Primo Piano

Lasciate in pace Lonzo!

È una situazione inedita anche per il pittoresco panorama cestistico americano. Una figura come LaVar Ball non si era mai nemmeno immaginata in un contesto sportivo, eppure l’istrionico owner di Big Baller Brand, nonché padre di Lonzo, LiAngelo e LaMelo, esiste e interferisce su ogni singolo aspetto della vita dei figli. La sua personale interpretazione del Sogno americano ai tempi di Zuckerberg™  è stata quella di trasformare la sua famiglia in un reality show capace di attrarre l’interesse o la curiosità di milioni di spettatori in tutto il mondo.

In tanti hanno paragonato il fenomeno Ball al fenomeno Kardashian, con la palpabile differenza che la progenie di Kris Jenner fattura stando davanti a una telecamera o comunque a un obiettivo fotografico. Un paio dovrebbero anche aver lanciato una linea di cosmetici ma non penso che troverei una singola persona sul pianeta terra venuta a conoscenza delle Kardashian grazie a un rossetto. I figli di LaVar invece giocano a pallacanestro. I due più piccoli attualmente sono coinvolti in una gigantesca operazione di marketing a metà tra la mitomania del padre e il rigetto verso un mondo collegiale che evidentemente non rispecchiava le aspettative di LaVar.

Il maggiore però ha un contratto con i Los Angeles Lakers, gioca per coach Walton ogni sera (quando non è infortunato), migliora a ogni allacciata di scarpa, è uno dei rookie più promettenti degli ultimi anni nonché una delle colonne su cui i Lakers dovranno appoggiarsi per la ricostruzione. Esattamente, cosa vi ha fatto di male?

Sul serio, c’è una contrapposizione tra quello che Lonzo sta facendo in campo e quello che si ascolta del prodotto di UCLA mai vista per un giocatore così giovane. Lonzo Ball è un giocatore con prospettive straordinarie, una delle chiavi per la rinascita dei Lakers, il vero motivo di interesse della famiglia Ball. Inserirlo in un discorso del tipo “odio LaVar quindi odio anche Lonzo perché è un prodotto del padre” è la cosa più deleteria che si possa fare nell’analizzare quello che realmente il maggiore dei fratelli Ball sta costruendo nel suo primo anno da professionista.

Credits to deadspin.com

Anzi, dovrebbe essere il contrario: “Odio LaVar per cui capisco Lonzo”. I genitori non si scelgono, il modo in cui veniamo cresciuti men che meno, la partenza di LaVar per la Lituania è stato probabilmente il primo vero momento in cui Lonzo ha raggiunto un certo grado di indipendenza che i suoi coetanei raggiungono negli anni del college, alcuni anche prima. Lasciatelo in pace perché è un signor giocatore e lo sta dimostrando day-by-day, conquistando la fiducia dei compagni e dello staff nonostante il padre lanci dardi avvelenati dall’Europa dell’est verso coach Walton.

“I’ll play for anybody”. Lonzo ha risposto così al giornalista che gli ha chiesto di commentare l’operato del suo coach. E quindi? Cosa avrebbe dovuto rispondere? “Fuck my dad”?!? Ovviamente no, la sua famiglia è stato il suo unico punto di riferimento in questi anni, ha fatto il college a un’ora di macchina da casa, vuole bene ai suoi cari e non intende andare contro il padre per soddisfare la frenetica ricerca di scoop che imperversa a Los Angeles. Non è mai esistita una situazione simile, ma non sono nemmeno esistiti tantissimi rookie con il talento di Lonzo. Forse concentrandoci un po’ di più sul basket riusciremmo a fare un punto su quella che potrebbe essere la carriera dell’attuale point guard dei Lakers.

