Se avete seguito le prime settimane di Regular Season non potete non averlo notato anche voi. La classe rookie di quest’anno è una delle migliori dell’ultimo periodo e in qualunque squadra si guardi c’è un novellino che ti dà un motivo in più per stare sveglio la notte. Per questo abbiamo deciso in redazione di creare una rubrica mensile, la nostra personalissima #RookieLadder, che uscirà il primo di ogni mese e che vi accompagnerà durante tutto l’arco della stagione. Due tra i nostri Primi Pianisti hanno deciso di prendersene carico, dividendosi equamente le mini-analisi dei 30 migliori debuttanti: Michele Pelacci (6-10, 16-20, 26-30) e Alberto Mapelli (1-5, 11-15 e 21-25).
P.S.: Per quanto riguarda la parte finale della classifica, le scelte sono state influenzate dalle poche partite giocate e dal fatto che alcune delle matricole più interessanti non sono ancora state inserite nelle rotazioni delle loro squadre. Per la copertina si ringrazia la bravissima Sarita. Le scelte sono state effettuate il 31 Ottobre e sono ovviamente personali e non condivisibili, ci aspettiamo quindi i vostri commenti e le vostre contro-proposte. Buona lettura!
1 – Ben Simmons
La prima scelta 2016 ha debuttato solo questa stagione, e se continuasse così crediamo che nessuno possa lamentarsi di aver dovuto aspettare un anno in più per goderselo sano e integro. Non è una sorpresa in senso assoluto, visto che il mix pazzesco di una mente da playmaker in un corpo corazzato lo avevamo già visto anche a Lousiana State, ma Simmons sta confermando le stesse potenzialità anche al piano di sopra, aggiungendoci una dose di attenzione extra nella metà campo difensiva che sta iniziando a dare i frutti anche nei numeri (92.3 punti concessi su 100 possessi contro i Rockets nell’ultima partita).
Alcuni numerini interessanti: 18+9+7 di media, prima tripla doppia contro Detroit (tirando con il 72% dal campo, settantadue!), 53.5% dal campo stagionale. Note a margine: ha ampi e numerosi margini di miglioramento come costruire un buon jumper (al momento è prossimo allo zero assoluto) e di riflesso una pericolosità dalla linea dei 3 punti o alzare la percentuale ai liberi (57%), … La partenza di Simmons ci ha stupito a tal punto che gli abbiamo dedicato già dedicato un pezzo che potete trovare qui.
Il pick&roll/pop tra lui e Embiid potrebbe diventare entro breve tempo una delle cose più immarcabili della Lega. Stay tuned.
2 – Jayson Tatum
Il primo tra gli umani verrebbe da dire, per pochissimo sopra a quello che occupa la posizione numero 3. Già solidissimo giocatore di rotazione, non ha e non avrà problemi a guadagnarsi il suo spazio, anche in quintetto, soprattutto dopo l’infortunio di Hayward. Sta confermando quello che ci si aspettava da lui: realizzatore (14 di media) con ottime percentuali (48.4% dal campo, 50% da tre punti) a cui aggiunge una buona predisposizione al rimbalzo anche offensivo (7 di media, di cui 1.5 in attacco) e una presenza difensiva importante (concede 95.1 punti su 100 possessi). Per essere finito in mano ad un genio come Brad Stevens deve ringraziare Danny Ainge. Al momento è difficile immaginare un sorpasso a chi gli sta sopra, servono infortuni altrui (no grazie, siamo già a posto così) e numeri pazzeschi. Good luck Jayson.
3 – Lonzo Ball
Il rookie più chiacchierato della classe 2017 viaggia sull’altalena in queste prime partite ma si ritrova da debuttante già le chiavi in mano di una franchigia, non un compito semplicissimo. Nel derby di debutto è stato asfaltato da Patrick Beverley, papà LaVar lo ha difeso e la volta dopo ha sfiorato la tripla doppia decidendo quasi da solo la partita con i Suns che, ok, sono pur sempre i Suns. Sta facendo suonare un po’ troppo i ferri (31,1% dal campo, 28.1% da tre) e ha un Net Rating decisamente rivedibile (-13.0) ma sta dimostrando sin dalla Summer League che di questa Lega potrebbe diventare davvero una stella. Tiene 10+7+7 di media (numeri che sono peggiorati con le ultime prestazioni ma comunque di assoluto spessore per essere un rookie) e non ha paura a guidare la squadra. Al momento non c’è partita nel confronto con Fultz. Gli serve più costanza per risalire la nostra classifica.
