Philadelphia 76ers

Coach of the Year: Brett Brown

Quarto episodio della mini-rubrica nella quale vengono analizzati i maggiori candidati al premio di Coach of the Year: dopo Brad StevensQuin Snyder e Dwane Casey, è il turno di Brett Brown dei 76ers.

Ad inizio gennaio 2017, i Philadelphia 76ers, con una pubblicazione di 83 parole, annunciavano il taglio di Hollis “Mr. 40%” Thompson, l’ultimo superstite del roster della stagione 2013-2014: la prima annata di Sam Hinkie, la prima di coach Brown sulla panchina, la prima di The Process. In cerca di diamanti tra la spazzatura, giocano ben 23 giocatori diversi quell’anno: Lavoy Allen, Byron Mullens, Jarvis Varnado, Arnett Moultrie. Nelle prime 3 stagioni di coach Brown, la squadra vince 47 e perde 199 partite.

Nel 2016-2017, le vittorie in più sono ben 18: record NBA per quella stagione. Joel Embiid gioca solo in 31 partite ma si intravedono sprazzi di dominio, Robert Covington diventa uno dei migliori 3&D della lega, TJ McConnell cresce alle spalle del Chacho Rodríguez, Dario Šarić gioca un’incoraggiante stagione da rookie, Ben Simmons è tenuto sotto un panno di seta come le fuoriserie che i miliardari nascondono nel garage della villa al mare.

“Mi prenderò la lega, è solo questione di tempo.”

The Process arriva finalmente a compimento nel 2017-2018: è la prima stagione vincente su 82 partite dal 2004-2005, la prima ai Playoff dopo 6 anni. Ora non solo non si ride più di Phila, ma più di qualcuno li aveva pronosticati – nel periodo di massima ebrezza, appena eliminati in 5 partite i Miami Heat – alle NBA Finals. Tra finale di stagione e primo turno, infatti, Phila aveva vinto 20 di 21 partite e sembrava volare. Le tre sconfitte di fila contro i Celtics al secondo turno sono state un palo in faccia al giovane roster, che ha comunque messo sotto la cintura la prima serie vinta in post-season nella stessa stagione in cui l’ha fatto – per citare un giocatore misterioso nella lega da diversi anni – Anthony Davis.

Un salto indietro per capire il background di coach Brown. A San Antonio, lo sviluppo dei giocatori è una vera e propria filosofia da ormai un ventennio. Lo storico GM dei nero-argento RC Buford fissa come punto di partenza il 2002, quando Brett Brown fu posto a capo della sezione sviluppo. In questo vecchio pezzo di Kirk Goldsberry per Grantland (lacrima), si dice che «Brown lavorava duro per assicurarsi che tutti i giocatori della panchina si allenassero e rimanessero in forma», spendendo centinaia di ore con ciascun giocatore se necessario. Questa filosofia del capo allenatore dalle magiche capacità migliorative – come la Stanza dello Spirito del Tempo in quel manga che tanto piace a De’Aaron Fox – sta prendendo sempre più piede in NBA (anche in questo Sam Hinkie ha fatto scuola). È il caso di Kenny Atkinson ai Nets o di Lloyd Pierce, che gli Atlanta Hawks hanno recentemente strappato agli stessi 76ers.

Brett Brown ha respirato basket fin da giovanissimo: il padre Bob lo allenò a South Portland High School, dove il nativo del Maine era tanto forte che attirò le attenzioni di Boston University e Rick Pitino. Finita la (formante, sebbene anche tragica) carriera da giocatore, inizia da assistente proprio a Boston University. La figura chiave per portarlo in Australia è Lindsey Gaze, del quale poi erediterà la panchina della nazionale. Gregg Popovich su Brown:

“È un vincente nato, in molti modi diversi.”

La stagione 2017-2018 dei Philadelphia 76ers…

… rimane una delle più peculiari degli ultimi 20 anni. Nella preview stagionale, Francesco Zuppiroli scriveva che il peso dell’attacco dei Sixers sarebbe potuto gravare «sin da subito sulle spalle del neo-arrivato Fultz». Il bacio della morte: Markelle si è presentato al training camp con un movimento di tiro del tutto sfasato, di cui rimangono tuttora oscure le cause. Ha subito un leggero infortunio e quindi ha cambiato il modo di tirare o si è infortunato cercando di migliorare la propria meccanica? Una delle più interessanti domande, nei calcoli di inizio stagione, riguardava il quanto-e-come alternare due possibile primary ball handlers come Fultz e Simmons. Quest’ultima, con 0 minuti di basket NBA, era tutto da testare: sarà davvero una sorta di Magic Johnson col motore di LeBron James, ci si chiedeva? Quale sarebbe stato il ruolo di Šarić? Come stava Embiid e quale ruolo ritagliare attorno ad un Unicorno di quasi 120 chili? Tutte domande alle quali coach Brown ha risposto con 52 vittorie.

