintetto base è Robin Lopez, cui Portis ambisce a fare da spalla sul parquet sin dalla palla a due e non solo a partita in corso. Nei primi due anni da pro, il prodotto di Arkansas ha messo insieme appena 17 partenze nel quintetto base con 8.1 punti e 5.7 rimbalzi di media in queste occasioni. Le sue cifre calano invece prendendo in considerazione il minutaggio complessivo delle sue prime due stagioni nella Lega: 6.9 punti e 5 rimbalzi di media in 16.7 minuti d’impiego.
Portis vuole sovvertire questo trend fin da subito nell’annata alle porte, come dichiarato a K.C. Johnson del Chicago Tribune.
Partiamo col dire una cosa: quest’anno voglio diventare uno starter. Dentro di me sento di aver giocato meno di quello che meritavo nelle mie prime due stagioni nella NBA. Quest’estate ho lavorato moltissimo, credo di avere l’opportunità di poter migliorare ancora di più nel corso dell’anno. Mi sento un giocatore diverso, più maturo.
Portis è un lungo dalla grande fisicità, lottatore sotto le plance e ottimo rimbalzista: la sua buona attitudine nella metà campo difensiva compensa le lacune in quella offensiva, dove non ha un gioco in post basso solido né tanto meno un tiro dalla lunga distanza affidabile. Se riuscirà ad ampliare il suo range come tiratore, la sua candidatura come 4 titolare nello scacchiere di coach Fred Hoiberg potrebbe divenire molto più che una semplice idea.