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Chicago Bulls Preview: Il vento gelido del rebuilding

Punti forti e punti deboli

Per la prima volta, da quando scelsero Derrick Rose nel 2008, il rapporto tra strengths and weaknesses dei Chicago Bulls pende pericolosamente in favore delle seconde.

La trade che ha coinvolto Jimmy Butler (e il recente buyout di D-Wade) ha ridimensionato pesantemente il valore della squadra privandola non solo del miglior difensore (nonché uno dei migliori della lega vicino e lontano dalla palla) ma anche dello scorer più prolifico delle ultime tre stagioni. Con Butler in campo i Bulls segnavano circa venti punti in più ogni cento possessi, quando era seduto la squadra soffriva tremendamente; questo perché il prodotto di Marquette University non è solo un tiratore accettabile (44% dal campo in carriera, lo scorso anno 36% da 3) ma anche un abile procacciatore di liberi avendone conquistati 8,9 la scorsa stagione, meno dei soli Harden, Westbrook e Cousins.

Al suo posto come detto sono arrivati dei giocatori acerbi con grandi margini di miglioramento ma difficilmente in grado di contribuire significativamente alla causa già dalla prossima stagione. Partendo da Zach LaVine il discorso non può prescindere dai suoi problemi fisici: la lesione del legamento crociato anteriore gli impedirà di scendere in campo verosimilmente fino a dicembre (considerando che i progetti di rebuilding dei Bulls non impongono fretta) e una volta tornato non è detto che riprenda il discorso da dove l’avesse lasciato.

Quindi più o meno da qui

Durante le 47 partite giocate ha tenuto medie di tutto rispetto viaggiando a 18,9 punti a partita con il 45,9% dal campo. Giocatore che si potrebbe rivelare molto utile nelle transizioni offensive così come in situazioni da playbook, LaVine deve ancora migliorare le sue doti di playmaking (appena 3 assist a partita la scorsa stagione) oltre ad avere dei limiti strutturali nella metà campo difensiva.

Diverso invece il discorso per l’altra point guard proveniente da Minnie. Kris Dunn era considerato da molti il più probabile Rookie of the Year della stagione 16/17 ma si è rivelato un giocatore con massicce lacune nella metà campo offensiva. Nonostante le 78 partite giocate non ha mai mostrato lampi di talento tali da convincere il Front Office dei T’Wolves a confermarlo come playmaker del futuro e anzi, nonostante la cessione di Rubio, non ha esitato ad inserirlo nel pacchetto per arrivare a Butler. Dunn è fisicamente pronto; ha 23 anni e un atletismo degno di una moderna point guard, ma il suo range di tiro è troppo limitato, così come gli assist messi a referto (2,4 a partita) per uno che gli ultimi due anni di college viaggiava a 7 passaggi vincenti ad allacciata di scarpa. Indicazioni positive arrivano quando sono gli altri ad avere la palla, dal momento che il ragazzo sa far valere il suo fisico coadiuvato da buoni istinti. L’idea è che Dunn, lavorando parecchio, possa aspirare a diventare una point guard alla stregua di un Pat Beverly ad esempio, ma di certo sono discorsi che per ora non interessano i Bulls poiché quel livello è ancora lontano dall’essere raggiunto.

Peccato perché quando si accende dimostra anche un IQ cestistico niente male.

Più di attualità è invece il ruolo che dovrà ricoprire Lauri Markkanen. Il lungo finlandese è arrivato tra lo scetticismo generale ma sono bastate un paio di settimane di Eurobasket per convincere fan e addetti ai lavori che il ragazzo ha talento, e pure parecchio. Tiratore di livello sbalorditivo (42,3% da 3 nel suo unico anno ad Arizona, addirittura 47,8% agli europei) nonostante i 213 centimetri è in grado di mettere palla per terra sia in situazioni di post basso, sia per punire i close-out dei difensori. Nella rassegna continentale soltanto Shved, Schroder e i due Bogdanovic hanno collezionato più punti a partita del finlandese a dimostrazione che il set di soluzioni offensive a disposizione del nuovo giocatore dei Bulls è degno del palcoscenico NBA.

Difendetelo voi un pick and pop con il lungo che ha sto rilascio del pallone

Al college si è affermato anche come affidabile rimbalzista e la sua velocità di piedi gli permette di non deragliare contro pari ruolo più atletici. Bisognerà sicuramente lavorare sulla massa muscolare e sull’esplosività, fattori importanti per qualsiasi lungo NBA, ma il materiale grezzo a disposizione di coach Hoiberg è di primissima qualità. Con la fresca cessione di Wade il roster dei Bulls è assemblato per uno scopo preciso: perdere. Le nuove regole in materia di draft entreranno in auge nel 2019, quindi questo è l’ultimo anno buono per esprimere tutte le potenzialità del tanking selvaggio. In una squadra con pochissimi punti di forza riducibili forse ad un ossatura difensiva che pur orfana di Butler con Lopez, Dunn, Portis potrebbe evitare figuracce almeno nelle mura amiche dello United Center. Per il resto coach Hoiberg è chiamato a sviluppare il talento presente a roster concedendo minuti pesanti ai vari Markkanen, Portis, Dunn, Payne, LaVine (quando tornerà), cercando di costruire una spina dorsale solida dalla quale ripartire nel 2018 con l’aggiunta di un pezzo da novanta al succulento draft del prossimo giugno.

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Pubblicato da
Paolo Stradaioli

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