Poter contare su due All-Star indiscusse del panorama cestistico mondiale di certo aiuta, ma senza un supporting cast all’altezza difficilmente si riesce a fare molta strada ai playoff, sempre che la truppa di Gentry riesca a strappare il pass per la post-season. Con tutta probabilità, la pecca più grande dei Pelicans sta proprio nella scarsa profondità del roster, privo, con le dovute eccezioni, di interpreti di spessore, pecca che potrebbe costituire l’anello di congiunzione tra “squadra da playoff” e “Contender”. Al di là di Davis e Cousins, Jrue Holiday sembra infatti l’unico, insieme a Rajon Rondo, in grado di accendere la luce in una squadra povera di talento e priva di giocatori idonei allo stile di gioco portato avanti da Alvin Gentry, almeno da un punto di vista offensivo.
Il solo movimento di Davis verso il canestro attrae ben quattro difensori su di lui, lasciando Nelson libero di servire il solissimo Holiday. La difesa collassa su The Brow, permettendo ai suoi compagni di mettere in cascina tre punti comodi.
Nell’azione precedente abbiamo visto come lo status di superstar di Davis condizioni le scelte della difesa avversaria, liberando spazi per i suoi compagni. Tuttavia, il più grande problema dei Pelicans è insito proprio nella maniera in cui gli altri Pelicans sfruttano le praterie aperte dalle due stelle della squadra. La truppa di coach Gentry tenta 29,4 triple a partita, realizzandole con un misero 34,1%, quinto peggior dato della lega. È evidente come l’assenza di tiratori affidabili condizioni il pur buon attacco dei Pelicans, che potrebbero ritrovarsi a realizzare qualche canestro in più se solo disponessero di qualche scudiero con punti nelle mani. Se infatti Cunningham e Moore spesso non sembrano essere all’altezza delle loro responsabilità, Rondo e Allen sono forse gli ultimi giocatori a venirci in mente in una conversazione incentrata sullo spacing. In questo senso, come già anticipato, Holiday è l’unico in grado di poter dare un quid in più alla causa portata avanti dalle due stelle, anche se sembra aver risentito della perdita dello status di “salvatore della patria” guadagnatosi lo scorso anno prima dell’arrivo di Cousins, offrendo fin qui prestazioni estremamente altalenanti.
Ad ogni modo, nonostante questi difetti strutturali, il roster dei Pelicans riesce ad essere efficace nella metà campo avversaria. Come si fermano dunque Davis e compagni? La risposta è banale quanto tristemente vera: è sufficiente riuscire a fare qualche punto in più.
Un altro grosso problema con cui coach Gentry deve fare i conti è infatti quello costituito dalla fase difensiva. Attualmente il Defensive Rating dei Pelicans recita 104,8 punti concessi su 100 possessi, sedicesimi in questa graduatoria. Il dato di per sé non è allarmante: a preoccupare, però, sono l’atteggiamento e la scarsa concentrazione troppo spesso dimostrata dagli uomini di Gentry sul parquet. Abbiamo selezionato cinque situazioni di gioco, la cui visione è fortemente consigliata agli avvoltoi a cui facevamo riferimento all’inizio: crediamo che possano essere utili per risollevare la vostra autostima.
Iniziamo con una GIF un po’ più soft: Lowry ha tutto il tempo di tagliare a canestro prima che Holiday, stampatosi inconsapevolmente su un blocco cieco, e Moore facciano ritorno dal mondo dei sogni.
Situazione di contropiede per i Thunder. Posto che non ci è dato sapere che fine abbia fatto Cousins fino al termine dell’azione, la scelta di Jameer Nelson di abbandonare a sé stesso Jerami Grant per portare un raddoppio su Alex Abrines (?!) è logicamente inspiegabile. Grant ringrazia e mette a referto due punti facili facili. Sarà un caso isolato?
A quanto pare no, visto che i Pelicans concedono 18,2 punti in contropiede a partita, dato che fa di quella di coach Gentry la dodicesima peggior squadra della Lega in questa speciale classifica. Quando Anthony recupera il pallone, Rondo e Moore sono gli unici a tornare in difesa, più per educazione che per reale convinzione di poter impedire il canestro avversario dati gli interpreti in gioco. Transizione difensiva assolutamente da rivedere.
È sufficiente un semplice pick-and-roll ben orchestrato per mandare in crisi i fragili equilibri difensivi dei Pelicans. In questa situazione, nessuno è esente da responsabilità: un errore di posizionamento genera ulteriori errori dello stesso tipo, rendendo facile la vita a squadre che anche senza aiuti sanno cavarsela piuttosto bene nella metà campo avversaria.
La difesa perimetrale sembra essere il vero tallone d’Achille dei pellicani: Holiday e Rondo non offrono certezze in questo senso e il solo Tony Allen, per di più non nel fiore degli anni, non è assolutamente in grado di risolvere il problema. Per quanto riguarda invece Cousins e Davis, i due contestano rispettivamente 12,7 (quarto nella Lega) e 12,3 tiri a partita (ottavo), cercando perlopiù di tappare le falle provocate dai loro compagni. Tuttavia, come abbiamo già avuto modo di vedere, anch’essi sono tutt’altro che privi di responsabilità in alcune situazioni.
L’errore di valutazione a rimbalzo da parte di Davis ci può anche stare; ad essere inaccettabile è la passività con cui i due lunghi assistono allo scambio sull’asse Greg Monroe – TJ Warren, non esattamente Stockton e Malone.
Ma tutto sommato la strada imboccata dai Pelicans è sicuramente quella giusta. Boogie & The Brow sono due fattori difficilmente gestibili dagli avversari e, se l’equilibrio emotivo della squadra rimarrà stabile, potranno continuare a dominare fino al termine della stagione. Solo a quel punto si potrà dare una reale valutazione alla bontà del lavoro fatto da coach Gentry nel limare i difetti strutturali di un roster il cui back-court necessiterebbe di qualche boccata d’aria fresca. Se il mercato dovesse portare in Louisiana qualche volto nuovo e funzionale, nulla impedirebbe a Davis e soci di raggiungere la post-season dopo anni di vacanze tristemente anticipate. Le corazzate dell’Ovest sono avvisate: non è detto che chi va controcorrente stia procedendo nella direzione sbagliata.