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Atlanta Hawks Preview: tornare, senza fretta, a volare

Fermarsi a guardare il passato non è certo la scelta migliore in una lega proiettata al futuro e in piena evoluzione come l’NBA. Tuttavia, volgendo lo sguardo agli Hawks 2014-2015, non si può non notare come all’epoca la squadra di Atlanta si trovasse in una situazione diametralmente opposta a quella odierna. Sono passati solo quattro anni, eppure si ha l’impressione di parlare di un’era geologica fa, un’era in cui gli Hawks erano riusciti nell’impresa di vedere ben quattro loro giocatori convocati all’All-Star Game. Evidentemente, però, il gioco non valeva la candela: finire ogni volta ai Playoff ed essere annichiliti dal LeBron James di turno non è certo il sogno di ogni proprietario ed è per questo che la dirigenza ha avallato un piano di rebuilding che ha visto i vari Teague, Korver, Millsap e Horford accasarsi altrove con alterne fortune.

La lacrimuccia può accompagnare solo (credits to www.si.com, via Google)

Travis Schlenk, GM fresco di assunzione, nel programmare la scorsa stagione ha cercato di indirizzare gli Hawks sul cammino tracciato dai Golden State Warriors, sua ex squadra, nella speranza che il nuovo corso potesse portare ad un ciclo più fortunato di quello di Horford e soci. Come avremo modo di vedere, già nella scorsa stagione si sono visti i primi frutti di questo cambio di rotta, che però ha incontrato un ostacolo non da poco: i valori tecnici degli interpreti non erano esattamente gli stessi di Curry, Durant e compagnia cantante. In quest’ottica si spiegano le sole 24 vittorie racimolate lo scorso anno a fronte di ben 58 sconfitte, maturate nel corso di un vero e proprio anno zero per la franchigia di Atlanta. I risultati tutt’altro esaltanti non hanno però scoraggiato Schlenk, che nel corso dell’off-season si è mosso con coraggio – troppo? – nel tentativo di rafforzare la squadra, senza però rinnegare i principi di gioco adottati la scorsa stagione e cercando di valorizzare le (poche) buone cose viste sul parquet della Philips Arena. Assumendosi dei notevoli rischi in sede di Draft – il trade-down con cui si è lasciato scappare Luka Doncic potrebbe potenzialmente fare di Atlanta la nuova Portland del Draft – ha tutto sommato puntellato il roster con delle pedine funzionali al gioco degli Hawks. Contestualmente è riuscito a liberarsi di giocatori demotivati e ormai non più indispensabili – vedi Schröder – in cambio del contrattone di Carmelo Anthony, assorbito senza rimpianti dato lo spazio salariale a disposizione, e soprattutto di una futura prima scelta; nell’ambito della stessa trade, Mike Muscala ha salutato dopo quattro stagioni, mentre Justin Anderson è approdato agli Hawks.

Breve ma intenso (credits to www.cbssports.com, via Google)

A proposito di scelte, oltre a Trae Young, arrivato ad Atlanta in virtù del sopracitato scambio con Dallas che ha coinvolto anche Doncic, in Georgia sono sbarcati anche Kevin Huerter, guardia da tenere d’occhio dotata di ottime capacità di tiro, e Omari Spellman, lungo in uscita da Villanova. A rimpolpare il reparto lunghi è arrivato anche un Alex Len in cerca di riscatto, mentre Jeremy Lin e l’inossidabile Vince Carter, oltre a far rifiatare i titolari con la loro qualità in uscita dalla panchina, avranno il compito di fare da chiocce ai giovani talenti di casa Hawks.

Con Mike Budenholzer partito alla volta di Milwaukee, Schlenk ha deciso di dare fiducia all’esordiente Lloyd Pierce, ministro della difesa dei Sixers di coach Brown con già diversa esperienza da assistente sulle panchine NBA alle spalle. A lui il compito di traghettare i giovani falchi verso una stagione che si annuncia ancora una volta di transizione, nella speranza di arrivare un giorno nell’Olimpo della lega seguendo le orme dei pluricampioni in carica.

