In questo terzo episodio della rubrica Inside the NBA vi proponiamo un punto di vista particolare, quello di un uomo che sta dietro le quinte mentre sul palcoscenico di 28×15 i “suoi” Golden State Warriors incantano le platee. Signore e signori, Bob Myers!
- È la terza “ospitata” da Woj per il GM dei Warriors, una trilogia, come lo scontro tra Warriors e Cavs.
- Woj esordisce evocando l’aneddoto riguardante l’arrivo di Myers a UCLA [“uno dei più richiesti ancor oggi”: andò a UCLA nell’anno da senior con l’intenzione di praticare canottaggio, come il fratello, e venne invece reclutato da Steve Lavin, per la squadra di pallacanestro ]. Myers, sorpreso il giusto, risponde subito convinto: “La mia vita è stata un esempio delle frasi di circostanza che si dicono ai bambini —Puoi fare ciò che vuoi, se lavori duro potrai raggiungere [questo e quello]. Non l’ho sentito troppo spesso questo messaggio, e anche se l’avessi sentito non sono sicuro che ci avrei creduto. La mia vita, però, l’ha confermato più di quanto non potesse fare chi mi diceva che tutto ciò fosse possibile”.
- Perla di saggezza, la prima di molte, fidatevi: “Sbagliamo a pensare di aver fatto qualcosa da soli, per conto nostro […] io sono rimasto scioccato da ogni opportunità che mi si è presentata nella vita”.
- A chi gli chiede di illustrare il percorso per diventare GM, Myers si sente di domandare il perché della scelta. La risposta? “Mi chiederebbero se secondo me sono all’altezza del compito […]. Io amo la pallacanestro e non sono abbastanza bravo a giocare. È il modo più vicino per stare nell’ambiente al di là di allenare”.
- C’è più bisogno di gente che vada oltre il titolo, l’essere importante, il fare e godere di tutto ciò che un dato lavoro comporta. Intermezzo di Woj: “Devi immaginare di non poter vivere senza qualcosa”. Myers: “Il percorso deve essere la realizzazione […] tutto comincia con la passione per qualcosa”
- A giudizio di chi scrive si potrebbe semplicemente incorniciare le righe soprastanti e terminare qui il resoconto, ma vi perdereste un sacco di cose interessanti, dunque, continuiamo.
- Myers non eccelle nello stabilire gli obiettivi. Quando assunse l’incarico di GM confidò alla moglie il desiderio: “Se facessimo i Playoff [sarei felice]”. Risultato: due Titoli in tre anni.
- Con Draymond Green non è possibile avere una discussione normale, deve sempre alzare i toni.
- Recentemente ha riflettuto col #23 sull’importanza dei traguardi raggiunti. “Non sarà più come la prima volta. Sono questi i momenti sui quali riflettere e costruire […].
- Descrive con questa citazione il suo approccio alla squadra: “È come un organismo vivente, devi prendere contatto ogni giorno”.
- Cura le relazioni interpersonali. Non chiama mai il proprietario Joe Lacob o “collega”. “Cambio registro ogni giorno”.
- Il suo augurio a ogni GM in ogni sport è quello di vincere un titolo: “È come augurarsi che un sedicenne riceva la Ferrari. Quando arrivi a guidarla non risolve tutti i tuoi problemi. […] È la realizzazione al massimo livello.Guardi indietro al percorso fatto e apprezzi il sudore che ti ha portato fin lì, ma nulla cambia davvero, non succede a nessuno”.
- La gioia più grande per il titolo dell’anno scorso? Vincere per Kevin Durant, David West, Javale McGee, “ragazzi che non avevano mai vinto prima”.
- È cresciuto fan degli Warriors. “Se fossi un fan e non avessi mai avuto questo incarico, mi godrei ciò che questa squadra ha fatto più di quanto non stia facendo in realtà adesso, attualmente. It kind of sucks. [lo ripete due volte ndr]. A volte, dietro le quinte, sei troppo vicino alla cosa”.
- Descrive la tifoseria dei campioni in carica come “pretty feudal” nel suo attaccamento alla squadra.
- Restare al vertice è dura. “Dobbiamo combattere il senso di appagamento, vorrei dire di «no», ma è così. Stiamo lottando contro la natura umana”, dice Myers. Per questo “le 7 Finals consecutive di LeBron sono qualcosa di strabiliante”. Just appreciate greatness.
