California, terra promessa
Dopo la stagione positiva a Toronto, due anni ai Lakers e una stagione ai Rockets prima di tornare a Los Angeles, dove l’ultima annata è stata straordinaria per Lou. Migliore della squadra per assist e punti, favorito per vincere ancora il premio di Sesto Uomo dell’Anno (sappiamo già quanto apprezzi la possibilità di avere un bis di qualcosa…), la principale ragione per cui i Clippers sono riusciti a rimanere a lungo in lizza per i Playoff. La sua media punti, 22.6 ad allacciata di scarpe, è la più alta di sempre per una riserva dai tempi di Ricky Pierce, leggendario sesto uomo dei Milwaukee Bucks capace di viaggiare a 23 a sera durante la stagione 1989-90. All’inizio di aprile i giornalisti gli hanno chiesto se sente di meritare il premio, lui ha risposto senza giri di parole: “Sì certo, penso proprio di meritarmelo”.
Con lui in campo, i Clippers potevano contare su quasi nove punti in più su 100 possessi rispetto a quando non ha giocato. Doc Rivers lo ha incensato a modo suo: “Cosa lo rende così forte? Il fatto che non abbia assolutamente coscienza. Segna in ogni modo”. Ogni pick-and-roll in cui Lou viene coinvolto è potenzialmente letale. A febbraio si è discusso anche che potesse essere convocato per l’All-Star Game. Una candidatura credibile, per uno che è diventato il primo giocatore di sempre a essere il migliore realizzatore e il migliore assistman di una squadra partendo dalla panchina. Quando ha scoperto di non essere tra i convocati, Lou ha scritto tre semplici lettere su Twitter: LOL.
Poi, quando guardando la partita dal divano e si è accorto che Jimmy Butler ha deciso di rimanere seduto per risparmiare energie utili in regular season, non è riuscito a trattenersi dal commentare ancora: “Sei serio, fratello?”. La piccola querelle si è conclusa con la proposta distensiva di Butler, che si è offerto di sfidare a un uno contro uno Lou mettendo in palio 100.000 dollari. Lou ha deciso di non replicare, chiudendo così lo scambio tra i due. Una cosa è certa, non gli piace stare zitto quando pensa di avere qualcosa da dire.
La franchigia californiana comunque non si è preoccupata di queste polemiche da social network, ha riconosciuto il suo apporto e non ha voluto correre il rischio di vederlo diventare unrestricted free agent in estate: un giorno prima della trade deadline di febbraio, i Clippers gli hanno fatto firmare un’estensione contrattuale di tre anni che potrebbe farlo rimanere a Los Angeles fino al 2021.
Stile inconfondibile
Poche cose sono prevedibili nella NBA come un possesso che vede protagonista Lou Williams. Di solito inizia l’azione partendo dal lato destro, riceve la palla e sfrutta un blocco andando verso sinistra, poi inizia la penetrazione oppure, soluzione preferita, comincia a palleggiare spostandosi di lato per alzarsi in sospensione e rilasciare il tiro nel momento esatto in cui il suo difensore si sta avvicinando.
Per qualche ragione, si avvicinano sempre. È affascinante. Nessuno si procura falli sul perimetro come Lou, con un tempismo impeccabile e abbastanza sicurezza per saltare e tirare tutte le volte che sente il contatto, anche perché gli piacciono i tiri difficili. Alcuni dei contatti, a dirla tutta, sono difficili da vedere anche dopo il replay, e questo è un riconoscimento alla capacità di Williams di usare le sue lunghe braccia e di sfruttare i suoi imprevedibili cambi di ritmo per creare l’impressione di un contatto che a volte non è mai avvenuto.
Qui il contatto c’è, ma lui è bravissimo a farlo notare
Certo, il suo stile inconfondibile lo rende un pericolo meno temibile nei Playoff, quando si stringono le maglie delle difese e c’è meno spazio per le iniziative sempre uguali di Williams. Forse questa è la ragione principale per cui gli Houston Rockets lo hanno lasciato andare, decidendo di tenersi stretto Eric Gordon. L’altra ragione, sicuramente la difesa, un’arma in più per Gordon e un passatempo trascurabile per Lou. Non che la sua avventura in Texas sia andata così male. In particolare, il suo arrivo aveva fatto un’ottima impressione sull’ambiente.
Appena sceso dall’aereo, non aveva fatto in tempo ad allenarsi o a parlare con i compagni, c’era subito una partita da giocare. Risultato? 27 punti e sette triple partendo dalla panchina nella vittoria contro i New Orleans Pelicans. Dopo il match, Lou commenta con il solito stile scanzonato:
“Mi sembra di essermi presentato bene, direi.”
Niente male come esordio
Oggi non ha rimpianti, il suo presente è uno spogliatoio dove si è guadagnato il rispetto di tutti. I compagni riconoscono la sua esperienza. “Lou ha diviso lo spogliatoio con giganti come Allen Iverson e Kobe Bryant”, dice con ammirazione il 23enne Montrezl Harrell, e aggiunge: “Il suo apporto è stato fondamentale quando abbiamo faticato all’inizio della stagione.”
Quando Williams riceve il pallone, lo Staples Center grida “Louuuuuuuuuuuu”, in attesa del canestro. Ogni volta che mette punti a referto, la strofa Like I’m Lou Will, tratto dalla traccia di Drake 6 Man incisa in suo onore esce dagli altoparlanti del palazzetto. Dai campetti di Memphis a Los Angeles, Lou continua a non pensare a nient’altro: chiude gli occhi e tira.