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The Next Big Simmons

Quando il 30 settembre 2016 Ben Simmons si è fratturato il quinto metatarso del piede destro vedendosi costretto a saltare tutta la stagione 2016-17, molti appassionati ed addetti ai lavori hanno avuto una sinistra sensazione di dejà-vu: un altro rookie dei Sixers costretto a guardare The Process dalla tribuna prima ancora di poter assaggiare i parquet NBA anche solo per un minuto.

Oltre a rallentare di un’ulteriore stagione il meccanismo di costruzione dell’alchimia necessaria affinché The Process diventasse una solida realtà NBA, l’infortunio del talento australiano ha avuto conseguenze sulla lega sin troppo sottovalutate. Malgrado un hype non trascurabile, la classe di rookie ammirata nella scorsa stagione è apparsa notevolmente depauperata, tanto che – complice la mancanza di prontezza NBA da parte di numerose matricole – il premio di Rookie of The Year è finito nelle mani del tenace Malcolm Brogdon (36esima scelta assoluta dello scorso draft), piazzatosi davanti ai Sixers Embiid e Saric, due rookie neanche scelti nel draft del 2016.

Due finalisti su tre erano Sixers: Trust the Process. (Credits to NBA.Com)

Forse, nel corso della scorsa stagione, in tanti hanno dimenticato troppo in fretta quale fosse la reale calamita da hype attorno a quella classe di rookie: Ben Simmons. In testa a tutti i mock draft da inizio a fine anno, pur giocando in una squadra poco competitiva, Ben Simmons è stato da solo in grado di elevare esponenzialmente la qualità di un’intera nidiata di nuovi giocatori NBA, passando indenne tanto attraverso le polemiche da lui sollevate sull’utilità del college quanto attraverso i forzosi confronti su chi meritasse maggiormente la prima chiamata tra lui e Brandon Ingram. L’attenzione attorno a Simmons alla fine della sua carriera collegiale era tale che, già prima del Draft, aveva già firmato un contratto da 20 milioni di dollari con la Nike, era già finito sotto l’ala protettrice di LeBron James (firmando per lo stesso agente) ed era già stato ospite al Tonight Show di Jimmy Fallon.

La prima chiamata assoluta per lui è stata poco più che una formalità dopo una stagione da freshman da 19.3 punti,  11.8 rimbalzi e 4.8 assist maturata grazie al pieno controllo dell’attacco di una LSU non molto competitiva.
La terrificante capacità di dominare in ogni comparto statistico agendo in almeno quattro ruoli – derivante dall’enorme stazza (208 cm) abbinata ad un ball handling da esterno, una visione di gioco di assolutamente d’élite e una disarmante abilità nel chiudere al ferro con entrambe le mani – ha fugato ogni dubbio dei Sixers, anche i punti interrogativi derivanti da quella red flag bene in vista accanto ai reportage sulle sue capacità al tiro. Anche alla Summer League 2016, pur non dominando, l’australiano ha dato un chiaro saggio della sua capacità di allungare le mani su ogni comparto statistico del gioco, confermando la bontà della scelta dei Sixers. Poi l’infortunio: il buio lungo una stagione.

Tutto il meglio della stagione dell’unica stagione collegiale di Ben Simmons: probabilmente con compagni diversi gli assist sarebbero stati più di 4.8 di media

Come Joel Embiid ci ha insegnato, non giocare per un intero anno in una lega così piena di talento e di avvenimenti degni nota può portare alla nascita di dubbi che nessuno in precedenza ha mai avuto.  Differentemente dal suo compagno nei Sixers, però, Simmons ha scelto di tenere un profilo decisamente più basso sui social, concentrandosi sull’osservazione minuziosa della pallacanestro NBA e sullo sviluppo del proprio fisico, finendo per concedersi il lusso di poter essere parzialmente dimenticato.  Non è stata una sorpresa, dunque, che le previsioni degli addetti ai lavori dessero come favorito al premio di Rookie Of the Year Dennis Smith Jr. dei Dallas Mavericks  e che a Ben spesso venissero preferiti Markelle Fultz, Lonzo Ball, Jayson Tatum e Josh Jackson all’interno di tale discussione.

Uno sguardo su un’eccellente classe di rookies.

Il Ben Simmons che scende in campo contro gli Washington Wizards nel season-opener è un giocatore nuovo, nel quale confluiscono le caratteristiche uniche del Simmons scelto al draft, un anno di studio meticoloso dei meccanismi NBA, un pizzico di sana rabbia derivante dallo stop forzato e un nuovo telaio fisico sul quale fondare il proprio dominio in campo. Non una buonissima notizia per i suoi avversari.

Pur venendo nominalmente schierato in quintetto come Power Forward, Simmons gioca sin dal suo primo possesso NBA da point-guard: assume immediatamente su di sé i compiti di conduzione di palla, di costruzione dell’attacco e di palleggiatore sui pick n’roll, chiarendo da subito la volontà di coach Brett Brown: è lui il playmaker dei 76ers. La risposta di Simmons non si fa attendere, tre minuti e mezzo dopo il numero 25 ha già segnato il suo primo canestro NBA con una delle sue signature moves: partenza di mano sinistra e conclusione al ferro con cambio di mano volante.

Oltre ad affidargli le chiavi della squadra, Brown ha già iniziato a sbizzarrirsi sul suo utilizzo, come nella prima gara stagionale, quando ha impiegato l’australiano anche come Point Center in un quintetto che comprendeva oltre a lui Saric, Covington, Redick e Bayless. Dopo neanche tre quarti in NBA, Simmons si è già tramutato nel sogno di ogni allenatore NBA nel 2017: un numero 5 con doti elitarie di playmaking e capacità di fronteggiare il ferro. E’ bastata una notte per far capire di esser pronto ad essere l’alpha e l’omega di un attacco NBA.

Per la fredda cronaca: 18 punti, 10 rimbalzi e 5 assist al debutto.

Alla prima, incoraggiante, doppia doppia NBA ne ha fatto seguito un’altra (11, 11 e 5 contro i Celtics) che Al Horford ha commentato così, a testimoniare la percezione dei veterani della lega nei confronti del rookie:

<<Simmons diventerà un grosso problema. Lui è davvero sotto controllo. E’ grande quanto me- anche se sembra addirittura più grosso- e la sua abilità di andare su e giù per il campo è impressionante>>.

Alla terza partita, contro i Raptors, Simmons ne scrive 18, con 10 rimbalzi e ben 8 assist: è solo il secondo giocatore nella storia della NBA, dopo Oscar Robertson, a riuscire a piazzare tre doppie doppie accompagnate da cinque assist nei primi tre match nella propria carriera. Alla quarta partita ha già scritto la prima tripla doppia: 21 punti, 12 rimbalzi e 10 assist contro i Pistons nella prima vittoria stagionale per i Sixers. Una notte magica che lo mette accanto a nomi come Hambone Williams (ultimo giocatore a realizzare una tripla doppia nelle prime quattro partite della propria carriera) o Shaquille O’Neal (l’ultimo capace di realizzare quattro doppie doppie nelle quattro partite di debutto). Di certo, l’impatto di Simmons sulla lega non sarà facile da dimenticare.

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Pubblicato da
Jacopo Gramegna

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