Miami Heat (13-14) – Portland Trail Blazers (14-13) 95-102
Entrambe le squadre sono in cerca di conferme, all’interno di una regular season che le vede veleggiare esattamente a quota 50% di vittorie (13-13 di record sia per Heat che per Blazers prima della partita). Portland ha forse meno talento diffuso, ma picchi non raggiungibili da Miami. Sono infatti le due star McCollum-Lillard a togliere le castagne dal fuoco e a combinare per 46 punti (28 CJ, 18 Dame), 6 rimbalzi e 9 assist, con 14-14 complessivo dalla lunetta (7-7 a testa). Gli Heat impiegano in buona sostanza una rotazione a 7 (Winslow gioca solo 9 minuti), con Dragic, Waiters Richardson, Johnson, Olynyk, Adebayo ed Ellington tutti a 28 minuti di impiego o più. Questi 7 vanno tutti in doppia cifra (17 Waiters, 12 Adebayo, 11 Dragic e Richardson, 10 Johnson e Olynyk); il top-scorer è Ellington con 24 dalla panca, frutto di una prestazione eccellente al tiro (8-11, di cui 7-10 da tre). Portland, sotto per buona parte della gara, la vince nel finale con le giocate clutch di Lillard. La point guard segna 7 punti negli ultimi 3 minuti e ribalta definitivamente un match che vedeva gli Heat in vantaggio 79-70 all’inizio della frazione finale. Questo lo sconsolato commento di coach Erik Spoelstra:
Quando Lillard entra nel quarto conclusivo con pochi punti a referto, puoi star sicuro che troverà il modo di raddrizzare la sua serata storta e di mettere le mani sulla gara. È uno di quei giocatori che si esaltano nei momenti topici delle partite.
Chicago Bulls (7-20) – Utah Jazz (13-15) 103-100
Cari Bulls, forse alla fine della fiera non siete così male. Cari Bulls-bis, attenti che a vincere troppo si rischia di non centrare i premi più ambiti nella Draft Lottery. Chicago, attenzione attenzione, con l’affermazione sui Jazz va a 4 successi consecutivi, staccando gli Hawks ora ultimi solitari della Eastern Conference e della NBA (6-21). Il protagonista è di nuovo lui: Nikola Mirotic, stavolta con meno sostegno da parte dell’altra metà dell’1-2 punch più famigerato degli USA (Mr. Bobby Portis). 29 punti, 9 rimbalzi, 11-18 al tiro e in generale una sensazione di controllo sulla gara che l’iberico-montenegrino raramente aveva dato nelle scorse stagioni (che, a quasi 27 anni, sia finalmente maturato?). I Bulls, nondimeno, stanno trovando buona continuità anche dal resto dello starting five: 16 punti Robin Lopez, 13 i miglioratissimi Dunn e Valentine, 12 Holiday. Viene da chiedersi come si comporrà la rotazione col ritorno di Lauri Markkanen (che dovrebbe essere disponibile per la prossima, venerdì contro i Bucks) e con l’ingresso del lungodegente Zach LaVine, ma ancora c’è qualche settimana di margine per ponderarci su. I Jazz, dal canto loro, ormai in attacco sono Donovan Mitchell-dipendenti. Il rookie si prende un terzo delle conclusioni complessive di squadra (26 su 91) e converte con il 58% dal campo, ma tira solo 1-7 da tre. Il quintetto Jazz, per il resto, è timidissimo: 29 tiri in tutto, 28 punti (14 Rubio). Va un po’ meglio la panchina, con Hood e Burks che combinano per 28 punti (15 e 13). A indirizzare la contesa, punto a punto per tutto il secondo tempo, è Kris Dunn, con un paio di giocate da rettile nell’ultimo minuto e mezzo. Queste le sue parole:
Credo nel mio gioco, perché sento la fiducia dei compagni e del coaching staff. Io non smetterò di lottare, nelle vittorie e nelle sconfitte.