Primo Piano

Un’incredibile fortuna

Se le fondamenta di una squadra si costruiscono nella propria metà campo, Danny Ainge può ritenersi ampiamente soddisfatto di Brad Stevens e dei suoi ragazzi. Mentre scriviamo infatti, in virtù dei soli 94,7 punti concessi agli avversari su 100 possessi, i Celtics sono la migliore difesa della lega, una cosa non da poco se si considerano le cessioni estive di Bradley e Crowder, ovvero i due migliori difensori a roster. Se l’eccellente Defensive Rating non dovesse bastare per convincervi della bontà del lavoro fatto dai Celtics quando sono gli avversari ad avere il controllo del pallone, pensate che la truppa di coach Stevens intercetta mediamente 15,3 palloni e ne ruba 9,2 a partita. Si tratta inequivocabilmente di dati che testimoniano l’altissimo livello di attenzione degli uomini di Irving e compagni, con lo stesso Kyrie che sembra essersi calato nella nuova realtà bostoniana a 360° gradi, senza cioè fermarsi all’angolo piatto (come la Terra?) delle devastanti scorribande nelle metà campo avversarie. Che ruolo hanno invece Brown e Tatum nei meccanismi difensivi dei Celtics?

Tatum tallona Courtney Lee, male assistito da Enes Kanter. Brown, che sembra aver letto l’azione con diversi secondi di anticipo, cambia la sua marcatura con quella di Irving e si avventa sul povero Lee, che Tatum nel frattempo ha fatto deragliare proprio tra Hardaway, l’uomo che Brown deve marcare dopo il cambio, e Brown stesso. La schiacciata con cui il numero 7 conclude l’azione è la ciliegina su una torta preparata in collaborazione con Tatum, roba da veri MasterChef.

Dopo l’addio di Bradley, l’ingrato compito di coprire le spalle al playmaker che si concede qualche pausa di troppo in difesa (ieri Thomas, oggi Irving) è stato per ovvi motivi ufficialmente ereditato da Brown. Se però già nella scorsa stagione quest’ultimo aveva dimostrato di possedere un’eccezionale attitudine difensiva, la tenuta di Tatum nella propria metà campo aveva fatto sorgere più di un dubbio tra tifosi e addetti ai lavori. In realtà, come abbiamo già avuto modo di vedere, in queste prime uscite stagionali il prodotto di Duke ha già dimostrato che l’etichetta di “incubo delle difese e sogno di ogni attaccante” non gli rende giustizia.

Senza alcun timore reverenziale nei confronti dell’unicorno alla sua sinistra, Tatum ruba palla a Sessions e si invola in contropiede.

In definitiva, sebbene abbia un’attitudine difensiva nettamente inferiore a quella di Brown, Tatum non fa certo mancare il suo apporto in fase di non possesso del pallone, aggredendo gli avversari e propiziando facili occasioni in contropiede per sé o per i suoi compagni: non è dunque un caso che i Celtics riescano a contestare 69,8 conclusioni a partita (di cui 45,8 da due punti, solo gli insospettabili Lakers attualmente fanno di meglio) e siano in testa anche nella graduatoria relativa alle palle vaganti con ben 8,3 palloni recuperati a partita. L’unico neo sembra essere quello dei 44,4 punti concessi mediamente nel pitturato (dato che proietta Boston al diciottesimo posto di questa speciale classifica), ma si tratta di una carenza dovuta principalmente all’assenza di un vero e proprio rim protector più che a specifiche responsabilità dei difensori perimetrali. Ad ogni modo, sebbene la difesa dei Celtics si muova il più delle volte come un corpo unico, talvolta l’inesperienza e la giovane età degli interpreti possono giocare brutti scherzi.

In seguito ad un pick and roll giocato sull’asse Sessions-Kanter, Brown decide di aiutare Baynes, alle prese con Kanter che sta rollando verso il canestro. Così facendo però concede qualche metro di troppo a Lee, puntualmente servito da Sessions: nonostante il tentativo di rimediare, ormai la frittata è fatta.

La troppa foga con cui Brown vive la fase difensiva lo porta a commettere più spesso del dovuto questo tipo di errore, pur trattandosi effettivamente di uno dei pochissimi difetti imputabili nella propria metà campo al prodotto di Berkeley.

In questa azione vediamo invece Tatum alle prese con un pick and pop giocato da Sessions, stavolta con la collaborazione di Porzingis. Il playmaker dei Knicks sfrutta la presenza del lettone per puntare verso il canestro, prendendo in controtempo Tatum, che nel frattempo si era mosso con troppo anticipo per arginare l’eventuale blocco portato da Porzingis. A questo punto, Horford cerca di rimediare prendendosi carico della marcatura su Sessions, ma Tatum non capisce le intenzioni del compagno e non accetta il cambio in tempo utile, finendo per collassare sul playmaker dei Knicks e di conseguenza lasciando campo libero al mortifero jumper di Porzingis.

