La copertina dell’episodio è, al solito, offerta da Sarita, con ♥.
Siamo all’episodio V e potrebbe benissimo intitolarsi “Ben Simmons colpisce ancora”. Essendo l’episodio V i fanatici di Star Wars che abitano in voi (se non lo siete pentitevi) si aspetteranno l’episodio migliore dell’intera saga. Questo non ce la sentiamo di promettervelo, perché arriviamo tardi come al solito e la più brutta campagna elettorale di sempre è già terminata (altrimenti avremmo preso gli stessi voti della Bonino, per esempio). Se ne avete voglia potete giudicarlo da soli andandovi a riguardare la trilogia spin-off (I, II, III) e la scorsa puntata (IV). As usual, i due autori si sono divisi equamente onori e oneri: Alberto Mapelli (1-5 e 21-30) e Michele Pelacci (6-20) vi raccontano quello che succede, sponda rookie, in una lega lontana lontana…
1 – Ben Simmons ( = )
Difficile trovare ancora qualcosa di nuovo da dire su un giocatore del genere, rookie solo per definizione. A parlare per lui continuano ad essere i numeri personali e di squadra. Scioriniamoli velocemente: nel mese di febbraio i suoi contatori si sono fermati a 16 punti (peggior mese in carriera), 55% dal campo, 7.3 rimbalzi, 7.7 assist, 2 palle rubate, 98.6 di Defensive Rating (nota a margine – non dimentichiamoci che c’erano legittimi dubbi sulle sue potenzialità difensive in uscita dal college), 2.38 AST/TO con il 21.3% di Usage, dato più basso in carriera. Philadelphia ha chiuso febbraio con il quarto record della lega (8-3), il secondo miglior Defensive Rating in NBA (100.8 punti su 100 possessi) e il quinto Net Rating (5.6), prendendo quello che sembra essere lo slancio decisivo per tornare finalmente ai Playoff dopo anni di purgatorio (e un calendario talmente facile da qui alla fine che il 3° posto non è utopia).
La coppia composta da lui e Embiid quando è in campo, terza per minutaggio tra i 76ers, produce 12.9 punti in più di quelli realizzati dagli avversari su 100 possessi. In una parola, dominanti. Per non farsi mancare nulla tutta la comunità di Philadelphia ha iniziato a corteggiare niente di meno che il Re in persona. Ben Simmons è l’eccezionale che appare come normalità, la bellezza nella sua forma più semplice e ancora molto lontana dall’essere perfezione perché, se qualcuno se ne fosse dimenticato, il ragazzo deve ancora capire quale sia la sua mano forte e costruirsi un jumper…
2 – Donovan Mitchell ( = )
Sono un accanito fan di Donovan Mitchell e vederlo al secondo posto rimane una coltellata in petto tutte le volte. Ci si prova anche a farlo salire ma non sembra possibile spodestare il principe Ben dal trono. Minacciando vendetta, Donovan ci ha fatto saltare dalla sedia per un mese intero insieme ai suoi Jazz, a.k.a. la squadra più on fire di febbraio: 9-2 di record che li ha rimessi prepotentemente in corsa per un posto ai Playoff e uno spaventoso Defensive Rating di squadra di 98.9 (grazie Gobert <3). Il leader maximo è il ragazzino con la #45 sulle spalle, che nel tempo libero vince anche il Dunk Contest all’All Star Game. 21 punti ad allacciata di scarpa (40 contro Phoenix!), la miglior percentuale da 3 punti in carriera (38.3% con 7+ tentativi a partita), un fantascientifico 94.6 di Defensive Rating (!!) e un ridicolo 29.6% di Usage (!!!). Non sarà il Rookie Of The Year perché Ben Simmons ha esordito solo quest’anno. Sorry Donovan, noi ti si ama ugualmente.
Piccola pausa: le posizioni dalla 3 alla 5 sono pressoché assegnate ai tre virgulti per l’ottima stagione messa in piedi da tutti e tre. Decidere come metterli in fila questa volta è stato davvero difficile perché sono tutti incappati nel peggior mese della carriera.
3 – Jayson Tatum ( ↑ 1 )
Ha sbattuto il musone sulla NBA, finalmente viene quasi da dire. La facilità con cui si metteva a fare cose che noi umani non possiamo nemmeno immaginare dal giorno 0 era quasi snervante. 11 punti a serata con il 42% dal campo e il 39% da 3 punti non bastano a nascondere quello che le advanced mostrano chiaramente: ha perso molto impatto nella sua metà campo (106 punti concessi su 100 possessi) e per la prima volta sotto il 10% dei rimbalzi a disposizione catturati (9.9%, 2.7 a serata). Complice il calo nelle prestazioni di tutti i Celtics, superati e lasciati sul posto dai lanciatissimi Raptors, anche Tatum si sta mostrando umano. Si giocherà il podio (spoiler alert) nell’episodio conclusivo del mese prossimo.
