Boston Celtics

Terry Rozier non ha paura

Terry Rozier? Non so chi c×××o sia.

Dopo Gara 2 della serie di Playoff contro i Boston Celtics, il playmaker dei Milwaukee Bucks Eric Bledsoe si sente chiedere quanto ci sia di personale per lui nella sfida contro l’avversario che lo ha messo in difficoltà nei primi due episodi della serie e che dopo la partita precedente lo ha chiamato (per sbaglio?) Drew Bledsoe. La reazione di Bledsoe in qualche modo è comprensibile, in pochi, prima di questa stagione, sapevano bene chi fosse Rozier.

Da quando è arrivato a Boston, tre anni fa, la guardia dei biancoverdi si è trovato davanti nelle rotazioni Isaiah Thomas e, dopo la trade con i Cleveland Cavaliers, Kyrie Irving. Difficile fare meglio di questi due e di togliergli il posto da titolare neanche a parlarne, ma Rozier ha saputo cogliere la sua occasione. Da inizio stagione si è capito che qualcosa stava cambiando, in meglio.

Terry nel 2018 e Tony Wroten nel 2013, gli unici in tripla-doppia alla prima da titolari

A causa dell’infortunio di Irving, Rozier si è ritrovato nel primo quintetto da marzo. Il senso di smarrimento provato all’esordio da titolare, quando aveva confessato ai giornalisti che quasi non credeva a quello che stava accadendo, è svanito insieme alla grande prestazione condita dalla tripla doppia. La notizia che Kyrie avrebbe dovuto rinunciare anche ai Playoff ha gettato nel panico i tifosi di tutto il Massachusetts, non lui però, che già a dicembre aveva dichiarato: “Voglio partire titolare. Lo diventerò. Ho giocato come riserva di Isaiah, e poi di Kyrie, questa è l’unica ragione per cui non sono titolare. So che in futuro le cose cambieranno”. All’epoca sembrava una sbruffonata, ora non più.

Da quando è diventato titolare fisso, il suo rendimento è esploso. È letale quando attacca il canestro e i suoi tiri dalla media che nascono dal palleggio lo rendono imprevedibile. L’aspetto più sorprendente delle sue performance in post-season è che nonostante giochi ad altissima velocità, è raro vedergli commettere un turnover. “Il suo equilibrio è incredibile”, ha commentato il suo allenatore Brad Stevens, “Terry è un ragazzo esuberante e competitivo, ma sta giocando con grande equilibrio, non è facile”. In stagione regolare Rozier ha fatto registrare una media di 11.3 punti, 4.7 rimbalzi e 2.9 assist, che incredibilmente nelle prime due serie di Playoff contro Milwaukee e Philadelphia si è trasformata in 18.2 punti, 5.5 rimbalzi e 5.8 assist.

Prima di Gara 1 delle semifinali di Conference contro i Sixers la guardia dei Celtics si è presentato al Garden con la maglietta di Drew Bledsoe, l’ex giocatore della NFL comparso anche sul maxischermo della decisiva Gara 7 del Garden per ricordare a tutti “Chi è il vero Bledsoe”. La frecciata finale dedicata al Bledsoe dei Bucks, che d’ora in poi farà fatica a dimenticarsi il nome di chi l’ha battuto dentro e fuori dal campo.

L’inizio della tortura per il povero Bledsoe

 Terry ha sempre saputo che è stato un miracolo per lui anche solo giocare una partita in NBA, ma non per questo ha mai rinunciato alle sue ambizioni, o pensato di farsi fermare da qualcosa.

 

La forza di sopravvivere

Terry William Rozier III è nato nel 1994 a Youngstown, in Ohio, la città più pericolosa dello Stato, in un quartiere dove il rumore degli spari è la colonna sonora della normalità. Un giorno quel rumore terribile si fa sentire anche davanti a casa, quando un ex fidanzato della madre apre il fuoco contro l’abitazione.