Mettiamo ora da parte il discorso relativo alla fase difensiva per affrontare la questione rimbalzi, tallone d’Achille dei Celtics 16/17. A pochi mesi di distanza, la situazione sembra essere radicalmente cambiata: le carambole catturate fin qui sono ben 48 a partita (solo Bulls, Hornets e Trail Blazers hanno saputo fare di meglio) e non si può non riconoscere che buona parte del merito, oltre che ad un rinato Horford che allo stato attuale sfiora la doppia doppia di media, debba essere attribuita a Jayson Tatum. Nelle dieci partite disputate fin qui, l’ex Duke ha catturato 6,3 rimbalzi ad allacciata di scarpa: se doveste chiedervi quale sia il segreto di Tatum, la seguente gif dovrebbe chiarire come stanno le cose.

Il ragazzo sa saltare, decisamente.

In ultima analisi, passiamo ora ad analizzare il ruolo dei due ragazzacci negli schemi offensivi dei Celtics. Ancor prima del suo debutto ufficiale nel basket dei grandi, gli addetti ai lavori erano tutto sommato concordi nel ritenere Tatum un prospetto NBA-ready, considerazione basata principalmente sulla sterminata faretra offensiva di cui il prodotto di Duke dispone. Effettivamente, pur conoscendo già le doti del rookie di Boston, non possiamo non dirci sorpresi dall’efficacia e soprattutto dalla personalità di Tatum, che ha dimostrato di poter punire le difese avversarie in ogni modo possibile. Dalla lunga distanza (soprattutto dagli angoli, sfruttando il ballhandling di Irving), in penetrazione, dal post, in contropiede: Tatum sa come essere letale in ogni situazione. Dopo dieci partite realizza quasi 14 punti a gara, frutto di un 49,4% dal campo e di un eccellente 51,7% dalla linea dei tre punti. Considerando che stiamo parlando di un classe 1998, l’hype che ormai aleggia attorno al suo nome sembra essere quantomeno giustificato.

Partendo dall’angolo destro, Tatum sfrutta il blocco portato da Rozier per tagliare nei pressi del canestro e ricevere in post basso. Sebbene la fluidità del fade-away sia ancora da affinare, è evidente sia che il prodotto di Duke riesca già a trovare la via del canestro come pochi, sia che il povero Lee fosse incappato nella classica serata no.

Per quanto riguarda invece Brown, c’è da dire che la mancanza di un jumper affidabile costituisce ancora una grave mancanza per un ragazzo con le sue potenzialità: se è vero infatti che la sua media è passata da 6,6 a 15,8 punti a partita, non si può negare che l’aver giocato quasi il doppio dei minuti rispetto alla scorsa stagione abbia contribuito inevitabilmente a “gonfiare” le cifre di Brown. Tuttavia, al di là dei problemi al tiro, nelle prime uscite stagionali il ragazzo ha dimostrato di poter contare su un’intelligenza cestistica più che discreta che la squadra sa di poter sfruttare in caso di necessità: l’unico problema è che allo stato attuale, condividendo il parquet con compagni che offrono più garanzie dal punto di vista offensivo, il giovane Jaylen si ritrova a vedersi affidati meno possessi di quanti potenzialmente potrebbe gestire.

Brown porta a spasso per il campo un impotente Green e taglia verso il canestro; Horford, uno che di intelligenza cestistica ne sa qualcosa, decide di premiare gli sforzi del compagno servendogli il classico irresistibile cioccolatino. Nonostante qualche intoppo nel controllo del pallone, Brown riesce comunque a mettere a referto due punti.

In definitiva, il tremendo infortunio di Hayward ha sì privato i Celtics di un giocatore chiave, ma allo stesso tempo ha dato l’opportunità a Tatum e Brown di sfruttare i minuti vacanti per dare sfoggio del loro talento. Alla luce della loro tenerissima età, è lecito attendersi un rendimento altalenante e qualche serata no da parte della coppia che ha già scritto un piccolissimo pezzo di storia della franchigia di Boston. Ad ogni modo, Ainge, Stevens e i tifosi possono sorridere: il presente forse non regalerà le soddisfazioni sperate, ma il futuro è più roseo, anzi, verde, che mai.

 

Statistiche aggiornate al 06/11/2017

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  • Titolo infelice nonostante nell'articolo si parli (principalmente) di altro. Non capisco come una frase ad effetto e qualche click in più possano giustificare un'uscita così di cattivo gusto.

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Federico Ameli

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