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G.G.G: il Giramondo Gerald Green

È davvero singolare il modo in cui il destino, con una serie di evoluzioni e rivoluzioni degne dei migliori acrobati del cielo, riesca a legare l’anima di una città ad uno dei suoi figli più meritevoli.

Perché a cosa pensiamo – se non alle stelle e all’uomo che sconfigge la forza di gravità – quando parliamo di Houston, Texas? E a cosa pensiamo – se non alle stesse leggi della gravità infrante – quando sentiamo il nome di Gerald Green Junior?

Questa è la storia del figliol prodigo della Space City, e di come ne abbia conquistato la vetta attraverso un percorso fatto di montagne russe, tanti sacrifici e un po’ di sfortuna.

È il 1997, Gerald e suo fratello Garlon spendono il pomeriggio emulando – con l’ingenuità e l’impaccio classici dei bambini – le magie e le giocate dei loro idoli NBA.In una gara all’ultima schiacciata, volando verso il canestro agganciato alla porta della cameretta dei due piccoli dunker, successe l’imprevedibile.

“Volevo solo vedere quanto in alto potessi saltare.”

Gerald indossava l’anello di sua madre, che si incastrò nel chiodo che teneva saldo il ferro, lacerandogli gravemente l’anulare della mano destra. Tra lo sguardo esterrefatto del piccolo Garlon e le grida preoccupate di mamma Green, Gerald fu portato di corsa in ospedale, dove tentarono di sistemare il dito chirurgicamente.

Purtroppo, i dottori dovettero amputare il dito, in un’operazione che sembrava dovesse cancellare per sempre il sogno a spicchi del nostro protagonista. È in questo preciso istante che Gerald, totalmente inconsapevole, salì per la prima volta sulle astratte-eppur-così-tangibili montagne russe che lo avrebbero accompagnato nel suo futuro a fortune alterne nel mondo del basket.

Ci vollero quasi due anni e una vistosa fasciatura per ridargli l’utilizzo quasi totale della mano destra, ma ovviamente il suo rapporto con la palla arancione non sarebbe stato più lo stesso. Con le funzionalità della mano destra compromesse, GG avrebbe dovuto adattare la propria meccanica di tiro, per continuare il suo percorso verso i grandi palazzetti della NBA.

“Avevo bisogno di prendere di nuovo confidenza con la palla. Tuttora, quando prendo la palla in mano, mi sento più sicuro con la mano sinistra. Tuttavia tiro con la destra, usando il pollice, l’indice e il dito medio.”

Ma il ricordo dell’incidente e dell’amputazione del dito – mentre stai giocando al tuo sport preferito – è un trauma troppo grande da dimenticare da un giorno all’altro per un giovane giocatore. Gerald non si azzardò più a tentare una schiacciata, nonostante ne avesse i mezzi fisici, nonostante fosse più esplosivo di tanti suoi coetanei.

Al primo anno alla Dobie High School, tutti quanti si chiedevano come mai Gerald non dominasse la scena servendosi del suo atletismo già devastante per uno della sua età. Fu preso per un debole, uno a cui non piaceva il contatto fisico e il “rischio” di volare al ferro durante una partita.

Forte di quel pizzico di sano orgoglio che fa grandi gli atleti e di due caviglie che avrebbero fatto impallidire i reattori dell’Apollo 13, Green passò l’intera estate tra il primo e il secondo anno di High School ad allenarsi. La sua preparazione non si concentrò tanto sull’aspetto tecnico o fisico del gioco, ma più che altro su quello mentale. L’ostacolo da superare non era la forza di gravità, ma il timore che qualcosa sarebbe potuto andare storto. Di nuovo.

Quando tornò in campo, l’autunno successivo, i risultati di questo suo sforzo si videro sin da subito: alla prima azione in campo aperto, Green salì per tentare una bimane che, tra lo stupore del pubblico presente, sbagliò perché aveva saltato troppo in alto. Geraldo comprese, per la prima volta dopo l’incidente, quali fossero le sue capacità atletiche e dove avrebbero potuto portarlo. Il ghiaccio era rotto.

Gerald nel 2005 durante l’High School Dunk Contest (McDonald’s All-American)

All’età di 17 anni si trasferisce alla Gulf Shores Academy ed esplode in tutto il suo splendore cestistico: un ultimo anno alla High School con una media sopra i 30 punti e 10 rimbalzi a partita. Prima di lasciare le superiori, GG si toglie anche lo “sfizio” di apparire nella lista degli All-American, diventare top scorer della All-Star Game liceale e vincere il primo Dunk Contest della sua carriera.

Ciò che non ti uccide, ti rende più forte. Il più grande trauma della sua vita veniva da un tentativo di schiacciata, la schiacciata diventerà il suo cavallo di battaglia.

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Pubblicato da
Daniele Signoriello

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