È un adagio che si sente sempre più spesso: i Golden State Warriors, secondo una consistente parte della tifoseria NBA di fede non oaklandiana, starebbero rovinando la lega cestistica a stelle e strisce. Campione dopo campione, la dirigenza della franchigia californiana ha assemblato un’autentica juggernaut: a Steph Curry, Klay Thompson e Draymond Green – tutti draftati dai Warriors – si sono aggiunti negli anni i vari Andre Iguodala e Kevin Durant; e, in questa off-season 2018, pure DeMarcus Cousins.
La forza del marchio Golden State – 3 Titoli NBA vinti negli ultimi 4 anni – non è mai stata soverchiante come ora, con svariati free agent di buon livello – David West e Nick Young, per citarne due effettivamente finiti in maglia gialloblu – disposti a ridursi di molto lo stipendio per salire sulla quadriga trainata da Durant, Green, Thompson e Curry. Proprio Curry – a poche ore di distanza dalle dichiarazioni del commissioner Adam Silver che vanno in analoga direzione – si è scagliato con forza contro i sostenitori della tesi secondo la quale i Warriors avrebbero “ucciso” la NBA.
Curry piccato
Queste le parole della point guard dei Warriors rilasciate a Usa Today:
“Continuo a sentir dire che staremmo rovinando la NBA. Credo sia la frase più stupida di sempre. Noi, in realtà, cerchiamo sempre di migliorare e di fare in modo di spingere in avanti il movimento. Se ci accontentassimo di rimanere stagnanti non faremmo il nostro interesse. Come le altre squadre cercano di colmare il gap, noi cerchiamo di ampliarlo: si tratta di dare il massimo, di crescere e non accontentarsi mai.”
In effetti è difficile chiedere ai Warriors di peggiorare volutamente la propria squadra in nome dell’equilibrio interno alla lega. Nondimeno, la distorsione percettivo-salariale creata dal wormhole che è diventata Golden State è un dato di fatto. Ad Adam Silver e all’apparato decisionale della NBA l’arduo compito di trovare il modo di non scontentare né una parte né l’altra.
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