La prima stagione da 50+ vittorie da quella culminata alle Finals grazie ad Allen Iverson non è stata però tutta rose e fiori. Dicembre, ad esempio, ha visto una striscia di 10 partite finire con una sola vittoria. A Natale, Phila era 14-18. Dopo una sconfitta a Indianapolis il 3 febbraio, il record recita ancora 25-25. Da lì in poi, i Sixers vinceranno 27 partite su 32: il calendario era sicuramente più agevole dopo la trade deadline (a proposito: Belinelli e Ilyasova ottime mosse di Bryan Colangelo), ma la striscia dei Sixers è stata una delle più dominanti della stagione. Nel mese di marzo, Simmons ed Embiid, quando in campo insieme, hanno tenuto un Offensive Rating superiore a quello fatto registrare in qualsiasi mese in cui hanno giocato assieme a Miami LeBron James e Dwyane Wade.

45 anni in due, neanche 75 partite giocate assieme e già questi due si trovano a meraviglia, anche in spazi angusti.

Allenare due talenti unici per caratteristiche e personalità non dev’essere facile. Il sistema dei Sixers è volutamente tutt’altro che rigido: il Pace della lega (102.2 possessi per 48′ minuti) aumenta ulteriormente quando non è in campo Joel Embiid, qualsiasi quintetto che comprende Belinelli e Redick ha – in stagione regolare – tenuto un Offensive Rating di 115.1 punti per 100 possessi (236 minuti assieme) e, a dirla tutta, le prime 3 two-men lineups per OffRtg con almeno 200 minuti contengono tutte e 3 Marco Belinelli, per NBA.com. Il sistema instaurato da coach Brown permette libertà e rigore. È una Motion Offense che prevede «letture speciali per provocare una situazione di gioco specifica», nella quale non mancano «le soluzioni per i tiratori di movimento come JJ Redick o Marco Belinelli», principalmente giochi al gomito, scrive David Breschi.

Entry pass e taglio di Fultz. Al gomito, Šarić – ottimo passatore – pesca Redick che ha lasciato Korver e Jeff Green nella polvere. Nella NBA moderna, un tiratore multidimensionale è grasso che cola.

La luce è sempre verde per i tiratori di Phila. Un ragionato insieme di azioni Horns (entrambi i tiratori bloccano in punta per Simmons o McConnell), Hammer (giocata da tempo a Phila; è una delle tante pagine che Brett Brown ha strappato dal playbook di Popovich) e Floppy (mille varianti: in generale, uno o più tiratori sfruttano un blocco lontano dalla palla per liberarsi sul perimetro) è il pane-e-burro per la squadra che si passa più il pallone in NBA (344 volte a partita) e genera il maggior numero di assist potenziali, per Second Spectrum.

Non sorprende che Phila sia la terza squadra NBA per passaggi dal gomito. Un bell’esempio di Hammer applicato alla Motion Offense: tutti e cinque i giocatori toccano la palla, Luwawu-Cabarrot ribalta il lato, Covington attacca il close-out di Josh Jackson e Redick spara dall’angolo. Non solo durante la regular season e non solo contro difese tutt’altro eccezionali come quella di Phoenix, il lato diventato debole si addormenta presto: Len e Ulis non si accorgono di aver dimenticato un tiratore da 50% dall’angolo sx (17 si 34 in stagione).

Simmons-Redick-Covington-Šarić-Embiid, ovvero il quintetto titolare, in 600 minuti giocati assieme in stagione regolare ha il 2° differenziale della lega, per NBA.com. È spaziale in attacco (5° OffRtg), in difesa (5° DefRtg) e a rimbalzo (3° Reb%). Dove si può migliorare eccome (e questa è una debolezza di ogni versione dei Sixers di coach Brown) è il limitare le palle perse. Phila è la squadra che ha perso più palloni di tutti in stagione regolare (quasi 17 a partita): Embiid e Simmons sono 4° e 5° tra tutti i giocatori NBA per turnovers, dietro solo a Westbrook, Harden e LeBron.

