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Kareem Abdul-Jabbar: Coach Wooden and Me

Racchiudere le emozioni di un rapporto cinquantennale nei bordi cartacei di un libro non dev’essere stato facile, neanche per una penna raffinata ed esperta del calibro di Lew Alcindor a.k.a Kareem Abdul-Jabbar. Il fenomeno ex Bucks e Lakers è riuscito in questa ardua impresa, e l’ha fatto in grande stile. Le pagine scorrono agilissime, tra riflessioni sulla propria adolescenza e maturità, sulle spinose vicende politiche del tempo e sulla propria visione di concetti elevati quali, ad esempio, la morale religiosa e l’etica sportiva.
Muovendosi lungo la sottile linea emozionale della vita di Kareem, si ha libero accesso a territori inimmaginabili. Dalla sicurezza del proprio nido nella New York di fine anni ‘50, si viene catapultati nell’esplosiva Los Angeles degli anni ’60 e ’70 (e non solo). Proseguendo il tragitto, si ha la possibilità di marciare sul ponte Edmund Pettus (a Selma, Alabama) al fianco di Malcom X prima e di Martin Luther King poi, così come di approdare a Cleveland ed accompagnare il diciassettenne Kareem a discutere di diritti civili degli afroamericani assieme a (tra gli altri) Muhammad Alì, Bill Russell, Jim Brown (leggenda del football americano) e Carl Stokes (primo sindaco afroamericano nella storia USA).
Trovare qualcuno che abbia vissuto un numero così elevato di eventi significativi in un lasso di tempo così breve è quasi impossibile. Quasi, appunto. Sulla frenetica vita cestistica e non di Kareem ha sempre vegliato la figura paterna di John Wooden. Solo a scriverne il nome, vengono i brividi. Lo spessore di quest’uomo è senza pari nell’universo sportivo americano. Per un ragazzo nato in una cittadina di campagna dell’Indiana, le giornate non potevano che trascorrere identiche l’una all’altra. Lavorare i campi assieme al papà durante il giorno, giocare a baseball o basket (con delle palle fatte di stracci) con i suoi fratelli nel pomeriggio e leggere qualche passo della Bibbia di sera: questi erano i suoi passatempi giovanili, intervallati da qualche sporadica serata in compagnia degli amici. Solo in seguito Coach W avrebbe compreso che la sua forza sarebbe derivata proprio da quelle poche, ma saldissime certezze (su cui è incentrata la sua celebre “Piramide del successo”, fonte di ispirazione per centinaia di migliaia di atleti e non).
Dopo anni trascorsi ad insegnare letteratura nei Licei e ad allenare squadre non dal grandissimo blasone, arriva l’opportunità di coronare il sogno di una vita: andare ad allenare nella University of Minnesota!
Per il capitolo “sliding doors eccezionali e dove trovarle”, all’interno del libro viene spiegata l’esatta (e curiosa) ragione per la quale l’uomo dai saldi principi John Wooden, tuttavia, non poté accettare la proposta proveniente da Minneapolis e si ritrovò costretto a sposare la causa di UCLA che, nel 1948 (anno del suo arrivo), era un college sportivamente privo di alcuna tradizione.
Dal suo arrivo in California, apriti cielo! Dieci titoli nazionali tra il 1964 ed il 1975 e centinaia di vite cambiate grazie ai suoi (umili) insegnamenti quotidiani. Di quelle vite fa sicuramente parte quella di un ragazzone di 2.18 m., giunto in California direttamente da New York City. Pur essendo così diversi tra loro (bianco di fede cattolica proveniente dalla campagna dell’Indiana uno, afroamericano di fede musulmana proveniente dal caos newyorkese l’altro), sono riusciti a diventare un tutt’uno, ascoltandosi e confrontandosi incessantemente per 50 anni. Kareem Abdul-Jabbar e John Wooden. Questo libro contiene tutto ciò che possa esserci da sapere su di loro, ma proprio tutto. Dai momenti più luminosi di successo ai momenti di più buia disperazione, quasi sempre placati dalle citazioni letterarie e dalle parole sempre appropriate del Coach. A questo proposito, Kareem cita questa frase di Mark Twain, particolarmente cara a Wooden: «La differenza tra una parola quasi giusta e una giusta è davvero una grossa questione: è la differenza che c’è tra una lucciola e un lampo». Il Coach ha sempre scelto il lampo, misurando con attenzione il peso delle proprie parole, per non ferire il proprio interlocutore e per fornirgli sempre spunti positivi.

La loro amicizia non ha conosciuto confini etnici, anagrafici, religiosi, professionali e geografici. In un’epoca di spersonalizzazione, in cui il web indottrina tutti allo stesso modo, una storia “d’altri tempi” come questa, non può che far riflettere sul bisogno di tornare ad avere dei maestri che sappiano guidare i propri allievi verso la propria via e fornirgli delle solide fondamenta. Credo risieda in questo il messaggio di fondo, l’oggetto della ricerca letteraria di Kareem. Coach Wooden and Me è questo, e tanto altro. Non è una semplice storia di sport, è una storia di sport estremamente complessa, costellata di cunicoli e strade secondarie: dalla ricerca della Fede, alla definizione di un rapporto tra pallacanestro e musica Jazz, alla capacità di essere grandi Uomini ancor prima che grandi atleti o, genericamente, uomini di successo.

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Pubblicato da
Cataldo Martinelli

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