La crescita di Adams si fa sempre più evidente nella stagione 2016-17, quando l’addio di Kevin Durant, oltre che dare super poteri a Westbrook, ha fatto sì che la figura del neozelandese diventasse ancora più di spicco all’interno dello spogliatoio, tanto emotivamente quanto tecnicamente. Adams fa un altro salto nei minuti passati sul parquet, che raggiungono i 29 partita, aumenta la sua produzione arrivando a 11 punti e quasi 8 rimbalzi di media e sopratutto viene riconosciuto come legittimo membro del club dei senatori di OKC (che dopo le partenze non solo di Durant ma anche di Serge Ibaka fa praticamente riferimento solo a lui e Westbrook).
Fatto sta che se il tuo miglior giocatore durante la free agency ti lascia per firmare con gli acerrimi rivali, il contraccolpo è inevitabilmente pesantissimo, ed è così che i Thunder passano in un lampo da contender a in the middle of the pack, e il principale motivo di attenzione verso la squadra è la folle corsa di Russell Westbrook verso il record di triple doppie stagionali e il premio di MVP.
Ah già, come dimenticare, gli Stache Brothers! L’altra attrattiva che OKC può offrire durante il 2016-17 è il nuovo connubio tra Steven Adams ed Enes Kanter, soprannominati fratelli del baffo dai media e che decidono di cavalcare a più non posso il nuovo tormentone, usandolo per sponsorizzare la candidatura a MVP di RW0.
Dal punto di vista tecnico, però, se nella famosa serie con Golden State la coppia era stata proposta da Donovan anche in campo contemporaneamente, per prendere ulteriormente di sorpresa la Death Lineup dei Warriors, ora che il gioco è totalmente focalizzato nelle mani di Westbrook i due non funzionano più granché in campo, e il nuovo contratto firmato da Kanter non vale i 15 minuti a partita dalla panchina riservatigli dal ruolo di titolare di Adams. Chiusa la parentesi doppio-centro dopo poche partite, si torna allo schema classico in pianta stabile, e Adams scopre una nuova arma del proprio arsenale che funziona a meraviglia quando hai compagni come Westbrook o Oladipo, quella degli screen assist.
Gli screen assist sono le situazioni in cui un blocco portato da un determinato giocatore permette all’attacco di creare una situazione di vantaggio da cui poi scaturisce un canestro, e in questa specialità il #12 è nettamente il migliore della squadra, con 3.4 (screen) assist a partita che producono circa 7 punti ogni 48 minuti. Inutile dire che la stragrande maggioranza di questi è in favore proprio di Westbrook.
Arrivando ai giorni nostri, dopo che i Thunder hanno aggiunto al roster due attaccanti di livello assoluto come Paul George e Carmelo Anthony, Adams vede ulteriori possibilità per esplorare questa nuova specialità, e i suoi screen assist si impennano fino a 4.5 a partita, per una media di quasi 10 punti prodotti.
Dopo una partita contro i Thunder di qualche giorno fa, per altro vinta facilmente dai Twolves, Jimmy Butler sottolinea comunque nel post partita quanto sia letale l’esperienza di finire contro un blocco piazzato da Adams. Le parole della guardia ex Bulls sono piuttosto chiare.
Oklahoma City ha faticato non poco durante questa regular season, sopratutto nella parte iniziale di stagione, e da ogni dove sono giunte rivendicazioni sui presunti motivi di questo inizio scarso (tra cui le nostre, datate Dicembre). Quella che però si è mantenuta una costante di questa stagione è ancora una volta la produzione generale di Funaki – il secondo nome di Adams, perché oh, son neozelandesi – che ha addirittura subito un nuovo picco, raggiungendo il massimo in carriera un po’ ovunque: punti segnati (13.7 a partita), rimbalzi (8.9), percentuale dal campo (63.3%) e PER (21.6), che per i più distratti è il Player Efficiency Rating, una misura della produzione al minuto di un giocatore standardizzata in modo da rendere la media della lega pari a 15.
Nel tripudio di alti e bassi attraversati da quella che doveva essere una squadra candidata quantomeno a dare fastidio agli Warriors, il nostro l’1 dicembre si è concesso anche una partita senza un singolo errore dal campo (!!!), che gli è valsa il career high di punti:
Il fatto poi che durante la offseason quel genio della lampada sotto forma di GM di Sam Presti, nel tentativo andato a buon fine di portare Carmelo Anthony a OKC, abbia scelto senza un battito di ciglia di scambiare Enes Kanter ai Knicks, ha reso ancor più chiaro come i Thunder la pensino sul ruolo di Adams all’interno della franchigia: è lui il centro titolare della squadra.
Ma quello che abbiamo visto finora nel 2017-18 è davvero il massimo potenziale che il centro neozelandese potrà raggiungere in NBA? A 25 anni, al quinto anno nella lega, Adams ha raggiunto il suo ceiling (dopo aver già zittito gli scettici che storsero il naso alla sua scelta nel 2013)?
Personalmente la risposta più immediata sarebbe sì, Adams non può migliorare ulteriormente il suo gioco in misura sensibile. Ma non era neanche probabile che da una terra di 4,693 milioni di rugbisti venisse fuori un centro titolare in una contender NBA. Quindi non aggiungerò altro.
FEEL THE KIWI.