Adattarsi e condividere
Nel dubitare del suo impatto con la NBA, forse gli osservatori hanno dimenticato quanto spesso nel corso della sua pur giovane vita Ben Simmons si è trovato a cambiare contesto, dovendosi riadattare in fretta per restare competitivo. A 21 anni appena compiuti, Simmons ha già dovuto resettarsi più volte. Nella sua infanzia, l’australiano si è prima trasferito da Newcastle (città in cui suo padre Dave allenava) a Melbourne e poi da Melbourne a Montverde, Florida. Nella cittadina della Florida ha vissuto tre anni liceali conditi da tre titoli nazionali in una delle powerhouse dei licei americani, la Montverde Academy: credete sia semplice passare dal basket liceale australiano alla pallacanestro liceale americana al massimo livello? Simmons ha risposto con tre stagioni mostruose ed in continuo crescendo. Nel frattempo, per non farsi mancare nulla, Ben si era anche trovato a dover scegliere tra rugby, pallacanestro e football australiano. Con un passato così improntato al riadattamento, non è un caso che Simmons abbia poi scelto di rendere il proprio passaggio al college il meno traumatico possibile: la scelta è ricaduta su Louisiana State perché il suo padrino, David Patrick, era assistant coach di Johnny Jones proprio ad LSU.
Malgrado un’ultima scelta comoda, sarebbe stato lecito essere un bel po’ più ottimisti sull’impatto di Ben Simmons sulla NBA, no? In ogni caso, la capacità di adattamento non è l’unica caratteristica derivante dal vissuto dell’australiano che sta tornando utile all’interno della sua carriera NBA.
Ben, papà Dave e mamma Julie ai tempi di Montverde mentre assistono ad un match di LSU. (Credits to Orlando Sentinel)
Un altro dei grandi dubbi che attorniava Simmons era relativo alla sua capacità di condivisione del campo con un nucleo di giocatori così giovani e così poco abituati ai campi NBA. Ma per un ragazzo cresciuto in una famiglia che conta sei figli nati da due uomini diversi, condividere non può essere un problema. Simmons cerca sempre di mettere in ritmo i compagni molto prima di cercare la finalizzazione in prima persona: è un passatore naturale con istinti per il gioco abbondantemente fuori dalla norma. In alcune clip collegiali il suo tentativo di coinvolgimento del resto del team viene addirittura bollato tra le weaknesses, in quanto sintomo di poca fiducia nel proprio fondamentale di tiro: di sicuro questa teoria non è priva di fondamento ma è innegabile che Simmons sia un pass-first player dotato di una visione di gioco fuori dalla norma.
Un’altra cosa che balza all’occhio del Ben Simmons formato NBA è la calma serafica con la quale gestisce il possesso dall’alto dei suoi circa 210 cm. Non gli mancano anche sangue freddo ed un timer sempre ben impresso nella mente: Simmons è già adesso un playmaker sopra l’altissima media di talento nella lega. Anche i difensori NBA hanno immediatamente capito che sporcarne il possesso è estremamente difficile: è sempre perfettamente piegato sulle gambe, anche molto più di quanto sarebbe lecito aspettarsi. Questa caratteristica gli permette di essere estremamente credibile nelle finte: quando decide di srotolare le sue leve ed andar su deciso i difensori devono necessariamente abboccare per non pagar dazio. La capacità di trovare sempre l’uomo libero di Simmons ed il suo talento puro nel passaggio acrobatico fanno il resto: sono oltre 7 gli assist di media nel suo inizio di carriera NBA, con un eccellente 36.3% di assist percentage.
Il pick-n-roll con Embiid è già pronto a terrorizzare il mondo.
Arsenale profondo
Affidare la gestione primaria della palla ad un ambidestro di 208 cm comporta, però, anche vantaggi che investono direttamente la produzione offensiva del diretto interessato: pur viaggiando ad una non elevatissima Usage% di 24, Simmons è già capace di essere piuttosto efficiente negli attacchi individuali. Degli oltre sedici punti di media che l’australiano ha messo a segno fin qui, circa tredici sono arrivati nel pitturato (12.8, ottavo dato NBA). I motivi? Grazie al mix unico di fisico, potenza, velocità e versatilità può sempre trovare la soluzione migliore per arrivare a concludere a centro aria contro ogni tipo di difensore. Partire da lontano, in questo senza dubbio lo aiuta: il suo profondissimo set di cambi di mano, virate ed accelerazioni lascia zero possibilità di contenerlo ai lunghi avversari quando è lui a fronteggiare, mentre il suo talento in post basso, unito a quel fisico potente lo rende un terribile Moloch per gli esterni che lo fronteggiano quando gioca da point-guard. Nelle sue prime partite NBA il suo repertorio spalle a canestro sembra essersi ulteriormente ampliato: alla spin move che spesso sfoggiava a livello collegiale, ha associato anche un ottimo uso del gancio con entrambe le mani che fa partire da un’altezza non contestabile per alcun esterno/ala anche nella NBA.