4 – Lauri Markkanen
Mica male il finlandese. Lo ha pensato e lo ha detto anche un giocatore che all’anagrafe è registrato come LeBron Raymone James. Eh già, il biondo baltico ci ha messo solo tre partite per fare ricredere gran parte degli scettici che hanno storto il naso quando è stato scelto alla #7 dai Chicago Bulls. E proprio in sole tre partite è riuscito a scrivere il suo nome anche su un piccolo record, ovvero essere il giocatore più precoce di sempre a tagliare il traguardo delle 10 triple realizzate. Parliamoci chiaro, i Bulls fanno schifo, ma lui è una flebile speranza per un futuro migliore in attesa di verificare le condizioni di LaVine. 15.6 + 9 di media e un fantascientifico 41.2% dall’arco per un 7 piedi che tira più di sette volte a partita da 3 punti. Come tutti gli altri rookie sopra di lui, eccetto Tatum, apporto difensivo rivedibile ma dalle grandi potenzialità.
Tutto quello che è capace di fare Lauri Markkanen in una sola, lunga GIF.
5 – Kyle Kuzma
Finisse ora la stagione sarebbe lo Steal of the Draft di quest’anno (l’unico in grado di rubargli questo “titolo” sembra essere Jordan Bell ma al momento il distacco è abissale). Si ritrova al quinto posto della nostra Rookie Ladder scalando in avanti di ben 22 posizioni rispetto alla chiamata 27 con cui è finito ai Lakers. Già dalla Summer League ci aveva mostrato le sue potenzialità: scorer di razza (13.7 punti di media con il 50% dal campo) che dà il meglio nella metà campo offensiva, mentre sull’altro lato ha iniziato a migliorare ma ha ancora strada da fare. Si è già guadagnato un ruolo solido in rotazione uscendo come prima opzione dalla panchina. Addirittura possibile candidato a sesto uomo dell’anno? Difficilissimo, quasi impossibile. Sicuramente è il favorito per essere la sorpresa e uno dei feticci della redazione di NbaReligion, un’investitura non da poco.
6 – John Collins
John Collins è una delle pochissime note liete della stagione degli Hawks. Sceso fino alla #19, gli Hawks non hanno esitato a chiamare il sophomore in uscita da Wake Forest. Ottimo realizzatore nel pitturato e dal mid-range, rimbalzista (anche offensivo!) nato, più lungo (apertura alare: 211cm) che alto (207cm), ottimo bloccante nel pick-and-roll e atleta sopra la media. Il suo primo canestro: running the floor come vuole il più moderno dei mantra e finire educatamente al ferro con-fallo nel più breve tempo possibile. Per ora nella second unit di Atlanta, il suo ruolo consiste principalmente nel bloccare per Beli e fare piazza pulita a rimbalzo quando l’italiano sbaglia. Miglior rimbalzista offensivo tra i rookies, mangia già in testa a solidi mestieranti come Trevor Booker. What’s next: mettere su un po’ di muscoli, aprire il campo, pattugliare meglio l’area.
7 – De’Aaron Fox
Il primo canestro di De’Aaron Fox è molto John Wall, ovvero un Fox con meno zazzera in testa e qualche stagione da All-Star sotto la cintura. Il rookie di Sacto deve gestire una semi-transizione, ma decide di infischiarsene dei compagni, tirare il motore ai 5000 giri e lasciare ad Ariza nient’altro da fare se non leggergli la targa. Fox è rapidissimo palla-in-mano e, sapesse tirare, sarebbe andato alla #1. Al 31 Ottobre, è 2° per tiri dal mid-range e 22° per i tentativi dall’arco tra i rookies. Espandere il proprio raggio di tiro sarà fondamentale nelle stagioni a venire. Sta giocando parecchio: Dave Joerger lo ha schierato in quintetto al posto di George Hill nella rovinosa disfatta contro Washington, sintomo che nella capitale della California ci credono assai. Uno dei giovanotti più elettrizzanti della Lega. Un’ultima nota di colore: è un grande fan di Dragon Ball, ama Vegeta ma sbaglia ad urlare le mosse più famose della serie.