- La metafora della montagna: “Essere sotto 3-1 è come aver speso un anno a scalare una montagna, un giorno fai dieci passi in avanti, il giorno dopo venti in giù. Poi arrivi alla cima, la tocchi, fai la foto e scendi. La discesa per noi è l’offseason. […]L’unico modo per allontanare il senso di appagamento è ritrovare il piacere nelle piccole cose”.
- Nel corso del loro viaggio in Cina gli Warriors hanno incontrato Roger Federer. Kerr ha chiesto allo svizzero cosa lo spingesse a continuare, risposta: “Ricordo perché ho cominciato a giocare, e poi non è la mia vita. Ho figli, una moglie. “Questo equilibrio mi permette di continuare”.
- Myers non è un workaholic come si potrebbe pensare. “C’è dell’altro all’infuori del lavoro, mi aiuta a entrare nella giusta prospettiva nel rapporto con i giocatori”.
- Quando ha ricevuto l’offerta di lavoro dagli Warriors come assistant GM, colto dall’entusiasmo non ha voluto sentir ragioni: “Consiglio, quando cambiate professione interpellate vostra moglie”. All’epoca aveva “zero sense” della necessità di approcciare i media.
- Racconta della difficoltà nel suo lavoro stabilendo un parallelo con le contraddizioni del primo anno al college, da Freshman: “Non sapevo nulla”. [“I had no clue”]. “Nell’anno da senior sei entrato ormai nel ritmo. […] La stessa cosa succede in questo lavoro”.
- Ricorda di essere andato da Mark Jackson dopo una partita persa chiedendogli perché avesse disegnato la giocata finale per Carl Landry e non per Curry, sentendosi rispondere: “Era un buon gioco”. Non metterà più in discussione l’autorità di un allenatore. “C’è un modo e tempo adatto per fare domande. Si impara”.
- Non sopporta due cose: arroganza ed egoismo. Cita l’esempio di San Antonio: “Dicono ai giocatori di andare oltre se stessi. Credo sia fantastico”.
- Steve Kerr è arrivato in panchina, da allenatore, con alle spalle esperienze vincenti e cinque anelli al dito ma “rigetta i complimenti rivolti a lui”.
- Chi mette in dubbio Steph Curry uomo- squadra sbaglia: “Se e fosse un «egomaniac» pensate avrebbe accettato in squadra un collega affermato come KD?”. Ne parlò faccia a faccia con lui. Curry non mostró esitazioni.
- In occasione delle exit interviews successive alla sconfitta in Finale vs Cleveland diede ai giocatori possibilità di parlare senza filtri: “Aspettavo che qualcuno andasse all’attacco, ad esempio lamentandosi [per l’espulsione di Draymond]. Nessuno disse nulla. Ne fui orgoglioso. Nel nostro peggior momento avevamo mostrato il nostro meglio. Abbiamo rivelato la nostra vera faccia”.
- “Quando è tutta una questione di vincere è davvero importante che tu abbia contributo per il 32%, 7, 10 percento? Chi lavora con te lo sa davvero”.
- Se si guarda al titolo 2017, la sconfitta contro Cleveland dell’anno precedente è uno dei tanti “what if” della vita.
- È ancora scioccato dai tiri di Klay Thompson entrati in gara 5 vs OKC nelle WCF 2016.
- Se Ainge non avesse chiamato Lacob per segnalare il suo profilo, Myers non sarebbe lì. “Danny non ha paura, spinge avanti anche quando le cose vanno storte, il lavoro gli dà energia, lo fa andare avanti”.
- Myers è stato agente di Scalabrine.
- Trasale alla cifra di 1.2 miliardi di potenziale monte salari paventata da Woj per gli Warriors. “È un anno solo??” [sono 4 ndr]. “Adoro Bobby Marks” [salary cap expert ESPN]. “ Non so se la cifra sia sostenibile”.
- Ogni anno è imprevedibile riguardo ciò che succederà, dovrebbe succedere, succede.
- Joe Lacob vuole vincere più che fare soldi.
- Ha già avuto il momento verità nel dover rifirmare Iguodala. “Poteva andare in direzioni opposte” dice.
- “La gente non viene alla cieca e a scatola chiusa a Golden State”. Essere in difficoltà non è facile ma sostenere standard di successo è altrettanto complicato.
- Ha pianto per il sollievo dopo la vittoria del Titolo ma “dopo poco era già tempo di pensare al Draft”.
Qui il link al podcast originale
Inside The NBA: #1 Gary Harris e #2 Joe Ingles