Terry racconterà così la situazione anni dopo: “Il padre della mia sorellastra è stato ucciso, ho perso degli zii, tanti amici. Sei obbligato a crescere in fretta perché sei sempre per strada, quella è la tua vita”. Quando Rozier ha soltanto due mesi, suo padre, Terry Rozier Sr., viene condannato a otto anni di prigione per rapina aggravata. Mamma Gina rimane da sola ma tiene sempre tre pistole sparse in giro, a portata di mano per ogni evenienza: “La violenza a Youngstown è una seconda natura”.

La situazione economica della famiglia non era delle più rosee: certi giorni Terry non sapeva se ci sarebbe stata la cena, se la madre sarebbe riuscita a trovare dei soldi per la sua divisa scolastica. La sorella maggiore, Tre’Dasia, nata con una paralisi cerebrale, può spostarsi soltanto grazie a una carrozzella.

Rozier è un bambino iperattivo, quando gli adulti sono distratti ruba le pistole della madre e ci gioca, passa il tempo tirando pietre contro le case dei vicini. Il richiamo della strada è sempre più forte, per questa ragione quando Terry ha sei anni mamma Gina decide di affidare lui e Tre’Dasia alla nonna, che abita alla periferia di Cleveland. Rozier fatica ad adattarsi alla nuova realtà, non capisce perché non può vivere con la madre, sente la mancanza del padre e reagisce male, insultando la nonna in tutti i modi, fino a farla piangere. Quando viene rilasciato, nel 2003, suo padre cerca di recuperare il tempo perduto, facendolo giocare con altri adulti al playground e insegnandogli a boxare, mentre lui ricambia spiegandogli come funzionano i videogames. Terry la ricorderà sempre come la migliore estate della sua vita. A rovinare la serenità ritrovata, però, arriva un’altra condanna al padre, 13 anni per aver partecipato a un’altra rapina.

Nello stesso anno, il Giorno del Ringraziamento rischia di trasformarsi da festa familiare in tragedia. Per Youngstown e per la famiglia Rozier, quasi ordinaria amministrazione. Un cugino e la madre di Terry sono coinvolti in una rissa in un bar, qualcuno spara contro il cugino dopo una lite riguardante Rozier Sr. Gli aggressori dicono che non è finita lì, minacciano di uccidere il figlio per le colpe del padre. Nascosti in casa, Gina, Terry, la sorella e la nonna si nascondono sotto i letti, aspettando dei colpi che fortunatamente non arriveranno mai. Quella notte Rozier capisce che la nonna lo ama davvero, che lo hanno portato a vivere altrove unicamente per il suo bene.

Terry ha problemi comportamentali e soffre la mancanza di una figura paterna, ma con il passare del tempo inizia a mostrare il suo talento sul parquet. Spesso è il più piccolo in campo, la resa però non è un’opzione da contemplare: salta su ogni rimbalzo e ogni volta che ha la palla fa vedere agli altri quanto vale. Non sa ancora quanto gli servirà in futuro l’abitudine ad andare a rimbalzo con continuità. In quel periodo della sua vita, però, sono importanti anche i suoi voti, che non sono all’altezza di quello che fa in campo. Per un anno è costretto a frequentare l’accademia militare di Hargrave, in Virginia. Niente televisione, sveglia obbligatoria alle 5:45, luci spente alle 10 di sera, molte volte rimane solo in camera e piange a dirotto. Un giorno decide di copiare a un esame, una pessima idea che comporta una punizione severa: 25 ore di marcia nel campus portando in spalla un fucile. Ci impiega qualche giorno a portare a termine la fatica, ma al ritorno in campo si riscatta completamente dalle sue colpe segnando 68 punti in una partita. Oggi commenta così la sua permanenza in Virginia: “Hargrave mi ha fatto crescere, mi serviva un’esperienza del genere”.

Finalmente, il college di Louisville, in Kentucky, che Rozier sceglie dopo aver guardato fino alla nausea il documentario “Through the fire” su Sebastian Telfair, un altro ragazzo proveniente da una realtà difficile.