8 – Dennis Smith Jr.
Dennis Smith Jr. è una scarica di adrenalina di 190cm, tanto che il suo primo canestro non poteva che essere una schiacciata. É il PM titolare dei peggiori Mavs da anni a questa parte, sta tirando male dal campo (meno del 50%, il che è comunque normale per un giocatore al 1° anno) e male e poco da 3 (5 canestri su 22 tentativi). Siccome non è chiaro già ora il potenziale in difesa (per limiti di statura e voglia, anche se quest’ultimo minus verrà nascosto da Carlisle, o Carlisle nasconderà lui) e il futuro da orchestratore (carente nel decision-making, 3° tra i rookies per assist ma anche per palle perse), è difficile leggerne il futuro. Se sarà in grado di guidare un attacco, anche grazie ad uno skill-set da potenziale attaccante cinque stille extra-lusso, Dallas avrà trovato il proprio giocatore franchigia. Male che vada, un sesto uomo à-la-Jamal Crawford. Bonus: alza spesso le braccia prima che un suo compagno spari dall’arco, divertente.
9 – Mike James
Micheal Perry James. Chi? Mike James! Quello che ha giocato una vita in Europa? Sì, proprio lui. Gioca ai Suns ora, che ok, sono i Suns, però parte in quintetto, condivide il backcourt con Devin Booker e ha costretto Tyler Ulis alla panchina. Si permette anche di tirare 1-10 dal campo e non venire escluso dalle rotazioni la partita seguente. Dopo due anni ad Eastern Arizona e altrettanti a Lamar, nel Draft 2012 non lo scelse nessuno. Il peregrinare tra Croazia, Israele, Verbania, isola di Rodi e Paesi Baschi lo ha portato al Panathinaikos, tramplino di lancio. Ad Atene ha vinto, giocato molto bene, ma soprattutto giocato molto cool. (Consiglio: spendere bene 14 minuti su The Green Killa). Ora sta portando la stessa attitudine da cane sciolto sui parquet della Lega, tra tiri incoscienti (tanti) e assist (pochi). Il primo canestro con Jerry West sulla canotta, ad esempio, è un jumper tutto storto dal mezzo-angolo sinistro dopo una scorribanda. Per qualche strano motivo, sta funzionando. Probabilmente è un vicolo cieco e la Mike Madness finirà presto, ma questa è una ladder, quindi goderselo finché dura, poi godersi il prossimo.
Mike James al ferro, Mike James al ferroooooo!
10 – Malik Monk
Semplicemente il miglior tiratore tra le guardie dell’ultimo Draft, Malik Monk sta fungendo da sharpshooter off the bench per una squadra con ambizioni da Playoffs, il cui facilitatore Batum è ancora ai box. Sta faticando a trovare il fondo della retina, ma è solo questione di tempo. Dovessero continuare queste fatiche da giovane tiratore (29% dal campo e 27% da 3) e Charlotte fosse in lotta per i Playoffs il minutaggio calerà, ma la meccanica sembra ok (la difesa un po’ meno e l’effort nel resistere tra i blocchi un po’ meno). Lo spot di guardia titolare è affidato ora al rookie Dwayne Bacon, più esperto e versatile, ma è in attesa di qualche canestro in più per passare a Monk. Un esempio, insomma, di quanto il ristretto campione di partite sul quale sviluppare l’analisi possa fuorviare (o magari continua a non trovare il fondo della retina e Charlotte scambia per un Malachi Richardson qualsiasi, chissà). Il suo primo canestro NBA? Un jumper in uscita da un blocco, ovviamente.
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Il migliore a me sembra Donovan Mitchel dei Jazz !! Ciao, Roberto