Anche quando non riesce a forzare il cambio, Simmons può comunque mettersi spalle a canestro e segnare sulla testa di avversari alti e forti fisicamente come Harris.
L’essere ambidestro lo valorizza soprattutto nell’andare al ferro, combinando forza e la pulizia tecnica ad una buona capacità di assorbire i contatti. Simmons è anche un buon rimbalzista, in entrambe le metà campo: oltre a disporre di un atletismo di tutto rispetto, ha ottima tecnica nel taglia-fuori e il fisico per non apparire sconfitto in partenza in nessun duello, anche a livello NBA. Oltre alla pericolosità in attacco (oltre 2 rimbalzi offensivi a partita), quando cattura il rimbalzo nella propria metà campo è in grado di condurre la transizione fino al centro dell’aria avversaria, pronto a trovare immediatamente una soluzione personale o un assist per i compagni. Questo tipo di gestione associa due vantaggi: portare tiri e punti rapidi e, soprattutto, non far schierare la difesa che, in questo modo, non può battezzarlo staccandosi dalla marcatura.
Rimbalzo, slalom gigante e canestro a centro aria con Bradley addosso. In due parole: Ben Simmons!
Se alle sue innegabili doti offensive sommate anche l’impatto difensivo che sta avendo sulla propria squadra, ottenete un giocatore che sta superando anche le più rosee aspettative attorno a lui in uscita dal college. Di certo a Simmons non manca il materiale su cui poggiare la propria consistenza difensiva: la sua stazza è da sola uno spauracchio per gli esterni della lega, la sua mobilità di piedi gli consente già adesso di essere un marcatore temibile su quattro ruoli e le sue braccia lunghissime gli permettono di essere una minaccia costante sulle linee di passaggio. L’attenzione sugli anticipi e nella difesa sulla palla con cui lui ha approcciato le prime sfide può solo far innamorare i tifosi di Phila e gli appassionati della NBA.
Mantenendo questa attitudine e migliorando nell’uso del corpo e nella protezione del ferro, Simmons può tranquillamente diventare in proiezione futura un All-Defense capace di difendere su tutti i ruoli in campo: quando una simile commistione di talenti individuali incontra l’applicazione nessun traguardo è precluso.
Il miglior aspetto della difesa di Simmons fin qui: attenzione sulle linee di passaggio e contropiede.
Cercasi jumper
Non vi sarà sfuggito ormai il vero grande difetto (almeno per adesso) di Ben Simmons: l’assenza di un tiro affidabile. Non ha alcuna fiducia nel proprio jumper e questo può costituire, a lungo termine, un problema per un giocatore che abbia velleità di diventare una point guard d’elite nella NBA. Oltre i 4 metri Simmons fatica a prendere un tiro in spot-up e deve spesso rispaziarsi per attaccare il ferro in penetrazione: se proprio costretto a prendere un tiro, Simmons preferisce comunque prenderlo dal palleggio, come spesso avviene per i tiratori non naturali. Questo atteggiamento si tramuta da evidente in quasi patologico quando si trova oltre la linea dei tre punti: nel momento in cui vi scrivo, l’australiano non ha ancora realizzato la prima tripla in NBA a fronte di soli tre tentativi.
Anche con sei metri di spazio Simmons rifiuta la tripla e attacca a sinistra: i Pistons regalano comunque il canestro con una difesa orrenda.
La così lampante mancanza di fiducia nella propria meccanica di tiro, sommata alla sua tendenza ad attaccare prevalentemente a sinistra potrebbe a lungo andare renderlo ampiamente battezzabile, portando le difese avversarie a concentrarsi sui possibili ricevitori più che sul suo jump shot. Scenario che potrebbe portarlo ad aumentare il numero delle palle perse (attualmente viaggia a circa 3 TO con un non orrendo 16 di TO%). Simmons però non manca di etica del lavoro per implementare questo fondamentale: in questo modo può anche portare a salire la sua percentuale ai liberi, attualmente ferma ad un ben poco gratificante 57%, lontanissimo sia dal 67% con cui convertiva i liberi al College che dal 77% tenuto negli anni liceali.
Aldilà del paragone completamente inappropriato: c’è molto da rivedere nella meccanica.
Pur se costretto a lavorare sui propri difetti, Ben Simmons ha avuto un impatto che è andato ben oltre anche le aspettative più ottimiste ed ha iscritto il proprio nome nell’albo della nuova generazione di multiformi talenti che la NBA sta accogliendo. Alla sua prima stagione nella lega, Simmons non è ancora costretto a darci risposte definitive sul tipo di giocatore che potrà diventare e noi appassionati possiamo goderne per ciò che offre: puro spettacolo. Anche se con un anno di ritardo, Ben Simmons è The Next Big Thing di questa Lega.