(Photo by Getty Images)

A Louisville Terry contribuisce ai successi della squadra, e nel 2015 i Celtics lo scelgono al Draft alla numero 16, per molti troppo in alto. “Di solito facciamo fare un esercizio in cui il giocatore deve avanzare palleggiando cercando di evitare due difensori”, racconta il co-proprietario dei Celtics Steve Pagliuca. “In dieci anni che lo facciamo, Terry è stato il solo a superare i due avversari come se non ci fossero”.

La piccola scheggia ricoperta di tatuaggi supera brillantemente anche un altro esercizio particolarmente spossante, che di solito sfinisce gli atleti dopo il primo tentativo: lo completa tre volte di fila. Non solo velocità e aggressività in attacco, le sue caratteristiche migliori, anche il suo impatto nella metà campo difensiva aveva impressionato gli osservatori. Rozier è un difensore fisico, con le braccia lunghe, che può mettere fuori ritmo gli avversari con un’asfissiante pressione sul portatore di palla.

Che dire, sa rubarla al momento giusto

La scelta dei Celtics viene criticata, lui comunque non fa una piega: “Non mi interessava nulla di chi c’era in squadra, ero solo contento di esserci, di essere stato scelto e avere una chance, nient’altro”. La gioia è talmente tanta che, vestito di tutto punto, si butta in piscina alla festa in suo onore a Cleveland. A qualche chilometro di distanza, anche suo padre sta gridando di gioia, chiuso in una cella. In agosto sarà rilasciato, ma lui e Terry in questi anni non hanno mai fatto a meno l’uno dell’altro. Suo figlio parla spesso con lui al telefono e quando può lo va a trovare in carcere.

Il padre gli parla spesso dei suoi errori: “Mi dispiace per quello che ho fatto. Provo a incoraggiarlo dicendogli di non essere come me, di essere migliore”. Terry, da parte sua, non prova risentimento per essere stato abbandonato: “Quello che ho visto a Youngstown mi ha fatto capire cosa gli è successo, in cosa è rimasto incastrato. So che vorrebbe essere qui con me”. Ha sempre tenuto a mente quello che il padre gli ha insegnato. “Non accettava mancanze di rispetto e per mia madre è lo stesso. È una cosa che hai dentro, irremovibile. Nessuno te la può portare via. Quando mi sveglio la mattina, non ho paura di nessuno. Quando vado a lavorare, non ho paura. Non sto cercando di dimostrare che sono un duro, le cose stanno così”.

 

Lavorare per emergere

Durante il primo anno in NBA Rozier fa avanti e indietro dalla D-League, ma non molla e al secondo anno entra stabilmente nelle rotazioni di coach Stevens. Nella sua stagione da rookie chiude con il 22% dalla lunga distanza e un pessimo rapporto tra assist e palle perse (0.9 contro 0.5). Fa vedere comunque di essere veloce e aggressivo su entrambi i lati del campo, non gli manca l’atletismo, la fiducia e la voglia di alzare il ritmo. Nel secondo anno gioca più di 15’ di media a partita, affermandosi stabilmente come riserva di un incontenibile Isaiah Thomas.

Cody Toppert, che lo ha allenato durante il processo di pre Draft nel 2015, ha dichiarato che “in uscita dal college Terry ha dovuto lavorare sul movimento delle gambe per costruirsi un tiro da tre rispettabile. Ci è riuscito lavorando molto sulle ripetizioni, chiudendosi in palestra tutti i giorni per aggiustare anche i piccoli particolari. Non sono sorpreso della sua crescita anche nei momenti più difficili delle partite. Sotto le luci più intense, alcuni sudano e altri splendono: sono molto felice di vederlo splendere in questo modo”.

La scorsa estate ha lavorato tantissimo anche sul finire al ferro nella maniera giusta e per ampliare il suo range di soluzioni quando attacca il canestro, e i risultati si sono visti. A forza di prestazioni sorprendenti, si è guadagnato il soprannome “Scary Terry”, così come le magliette dedicate a lui che sono diventate presto un must per i fan dei Celtics.