CONCENTRIAMOCI

10+7+7

Facciamo un po’ di nomi? Dunque ci sono Westbrook, LeBron, Simmons e Green. Gli unici quattro giocatori NBA ad annoverare più punti, più rimbalzi e più assist a partita rispetto a Lonzo Ball. Ovviamente in 46 collezionano più rimbalzi del #2 dei Lakers, in 8 servono più assist e una marea di giocatori marcano più punti. Le singole statistiche non arridono al rookie gialloviola. Tuttavia, mettendo tutto insieme, pensando la stagione di Lonzo nella maniera più olistica possibile, ci si accorge che chi scrive questo pezzo non è ubriaco (forse).

I quattro giocatori sopra indicati sono gli unici a scendere in campo e scrivere a referto medie maggiori in tutte e tre le principali voci statistiche del 10+7+7 a cui viaggia Lonzo Ball. Certi numeri farebbero quanto meno storcere il naso, griderebbero se non al fenomeno annunciato, quantomeno a un giocatore in linea con i tempi, dotato di un corpo e di un IQ cestistico sopra la media. Stiamo pur sempre parlando di un playmaker di due metri.

Non sarà mica così facile passare dal college all’NBA, allo status di salvatore della patria della più famosa franchigia dello sport americano, a bust, a incompreso, a (inserire etichetta)? Non siamo mica tutti Ben Simmons (che comunque il suo anno da stipendiato NBA, senza giocare ma assorbendo tutto il resto, se l’è fatto prima di irrompere sulla scena). Appena arrivato nella lega era già stato paragonato (dal padre) a Magic Johnson, Steph Curry, Jason Kidd, e altri nomi a caso buttati nella mischia da un dirigente d’azienda prima che un padre, conscio di quello che suo figlio poteva fare su un campo da basket, ma ancora più consapevole di quanto sparare nel mucchio carpisca audience oggigiorno. FiveThirtyEight ha pubblicato in estate un’indagine che mostra come Lonzo sia, per distacco, il rookie più chiacchierato dalla stampa mainstream dal 2013 a oggi. Tra maggio e luglio il nome del maggiore dei Ball è apparso 702 volte sulle testate online mainstream americane, Fultz, secondo, si ferma 436, Wiggins a 381.

Ecco che dunque è in questo caso che bisogna operare una separazione; tra quello che occorre dire del giocatore e quello che bisogna dire del personaggio. Il personaggio, senza entrare nel merito delle notizie, genera un’attenzione mediatica inevitabile nel 2018. Di rimando quest’attenzione in qualche modo soppianta quella legata al parquet, per cui se il ragazzo fa una gran giocata finisce negli highlights, ma se conduce una partita solida non interessa, non fa notizia, perché tanto l’hype creatosi intorno alla figura mitologica di questo prodotto leggendario uscito da UCLA pronto a riportare i Lakers ai playoff non verrà mai ripagato.

Sarà mica un roaming permesso a tutti questo?

Qui sta l’errore. Perché Lonzo ha un’efficienza difensiva migliore di Chris Paul. Capito? Del nove volte All-Defensive Team, non di un paperino qualsiasi. Lo scorso anno i Lakers erano la peggior difesa della lega, in questa stagione soltanto undici squadre subiscono meno punti su 100 possessi. Sarà mica solo merito di Luke Walton, ex offensive coach dei Warriors? Sarà anche merito del miglior difensore della squadra, che per giunta è un classe ’97 al suo primo assaggio di NBA, che quando va dall’altra parte ha un assist ratio migliore di Paul, Simmons, Lowry, Wall, Rubio?

Però quando risponde a che lui si fa allenare da chiunque si apre la caccia al bambino viziato e irrispettoso. Perché effettivamente se domani licenziassero Walton uno normale pianterebbe i piedi e andrebbe a friggere patatine al McDonald’s piuttosto di farsi allenare da un altro. Che ragionamento è? Certo che giocherebbe per chiunque, ma non c’è mai stato (fino ad ora) un risentimento, una frecciatina, da parte di Walton per sottolineare che ha un problema con Lonzo. Anzi lo stesso ex giocatore dei Lakers ha confermato che il suo unico obiettivo è mantenere un buon rapporto con Zo, di quello che arriva dalla Lituania gli importa poco e niente.