I Sixers sono anche una delle migliori squadre della lega difensivamente. Il 3° Defensive Rating della lega deriva da tanti fattori, principalmente Joel Embiid, recentemente inserito nel #2 Team All-Defense. La sua presenza è cruciale: altera con lo sguardo il tiro da vicino e, riuscisse a togliere dal suo gioco qualche fallo di troppo, potrebbe realmente cambiare gli orizzonti. The Process ha giocato circa il 50% dei minuti a disposizione in stagione regolare: 99.7 punti concessi per 100 possessi con lui in campo, 104 senza. Posto che la difesa di nessuna squadra è il proprio centro, e nella fattispecie dei Sixers sono tanti i difensori competenti (Redick o Ilyasova) se non sopra la media (Simmons, McConnell e Šarić) o 3&D portentosi (Covington), ma dovesse Embiid riuscire a rimanere in campo per più tempo e – perché no – diventare più mobile lateralmente, la difesa dei Sixers ha un altro paio di livelli da raggiungere. Con 3408, i Sixers sono la squadra che ha concesso meno punti di tutti in vernice: meno di quelli concessi da Rudy Gobert.

Non se ne parla nemmeno!

Sotto gli occhi, abbiamo una versione di Embiid “che non si allena tanto”, rivela coach Brown. Ovviamente non per svogliatezza o sciatteria, ma per scongiurare qualsiasi rischio d’infortunio. Questa è la prima off-season nella quale Embiid, sano, potrà davvero lavorare su se stesso (deve buttare giù qualche chilo: spesso nei finali di partita contro Boston è apparso davvero sulle gambe) e sul suo gioco, ancora da sgrezzare sotto tanti punti di vista.

Nonostante abbia già preso diversi voti per i quintetti All-NBA, Ben Simmons ha solo cominciato. Non è chiaro quanto, se e come i problemi che ha trovato nella serie contro Boston siano merito di Stevens, colpa di una sua (comprensibile) brutta serie o se la lega ha finalmente capito come difendere su questo giovane mostro. Di certo in estate dovrà ampliare un minimo il proprio range: anche lasciando perdere il tiro dall’arco, dal mid-range tira col 30% a malapena. È talmente dominante fisicamente e il suo primo passo è talmente bruciante che fa comunque ciò che vuole, anche «usando costantemente la spalla per cercare il contatto con il petto del difensore per poi creare separazione sul secondo passo», scrive qui Lorenzo Bottini, ma la lega avrà già messo gli occhi sugli aggiustamenti di Stevens che lo hanno intrappolato. Aggiungere ulteriori frecce al proprio arco (perché non un paio di movimenti in post basso in più?) lo renderebbe ancor più vicino ad una convocazione all’All-Star Game.

Incerto ma roseo è il futuro

Tutto questo lavoro attende Brett Brown e il suo staff. Sopravvissuto a quattro stagioni da 75 vittorie e 253 sconfitte complessive, l’ex allenatore della Nazionale australiana non è impaurito. Il recupero di Markelle Fultz, il possibile arrivo di una superstar, magari quella superstar, e la free agency di JJ Redick sono i primi nodi da sciogliere. Inutile nascondersi: ciò che il front office deciderà in estate impatterà il futuro della franchigia sotto ogni punto di vista. La #10 scelta al prossimo Draft potrebbe essere spesa per Mikal o Miles Bridges, oppure scambiata per arrivare ad un giocatore più pronto? Questa stessa scelta, Šarić, Fultz e Covington basterebbero per convincere gli Spurs a scambiare Kawhi Leonard? Paul George è libero in estate, verrà fatto un tentativo?

I primi Playoff nella carriera di Brett Brown ne hanno evidenziato anche alcuni difetti, dalla gestione dei time-out agli X&O’s durante le fasi cruciali di – soprattutto – Gara 2, 3 e 5. Contro Stevens è difficile per tutti, vero, ma è un attimo fare la fine di Dwane Casey. Colangelo non è noto per una gestione paziente e al termine della prossima stagione il contratto di Brown scadrà. A nessun allenatore piace allenare con la propria situazione contrattuale in bilico: l’ultimo esempio è Doc Rivers, che ha voluto prolungare il proprio contratto coi Clippers prima dell’off-season. Brown potrebbe dover dimostrare di essere l’allenatore giusto per questa squadra con un roster totalmente rivoluzionato in estate.

Se dalla prima stagione di Simmons e da una stagione da 63 partite giocate da Embiid Phila ha tirato fuori 52 vittorie, è lecito attendersi che questo numero possa salire l’anno prossimo. Brown è l’artefice di una delle squadre più belle viste quest’anno. La Eastern Conference del prossimo lustro dovrebbe essere una questione privata: Sixers, Celtics, LeBron e Giannis. Brown non vede l’ora.

“La delusione coltiva l’emozione delle persone con passione.”

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Pubblicato da
Michele Pelacci

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