(Photo by ClutchPoints)

 

In Gara 4 della serie contro Philadelphia ha avuto un acceso scambio di opinioni con Joel Embiid che è sfociato in un accenno di rissa, il camerunese poi lo ha preso in giro dicendo “lui è troppo basso per riuscire a darmi un pugno”. Rozier non si è scomposto: “Gioco solo per divertirmi. A dirla tutta mi sveglio la mattina senza preoccuparmi di nessuno, di nessuno al mondo”. Resta insomma fedele al suo motto, che ripete a se stesso da una vita: “Essere duri è qualcosa che non puoi insegnare. Devi farlo e basta. Una piccola guardia che può scendere in campo e prendere rimbalzi, questa è una dimostrazione di forza. È da tutta la vita che lo faccio, da quando da piccolo ho iniziato a giocare al playground con gente più alta di me”.

Il rapporto di Scary Terry con chi gli ha lasciato il posto, Kyrie Irving, è ottimo. “So che è dalla mia parte e cerco di usare tutti i suoi consigli a mio vantaggio”. Prima dei Playoff, Irving ha invitato Terry a casa sua per consigliarlo, ed è stata una buona occasione per farsi regalare otto paia di scarpe da gioco, perfetta metafora per il passaggio di consegne tra i due in vista del periodo più difficile e intenso della stagione. “Kyrie crede in me, mi ha detto di essere me stesso. Io sono consapevole di quello che so fare, lo dimostrerò”.

Il rendimento di Rozier nei finali delle partite ha reso effettivo il passaggio del testimone anche in campo e non solo metaforicamente: l’unico giocatore con un rendimento simile alla guardia dei Celtics nei momenti decisivi delle partite è un certo LeBron James. Terry è riuscito a non sfigurare davanti al Re, e il suo terzo quarto in Gara 2 è stato un incubo a occhi aperti per i tifosi dei Cavs.

Splendere sotto pressione

Dietro solo al Re per minuti giocati in questi Playoff, il rapporto tra assist e palle perse di Rozier è su livelli molto alti: 5.4 assist di media contro 1.3 palle perse. La guardia di Boston sta tirando con quasi il 37% dalla lunga distanza, un dato importante se si considera che nei primi due anni di carriera combinati ha tirato con il 30% scarso. Certo, ci sono ancora margini di miglioramento: è diventato affidabile nei tiri dalla lunga distanza piedi per terra, ma le sue medie scendono notevolmente quando deve prendersi una tripla dal palleggio.

Nella stagione 2018/2019, con il ritorno di Irving, i minuti per Terry potrebbero riassestarsi sulla quantità di inizio annata, ammesso che la dirigenza Celtics non decida di esplorare il mercato nel momento di massimo valore del prodotto da Louisville, il cui contratto può essere esteso quest’estate. Essendo un terzo anno NBA, Rozier vedrà il suo accordo scadere al termine della prossima stagione, quando dovrebbe diventare un restricted free agent. In un’estate già complicata dalla decisione da prendere su Marcus Smart e con gli inevitabili rinnovi di Jaylen Brown e Jayson Tatum (oltre ai massimi salariali di Irving, Hayward e Horford già bloccati fino all’estate del 2020), questo è l’anno buono per estendere il contratto di Scary Terry ed evitare che possa entrare nell’incerto mercato della restricted free agency.

Difficile che l’incognita futuro possa spaventare Rozier, troppo occupato a dare il giusto esempio a suo figlio Justin, nato due anni fa, e ad aspettare il ritorno a casa del padre. Per chi è riuscito a uscire da Youngstown e a trovare la propria strada senza guardarsi indietro, la paura non esiste.

Guarda i commenti

  • Gran bell'articolo, complimenti, queste storie così raccontate fanno di nbareligion il miglior sito italiano di basketnba! Grande Scary Terry, peccato per gara 7, ha fatto una stagione bellissima, forse la sconfitta alla fine sarà da stimolo per lui per continuare a migliorare, speriamo... Sapendo che se migliorerà troppo, tra un paio d'anni saluterà Boston..

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Pubblicato da
Andrea Madera

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