Dove eravamo rimasti?
Sono quattro anni che Portland vince sempre meno partite. Della squadra che ha distrutto Houston in quella serie di Playoffs è rimasto poco e nulla. In quintetto partiva Lillard al secondo anno, Wes Matthews prima dei vari infortuni, Nicolas Batum, LaMarcus Aldridge e Robin Lopez. CJ McCollum ed Allen Crabbe erano solo due rookies. Un problema di Portland è stato quello di aver scelto molto bene (ehm, nell’ultimo lustro) e non aver dato un seguito alle ottime chiamate. Tipo: Crabbe alla 31 nel 2013 è un colpaccio. Poi però ha dimostrato di non valere i soldi che Portland ha dovuto mettere sul piatto per tenerselo l’estate scorsa, e dopo una stagione piuttosto grigia i Blazers hanno deciso di liberarsene. Damian Lillard stesso era un senior in uscita dal piccolo college Weber State e nello stesso Draft 2012 arrivò anche Meyers Leonard. L’anno dopo, i Blazers scelsero alla #10 un altro senior da un ateneo ancora più sconosciuto: CJ McCollum da Lehigh e dovessimo rifare oggi il Draft 2013 andrebbe #2. Questi tre giocatori sono rimasti al soldo di Portland, ma nella stagione 2019/2020 andranno per 70mln in 3 ed è improbabile che possano portarti alle Finals. Anche per questo il GM Neil Olshey è super aggressivo da anni a questa parte, win-now mode sempre inserito e senza remore nel far scucire parecchi denari al proprietario, Paul Allen, che tra le altre cose ha co-fondato Microsoft e possiede anche i Seattle Seahawks della NFL. Ma torniamo a Portland perché, come detto, non si vince.
Altre mosse aggressive dei Blazers:
- offrire un contratto da 10mln all’anno a Mo Harkless dodici mesi dopo l’arrivo per una seconda scelta;
- firmare Evan Turner per 70mln in 4 anni;
- cedere Batum a Charlotte per Noah freakin’ Vonleh;
- firmare Al-Farouq Aminu per 30mln in 4 anni; firmare Ed Davis per 20mln in tre anni. Sommati ai contratti di cui sopra, è chiaro che la flessibilità salariale di Portland per il prossimo decennio è irrimediabilmente compromessa.
Una trade, tuttavia, potrebbe essere la chiave di volta. L’anno scorso infatti, a Denver si sono stancati dell’irriverente flaccidità di Jusuf Nurkic, l’hanno impacchettato con una prima scelta e spedito a Portland per un Mason Plumlee in scadenza. I Blazers sono riusciti ad agguantare l’ottavo posto grazie a questa trade, visto che con Nurkic le cose sono andate benissimo. Il centro bosniaco ha perso peso in estate ed è arrivato pronto al training camp: con lui dall’inizio della stagione le cose potrebbero farsi estremamente interessanti. Nurkic, la prossima estate, rifiuterà la qualifying offer che Portland gli sottoporrà per diventare un restricted free agent (sempre che non rinnovi prima coi Blazers). Se la stagione andrà bene come il finale della scorsa, Nurkic verrà pagato molto bene e Portland semplicemente non avrà tanti soldi da offrirgli. Ecco perché è lecito aspettarsi un’altra trade sanguinosa per i Blazers, che già hanno rinunciato a Crabbe e forse, per concentrare il nucleo su Lillard-McCollum-Nurkic, dovranno sacrificare un altro contratto ingombrante (Evan Turner? Leonard?).
Occorre inoltre soffermarsi su ciò che è avvenuto in sede di Draft 2017. Portland aveva, oltre la propria chiamata (#15), quella arrivata da Denver con Nurkic (#20). Entrambe sono state scambiate con la #10 dei Sacramento Kings, così ai Blazers è arrivato Zach Collins, l’erede spirituale e tecnico di Domantas Sabonis a Gonzaga University. Il trade-up è stato indolore perché Portland aveva un’altra scelta late-20s, arrivata da Cleveland quando spedì nell’Oregon il contrattone di Anderson Varejão. É stata spesa per Caleb Swanigan, un altro lungo, sophomore da Purdue. Portland ha – correttamente – voluto trovare alternative ad un’eventuale partenza di Nurkic (che se proprio spacca i culi quest’anno sarà tenuto al costo del sangue) e rimpolpare un frontcourt scarno.