 

Punti Forti

Le 58 sconfitte accumulate l’anno scorso dovrebbero essere più che sufficienti per poter sostenere che l’obiettivo stagionale della franchigia non sarà quello di vincere il titolo. Di conseguenza, coach Pierce concederà ai suoi ragazzi tutto il tempo necessario per maturare e crescere con calma, un po’ come hanno fatto i “suoi” 76ers fino a qualche stagione fa. Giocare senza obiettivi a breve termine potrebbe far storcere il naso a parte della tifoseria e anche a qualche giocatore – se Schröder è stato accompagnato alla porta non è stato solo per quell’esplosione che ci si aspettava da lui e che ancora tardava ad arrivare, ma anche per i continui malumori del play tedesco – ma non può non essere considerato come un fattore positivo per un roster che annovera una marea di giovani in rampa di lancio, primo fra tutti Trae Young.

Un primo assaggio estivo di ciò di cui Young è capace.

Il prospetto più simile a Steph Curry che la Draft class di quest’anno potesse offrire è anche uno di quelli che ha fatto più discutere lo scorso 21 giugno. Per arrivare a lui gli Hawks hanno sacrificato il talento di Doncic, uno che nelle prossime stagioni potrebbe fare capolino nei peggiori incubi di Travis Schlenk. Sloveno a parte, era risaputo che il GM dei falchi stesse pensando proprio a Young come chiave di volta della ricostruzione di Atlanta, in quanto in possesso delle caratteristiche che il playmaker dei nuovi Hawks deve necessariamente avere: decision making, visione di gioco (soprattutto in transizione) e un range di tiro apparentemente sconfinato. 27,4 punti, 3,9 rimbalzi e 8,7 assist sono le cifre che Young ha messo a referto lo scorso anno nei 35,4 minuti trascorsi in media sul parquet, tirando con un 36% da tre che sembra destinato ad aumentare non appena l’esperienza suggerirà a Young di limitare qualche conclusione dal tasso di difficoltà troppo elevato. Nella propria metà campo invece, come spesso accade, non sono pochi i dubbi che aleggiano intorno al prodotto di Oklahoma, ma ci si augura che coach Pierce riesca a nascondere i difetti del suo giovane portatore di palla.

Al di là delle novità del Draft, gli Hawks possono contare su dei giovani che hanno già superato la prova del fuoco, dimostrando di poter competere nel basket dei grandi pur avendo ancora dei notevoli margini di miglioramento. In una stagione con tanti bassi e pochissimi alti, la nota più lieta ha portato il nome di Taurean Prince. Il prodotto di Baylor ha proseguito nel suo percorso di crescita tirando fuori dal cilindro una stagione da 14,1 punti, 4,7 rimbalzi e 2,6 assist a gara, confermando di essere uno dei 3&D più promettenti e intriganti della lega. Attenzione però a non considerarlo solo uno specialista difensivo con il vizio del tiro da tre: potendo vantare un più che discreto ball handling, all’occorrenza Prince sa come mettere il pallone a terra e punire le difese avversarie.

Pur in una delle peggiori annate della storia recente degli Hawks, Prince si destreggia alla grande da portatore di palla nel pick-and-roll. “3&D” sembra sempre più un’etichetta decisamente riduttiva.

Un discorso simile può essere fatto per John Collins, che pur avendo un anno in meno di esperienza nella lega rispetto al collega Prince, è riuscito a scalare le gerarchie di coach Budenholzer e con tutta probabilità farà lo stesso con il nuovo allenatore, con la complicità della voragine alla voce “lunghi a roster”. Atleticamente già pronto a battagliare con i pari ruolo, se allargasse ulteriormente il suo range di tiro farebbe le fortune dei nuovi aspiranti Warriors.

Detto che una base su cui lavorare sembra esserci, a questo punto ci si dovrebbe chiedere cosa fare per seguire le orme di Curry e soci. Innanzitutto, cercare insistentemente la conclusione da tre: nella scorsa stagione gli Hawks hanno tentato in media 31 triple a partita, risultando settimi nella classifica delle squadre che hanno flirtato di più col tiro pesante. Anche la circolazione di palla, fiore all’occhiello dell’ex Spurs Budenholzer, si è attestata su livelli più che dignitosi: con 23,7 assist a gara messi a referto nella scorsa stagione gli Hawks hanno chiuso all’ottavo posto di questa classifica.

È probabile e auspicabile che il nuovo allenatore riparta da questi capisaldi, dando continuità ad un progetto tecnico che ha dei precedenti a dir poco illustri.