Certo che bisogna fare notizia, ben venga scrivere di LaVar come conquistatore dell’Europa dell’Est, ben venga scrivere delle sue scaramucce con il presidente Trump. Sarà giornalismo di scarsa qualità ma la notizia qualcuno la deve pur scrivere. Però allora va scritto anche che stagione di livello che sta disputando Lonzo, perché sicuramente alcuni assist contatigli sono un filo generosi, ma non si può sottostimare la sua dimensione da passatore di livello assoluto.

Visione di gioco ne abbiamo?

Mettere punti a referto

Una delle più inflazionate critiche mosse contro il prodotto di UCLA su questioni cestistiche è stata quella della povertà di soluzioni nel segnare canestri. Difficile dare torto a questo tipo di detrattori. Attualmente viaggia a una media di 10,1 punti a partita, la sua eFG% è del 43,2% (tra i giocatori con almeno 10 tiri a partita è ultimo in questa voce statistica), nelle conclusioni ravvicinate (restricted area) tira con un demoralizzante 47,6%. Per dire Rondo, non esattamente il vostro finisher ideale, con lo stesso volume di tiri converte i suoi tentativi con il 56,8%.

Non è facile capire cosa impedisca al rookie dei Lakers di essere efficace al ferro. Sicuramente il passaggio dal college all’NBA non è stato digerito alla perfezione; quei contatti che in NCAA riusciva ad assorbire così bene, che anzi lo presentavano come un eccellente atleta, adesso sono diventati un ostacolo insormontabile che quasi lo intimoriscono. È lui stesso a non tentare sortite in area dal palleggio per evitare scene di questo tipo.

Ci sarà da lavorare soprattutto sulla testa del ragazzo, dal momento che l’atletismo non scompare da un giorno all’altro, la sua capacità di spingere con le gambe e assecondare il movimento con le braccia è rimasta intatta. Stiamo parlando di un ottimo atleta che quando viene imbeccato, invece che lavorare in proprio, può ancora portarsi a casa il ferro.

È molto più psicologico che tecnico il problema, si evince anche dal fatto che il numero di conclusioni effettuate all’interno del pitturato (4,4 a partita) sono inferiore alle triple tentate (5,8), a dimostrazione che anche in questo caso il suo processo di apprendimento si sta sviluppando e lo sta portando ad essere un giocatore efficace anche oltre l’arco.

Ma l’hai visto tirare?

Eh sì, l’ho visto tirare; non è un tiratore di quelli che hanno strappato una pagina dal manuale di Da Vinci per tracciare quelle traiettorie perfette, però rispetto ai primi assaggi di NBA adesso è un progetto di tiratore da 37-38%.

Queesto?!

Eh sì, questo, perché la fiducia nel suo jumper è aumentata notevolmente, e le percentuali non mentono. Quella più evidente a tutti è il 30,5% di media, una percentuale realizzativa infima rispetto agli specialisti da oltre l’arco ma nemmeno così abominevole. Il suo compagno di Draft Dennis Smith Jr. ha gli stessi numeri, Hardaway Jr. tira con il 31,1%. Sotto media senza dubbio, ma non da scartare in toto. Quello che però diventa più interessante è andare ad analizzare il rendimento mese per mese.

Ottobre e novembre hanno portato in dote un imbarazzante 26% di media, tutti gridavano alla scelta criminale commessa dal front office gialloviola. Poi il dato ha visto un’impennata e nelle 10 partite di dicembre ha tirato da 3 con il 37,7% (sempre con lo stesso volume di conclusioni) e a gennaio, tentando due tiri a partita in più da oltre l’arco, ha comunque tenuto medie del 32,4%. Poi l’infortunio, il riposo forzato per un mese e il ritorno in campo con un volume di tiri da 3 sproporzionato per la sua vena realizzativa attuale (7,4 tentativi per game) che sta portando a un altalena di performance che vanno dal notevole 6-10 nella vittoria contro gli Spurs al recente 1-12 nella sconfitta a New Orleans.