4 – Kyle Kuzma ( ↓ 1 )
23 nella sconfitta di 22 contro il mostro Anthony Davis, qualche partita da onesto mestierante e poco altro. Troppo poco per uno che ci ha abituato a ben altri standard (solo 11 punti di media). Ma ripeto, il confine è molto labile sia sopra che sotto. Nel frattempo i Lakers vincono (7-3 a febbraio), non avendo a disposizione la scelta per la prossima stagione, e convincono, mettendo in mostra a turni alterni i gioiellini a disposizione. Non si sa cosa ne sarà di loro l’anno venturo, molto dipenderà da chi vorrà andare a Los Angeles a reclamare una parte di quel tesoretto messo da parte da Magic Johnson. In attesa del futuro, marzo sarà decisivo per vedere se il ragazzino scelto alla #27 che ci aveva abbagliato in Summer League riuscirà ad issarsi sul prestigiosissimo podio della nostra Rookie Ladder.
5 – Lauri Markkanen ( = )
Va dove lo portano i Bulls, in questo caso in fondo alla nostra mini-classifica. A mani basse il mese in cui ha fatto più schifo. C’è un però: a Chicago si gioca per perdere, quindi giocare male significa giocare bene. 2-8 di squadra; lui ha fatto il suo mettendosi in sciopero per quanto riguarda la produzione offensiva: 11.9 punti a serata tirando mattoni dal campo (39% complessivo) e soprattutto da lontano (17.6%, rabbrividisco). Dietro si balla (111 punti concessi sui 100 possessi) ma il dato è falsato dalla volontà generale di lasciare entrare in area tutti gli esseri bipedi moventi o semoventi con in mano un pallone arancione. Lauri Markkanen <3 tanking.
6 – Bogdan Bogdanovic ( = )
Il miglior giocatore nel Rising Star Challenge, come minimo non merita di perdere posizioni.
Ormai Bogi gioca stabilmente mezz’ora a partita e a febbraio ha sforato quota 20 punti due volte. Non bruciatelo, Kings.
7 – Dennis Smith Jr. ( = )
L’Usage di DSJ a febbraio dice 28,6%, in linea con la media stagionale. È il rookie che si mangia più possessi della propria squadra, ma è 28esimo tra i rookie per percentuale reale dal campo. Gioca in una squadra che non fa nulla per massimizzare le proprie chance di vittoria, quindi lasciarlo fare è l’opzione preferita da Mark Cuban. Era il 27 dicembre ’17 l’ultimo giorno che si è preso meno di 10 tiri dal campo, ma a febbraio non ha mai tirato – in neanche una partita – col 48% dal campo.
Un terzo del suo attacco (32%, per Synergy) è pick-and-roll, una situazione che gioca più spesso di Kyrie Irving, quasi al ritmo di Russell Westbrook. In questa situazione, va ben poco in lunetta: 168° NBA, 44,3 percentile. Tira complessivamente male (69,2%) a cronometro fermo dall’arco non va oltre il 30,7%. È 15° tra i rookie per rapporto tra assist e palle perse (dietro Ntilikina e Fox, per dire due guardie), deve necessariamente migliorare tanti aspetti del suo gioco per essere quel giocatore franchigia di cui i Mavs hanno bisogno.
8 – Lonzo Ball ( = )
Davvero poco da dire sul febbraio di Lonzo: due sole partite giocate, una vinta – nella quale ha tirato 4 su 4 dal campo e 3 su 3 dalla lunetta, per 13 punti, 7 rimbalzi, 5 assist e 3 rubate – e una persa, e tanti DNP – Inactive, a causa di un problema al ginocchio. Il fit con Isaiah Thomas sembra comunque meno tragico del previsto. I Lakers sono 9-4 nelle ultime 13: Lonzo ha un mese e spiccioli per scalare posizioni nella Rookie Ladder.
9 – John Collins ( = )
Solo recentemente, quando ogni briglia del tanking è stata sciolta, coach Budenholzer lo ha schierato in quintetto, nonostante per tutta la stagione lo abbia difeso dai lupi delle starting unit avversarie. Lasciato andare Ilyasova, ora è lui che divide il frontcourt con Dewayne Dedmon. Con Collins in campo, gli Hawks tirano peggio da 3, prendono meno rimbalzi, vanno meno in lunetta, segnano meno complessivamente: insomma, le stats On/Off urlano che Atlanta peggiora quando Collins è in campo. Questo accade con tutti i rookie normali che giocano in squadre pessime, niente allarmismi. Il futuro è tutto del prodotto di Wake Forest, che a febbraio è andato due volte in doppia-doppia e fa cose del genere:
10 – OG Anunoby ( ↑ 1 )
Parlando dei Raptors su queste pagine, Alessandro Zullo si è chiesto se, anche grazie alla presenza di OG Anunoby, non possa essere questo l’anno buono per i Toronto Raptors. Coach Casey impiega il prodotto di Indiana University come fake starter: parte con Lowry, DeRozan, Ibaka e Valanciunas, poi esce dal campo presto per rientrare solo dopo l’intervallo. A febbraio ha giocato solo 16,9 minuti a partita, 10° minutaggio tra i giocatori dei Raptors. Nonostante non riempia mai il tabellino à-la-Ben Simmons, Anunoby è un ingranaggio importante per il presente e il futuro della prima squadra della Eastern Conference.