 

Punti Deboli

Se da un lato la bassissima età media del roster fa sognare crescite esponenziali e risultati a lungo termine, dall’altro si traduce in grave mancanza di esperienza, componente fondamentale in qualunque disciplina. L’arrivo di Vince Carter non basterà certo a sopperire all’ingenuità dei ragazzi di coach Pierce, ma dato che nell’immediato si punterà tutt’altro che a vincere, l’inesperienza potrebbe rappresentare un problema fino a un certo punto. Tuttavia, lo stesso Pierce dovrà dimostrare di essere all’altezza di una panchina NBA, cosa ad oggi per nulla scontata.

Si è molto parlato fin qui del modello Warriors e di come, già dalla scorsa stagione, Schlenk abbia imposto uno stile di gioco il più vicino possibile alla pallacanestro di coach Steve Kerr. Tiro da 3, corrette spaziature, tutto quello che volete, ma se gli interpreti non hanno le doti balistiche di Durant, Curry e Thompson c’è poco da fare. Nella scorsa stagione i ragazzi di coach Budenholzer hanno tirato col 44,6% dal campo – solo cinque squadre hanno saputo fare di peggio -, segno che la mano non è poi così calda; se poi consideriamo che le fondamenta di una squadra vanno ricercate nella fase difensiva, coach Pierce è atteso da una sfida pressoché impossibile. Come già abbiamo avuto modo di vedere, alcuni interpreti come Prince e l’ormai veterano Bazemore sono dei difensori sopra la media nel panorama NBA, ma nel complesso il sistema difensivo degli Hawks è stato uno dei fin troppi talloni di Achille della squadra. Il Defensive Rating recita 108,2 punti concessi su 100 possessi, dato che, alla luce dell’ingaggio di un non ineccepibile Trae Young, non sembra destinato a migliorare. C’è poi un rischio di fondo da tenere presente e da non sottovalutare: non sempre imitare un modello vincente porta poi effettivamente a vincere. L’ha dimostrato, tra gli altri, lo stesso coach Budenholzer, che da buon ex Spurs ha tentato di riprodurre una San Antonio in miniatura in quel di Atlanta, arrivando però piuttosto lontano dall’emularne le fortune.

 

Scenario Migliore

Coach Pierce diventa una sorta di nuovo Brad Stevens e guida i suoi ragazzi verso un più che inaspettato percorso di crescita. Trae Young dimostra di poter dire la sua nel basket dei grandi fin da subito e, con una serie di prestazioni che gli varranno il premio di Rookie of the Year, trascina i suoi ad una cavalcata che porta gli Hawks ad un passo dalla qualificazione ai Playoff.

Scenario Peggiore

Con Budenholzer se ne va anche quel poco di buono fatto vedere lo scorso anno dagli Hawks. La squadra, che somiglia più a un’accozzaglia di dilettanti allo sbaraglio che ad un roster NBA, inanella una sconfitta dopo l’altro e Pierce viene accompagnato alla porta dopo qualche settimana. I giovani, per forza di cose, trovano minuti in abbondanza, ma privi di qualsiasi stimolo non riescono ad elevare il livello del loro gioco e a raggiungere il loro potenziale: da nuovi Warriors a nuovi Timberwolves il passo non è poi così lungo come sembra.

Pronostico

Gli Hawks saranno una delle squadre peggiori della lega, su questo non ci piove. Anche quest’anno l’approdo ai Playoff sembra un’utopia, ma ciò non toglie che il pubblico della Philips Arena avrà modo di divertirsi. Con tutto questo talento per larghi tratti inespresso, gli Hawks rischiano di diventare la nuova squadra di culto per coloro che si nutrono di hype: il presente sarà pure grigio, ma il futuro potrebbe essere più roseo di quanto si potesse prevedere qualche mese fa. In fondo, vincere sembra impresa quasi impossibile per qualunque superstar che non risieda a Oakland, figuriamoci per una banda di talentuosi ragazzini. Per usare un vecchio detto della Eastern Conference, sembra proprio che l’unica via percorribile sia quella del “Trust the Process”: gli ultimi ad averci creduto non se la passano poi così male.

Guarda i commenti

  • Beh, se il processo consiste nel bruciare un paio di centri primissime scelte e nel far saltare il primo anno di nba ai giocatori su cui vuoi contare, per infortuni particolari ai piedi o alla spalla...vuol dire che Trae Young si sloghera' il mignolo della mano? A parte gli scherzi, il trade down di Doncic mi sembra sempre un'assurdita'...

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Pubblicato da
Federico Ameli

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