Conclusioni? Difficile da trarne ora come ora. Sicuramente non è e non diventerà mai un tiratore à la Klay Thompson, il 46,2% ai liberi (su appena 1,6 tentativi a partita che rendono la statistica un po’ fine a se stessa) è delittuoso, eppure motivi per essere fiduciosi ce ne sono anche da questo punto di vista.

Adesso battezzarlo da 3 non è più una soluzione universalmente efficace

Il ragazzo ha una meccanica un po’ sui generis, ma quando gli viene lasciato spazio per eseguire il suo macchinoso movimento sbaglia meno di quanto ci si possa aspettare. In questi mesi ha lavorato molto per rendere il suo movimento più armonico e allo stesso tempo più rapido nell’esecuzione, i risultati non arriveranno certo tutti in blocco e quest’estate avrà bisogno di lavorare tanto con lo staff tecnico dei Lakers ma per l’amor del cielo è un rookie. Se non avesse dei limiti sarebbe da far esaminare in laboratorio. Ben Simmons, giustamente riconosciuto come un fuoriclasse (attuale o in potenza cambia poco), in questa stagione ha provato dieci triple in tutto. DIECI, una in meno di Aron Baynes. I limiti sono insiti nella natura umana, figurarsi nella natura di un diciannovenne.

Secondo il modesto parare di chi scrive non c’è il minimo dubbio che Lonzo Ball diventerà un All-Star. Così come la possibilità che LaVar venga fulminato sulla via di Vilnius dall’angelo del buon senso è pura fantasia. Se facciamo lo sforzo di non sovrapporre le due cose, di fare gossip quando la situazione lo permette e analisi quando la situazione lo impone, allora ci renderemmo conto che il percorso cestistico di Lonzo vale sempre di più il prezzo del biglietto.

Guarda i commenti

  • Per me Lonzo è un gran giocatore, con un potenziale enorme, e lo dimostrerà. Quindi concordo in toto con l'autore dell'articolo

  • Ero curioso di guardare in che modo questo ragazzo avesse potuto far ricredere tutti i suoi detrattori, che lo odiavano per partito preso e per un padre così emm "simpatico". Ero sinceramente pronto a dargli vagonate di attenuanti dopo la pressione che si è trovato a dover sostenere, ma adesso la stagione è finita e bisogna tirare le somme. È un criminale in senso buono nella voce assist, più che imbarazzante nel resto, e di qui non si scappa, elogiare (e conteggiare) i rimbalzi non contestati di qualsiasi giocatore è quanto meno ridicolo se non vogliamo dire inutile, sempre più spesso vediamo playmaker rubare rimbalzi dai propri compagni, e penso sia giusto per dare più dinamismo alla squadra e riuscire a sfruttare meglio situazioni di possibili transizioni, ma di certo quel rimbalzo non dovrebbe valere nulla, o almeno non per me (mi dicono ci sia gente che c'ha fatto mvp in questo modo). Sappiamo tutti che andrà meglio, che le sue % e la sua capacità di attaccare il ferro cresceranno, la sua paura e tensione sono palesi, e giustificano la sua attuale inadeguatezza. Capirlo e dargli fiducia è doveroso, attaccarlo o difenderlo per simpatia no, è un errore. Se il suo incresso in nba non ci avesse colpito in modo così mediaticamente forte, a leggere nero su bianco chi è questo ragazzo non sarebbe stato più di un bip sui nostri radar. È vero che è giovanissimo, ma lo sono anche gli altri rookie, che dovrebbero risentirsi nel sentir parlare tanto bene di uno dei peggiori del loro anno. Il talento che ha non è mostruoso rispetto ad altri, e soprattutto in ogni caso quello da solo non basta per chiunque. Resta un non giocatore finché non inizierà a giocare davvero, riproviamo l'anno prossimo bargna.. Ehh lonzo?

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Pubblicato da
Paolo Stradaioli

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