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NBA, Harden: “Non posso fare tutto da solo”

James Harden è stato fra i migliori dei suoi in Gara 1 della serie contro Golden State, persa poi per 119-106. Il Barba ha segnato 41 punti, tirando 14/24 dal campo, a cui si aggiungono 7 assist: un contributo totale di 55 punti.

Nonostante l’ottima prestazione offensiva, i Rockets non sono riusciti a sfruttare il vantaggio delle mura amiche e hanno perso il fattore campo. La frustrazione per la sconfitta è evidente nelle parole di Harden, che subito dopo la partita ha invitato sé stesso e tutta la squadra a migliorare dal punto di vista difensivo.

Il leader dei Rockets ha poi rincarato la dose in un’intervista successiva:

“Ci siamo dentro tutti. Non posso fare tutto da solo, abbiamo bisogno che ognuno dia il massimo. Che sia Chris (Paul), che sia Eric (Gordon), che sia PJ (Tucker, autore di un solo punto in 34 minuti di gioco). Abbiamo bisogno di parlare di com’è andata, delle cose che abbiamo visto. Possiamo ancora migliorare nelle cose che hanno già funzionato.”

Le parole di Harden sono quelle di un leader, che chiama a raccolta i suoi nel tentativo di spronarli a migliorare le loro prestazioni. Giocando così sul lato difensivo, difficilmente i Rockets possono avere qualche speranza di battere l’armata Warriors, che al momento pare inarrestabile.

La decisione del Barba di esprimersi in pubblico invece che nello spogliatoio mette a nudo le carenze avute dai suoi compagni: se Paul e Gordon si sono comportati in maniera discreta (23 punti e 11 assist per il primo, 15 punti in uscita dalla panchina per il secondo), altri importantissimi giocatori di ruolo non sono stati all’altezza. Nenè, Anderson, Ariza, Tucker, Mbah a Moute e Gerald Green, insieme, hanno messo a referto solamente 15 punti.

 

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Guarda i commenti

  • A me queste paiono tutt'altro che parole da leader... mi sembrano al contrario le parole di una stella viziata che -alla prima vera difficoltà della stagione, peraltro ampiamente preventivabile- scarica una bella fetta di colpa sui compagni di squadra.
    A meno che tutti gli isolamenti che Harden s'è preso durante gara1 non fossero un preciso ed inderogabile ordine di D'Antoni, Harden dovrebbe spiegare come dovrebbero fare i suoi compagni ad aumentare la produzione offensiva senza toccare mai la palla in attacco.
    In gara1 si è arrivati alla situazione paradossale per cui i compagni, le rarissime volte che hanno ricevuto uno scarico dal 13, rimanevano talmente sorpresi loro stessile da non risultare pronti nell'esecuzione.
    Secondo me chi sostiene che il gioco dei Rockets sia moderno lo fa "ad honorem" sulla base di quanto proposto da D'Antoni illo tempore coi Suns; quello attuale di Houston -iso iso iso con scarico sui tiratori quando la via del canestro è preclusa- mi pare invece espressione del gioco più retrivo e tradizionale. Le uniche varianti rispetto al gioco anni 60 sono che gli isolamenti partono dagli esterni anziché dal centro in post; e che i tiratori sugli scarichi sono un passo indietro anziché un passo avanti rispetto alla linea del tiro da tre. Non esattamente la mia definizione di rivoluzione del gioco...
    Poi la serie "is all about adjustments" e nessuno a parte Charles Barkley è così ingenuo da dichiararla già finita, tutt'altro. Però mettere a paragone la bellezza del gioco dei Warriors con l'orrore di quello dei Rockets è un'offesa verso lo sport del basket e i suoi appassionati

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Pubblicato da
Simone Trunfio

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